lunedì 9 settembre 2013

Il 12 Ottobre a Roma per difendere la Costituzione (e non solo) di Alfonso Gianni, huffingtonpost.it



Mentre da Cernobbio il premier Letta mandava a dire che tutti coloro che difendono il testo costituzionale sono dei conservatori, si teneva a Roma un'affollatissima assemblea per denunciare il carattere anticostituzionale delle modalità con le quali la maggioranza di governo si appresta a modificare la Costituzione in punti delicatissimi.
Letta dice che chi non vuole modificare nulla è contro la riduzione dei parlamentari e la revisione del bicameralismo perfetto. Bugia grossolana. Le forze che hanno organizzato l'assemblea romana da tempo si sono pronunciate a favore di quello che un famoso costituzionalista definì "una manutenzione intelligente della Costituzione".
Fanno testo dichiarazioni e atti parlamentari da almeno trenta anni a questa parte. Personalmente feci parte della commissione diretta da Aldo Bozzi agli inizi degli anni Ottanta (gli atti sono a disposizione di tutti): si possono trovare miei interventi e di altri ben più autorevoli parlamentari a favore del monocameralismo e quindi della riduzione del numero dei parlamentari.
In realtà oggi la posta in gioco è tutt'altra, come Letta ben sa. L'attuale maggioranza vuole una svolta in senso presidenzialista della forma di stato e quindi intende procedere in fretta e furia, calpestando i tempi previsti dall'attuale articolo 138. Si tratta del più grave e ambizioso attacco ai fondamenti della nostra Costituzione. Non è vero che non verrebbero toccati i principi fondamentali contenuti nella prima parte. Non solo il Partito democratico si è dimostrato già disponibile in questa direzione, ma in ogni caso è inevitabile che i diritti contenuti nella prima parte vengano compressi o del tutto pregiudicati da modifiche degli istituti previsti nella seconda parte, che li dovrebbero attuare.
Per questo l'appuntamento che l'assemblea si è data - una grande manifestazione popolare a Roma il 12 ottobre - diventa un punto di riferimento per tutte le forze democratiche. Nelle sue conclusioni Landini ha fatto una dichiarazione impegnativa: la manifestazione si terrà in ogni caso. In altri termini non saranno eventuali crisi di governo o altre vicende connesse all'attuale quadro politico a fermare l'iniziativa.
Comincia a prendere corpo nel nostro paese un vero e proprio sommovimento democratico che fa della difesa della Costituzione il proprio perno. Non è la prima volta. Già nel 2006 i cittadini italiani, superando persino un quorum che in quel caso non è richiesto, bocciarono il premierato voluto dalle destre sul finire della legislatura. Ma la cosa rimase lì, anche perché ci si illuse che la risicata vittoria elettorale di Prodi potesse seppellire ogni tentativo di quel tipo.
Non è stato così, anche per l'attiva partecipazione del Partito democratico a modifiche regressive del testo costituzionale, come si è già visto nel caso della costituzionalizzazione del pareggio di bilancio ottenuta durante il governo Monti con la modifica dell'articolo 81 della Costituzione.
Né si può pensare che la attuale Presidenza della Repubblica, come hanno detto diversi interventi nell'assemblea, possa essere considerata un valido baluardo contro modifiche negative del testo costituzionale. La parola torna ai cittadini quindi.
Tra il 2 giugno, giorno della riuscita manifestazione bolognese e la grande assemblea odierna, sono apparsi diversi articoli e prese di posizione. Ne voglio ricordare in particolare uno di Stefano Rodotà comparso su Repubblica. In quell'articolo agostano il giurista inseriva un elemento nuovo e importante nella discussione. Pur respingendo l'interpretazione che l'insieme delle forze che hanno dato vita a quegli appuntamenti vogliano creare un nuovo partito - semplificazione giornalistica molto in voga - affermava che bisogna dare vita a un nuovo spazio politico.
Il che implica, in primo luogo, che gli spazi politici finora esistenti sono o chiusi o insufficienti ad accogliere istanze di cambiamento nelle politiche istituzionali e sociali che si inseriscano nel solco costituzionale. Conseguentemente, e in secondo luogo, non si può ridurre la discussione a una cassa di risonanza del congresso del Partito democratico. In terzo luogo che non basta pensare di unire i movimenti che si sviluppano nel sociale, anche perché questi sono spesso giustamente gelosi della loro parzialità, ma che la dimensione politica è indispensabile.
Su queste tematiche c'è molto da lavorare a sinistra. Non basta qualche autocritica sul passato da parte di gruppi dirigenti della sinistra antagonista. Né la corsa a salire sul carro del vincitore Renzi da parte di altri (il trasformismo in un partito o in una coalizione sola, si potrebbe dire rubando l'efficace definizione a Marco Revelli). Bisogna invece dare voce e forza a quella sinistra diffusa che, oltre a essere protagonista quotidiana di tante lotte sul piano sociale e democratico, è anche produttrice di un pensiero alternativo a quello dominante su come affrontare da ogni versante la grave crisi che l'Italia e l'Europa stanno vivendo. Il 12 ottobre significherà anche questo.

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