martedì 15 gennaio 2013

I cartoni animati e i fumetti protagonisti della politica 2.0

Gaber in «Libertà Obbligatoria» cantava di come si possa parlare alla società con i fumetti. Forse parlava con qualche anticipo della famiglia «politicamente scorretta» dei Simpson, ma a quanto pare qualche sostenitore della Rivoluzione Civile di Ingroia lo ha preso alla lettera, dando il via a una campagna via internet che utilizza i personaggi delle strip come testimonial di eccezione
«Non pensi di essere un po’ troppo grande per i cartoni animati?». Chi di noi non si è mai sentito rivolgere questa frase, magari da un genitore o da un nonno che sì, magari li riteneva pure carini, ma pur sempre roba da infanti. Il mondo degli adulti è dominato da problemi lavorativi, tasse, scelte politiche ed economiche, dove, a detta di qualcuno, non c’è spazio per la fantasia. Poi sono arrivati i manga, i Simpson e via dicendo. Fumetti e cartoni, certo, ma dotati anche di contenuti per adulti, e in alcuni casi anche di forte critica sociale. Emblematica è in questo senso la serie animata South Park, una violenta critica alle contraddizioni della società americana.
Nel disco Libertà obbligatoria del 1976, Giorgio Gaber cantava di come si possa fare politica con i fumetti. A quanto pare qualche sostenitore della Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia ha preso alla lettera questo suggerimento, e senza farsi sfuggire l’occasione, ha dato il via ad una campagna via internet che utilizza i supereroi come testimonial d’eccezione.
Nell’era del web 2.0, la comunicazione attraverso internet ha assunto un’importanza fondamentale nelle campagne elettorali. Che sia ideata da costosi professionisti o da semplici militanti dotati di fantasia, il fine di una campagna virale è quello di impressionare positivamente gli utenti della rete allo scopo che essi facciano circolare l’informazione. Alcune hanno un grande successo, come quella che ha portato all’elezione di Barack Obama. Altre si rivelano dei clamorosi flop, come il video, ispirato allo spot pubblicitario del formaggio Panda, della passata campagna di tesseramento ai Giovani Democratici, in cui un giovane dai modi bruschi faceva dispetti a coloro che decidevano di non rinnovare la tessera, in modo simile all’orso protagonista della pubblicità. Il principio alla base di questa tecnica comunicativa è «che se ne parli bene o se ne parli male, purché se ne parli». Principio molto ben conosciuto da Silvio Berlusconi, che in questi anni ha costruito la propria immagine anche grazie ai continui attacchi dei propri avversari politici, diventando onnipresente nel dibattito politico italiano.
Chi invece fatica in questa operazione è la sinistra, che oramai da 5 anni lamenta di una scarsissima attenzione dei mass-media nei propri confronti, in un circolo vizioso di oscuramento mediatico e risultati elettorali deludenti. E del resto il richiamo proveniente dall’Agcom parla da solo: a fronte del tempo dedicato ai due principali partiti, lo spazio dedicato a forze quali Rivoluzione Civile è stato ben più modesto, magari relegato alla mattina o alla tarda notte.
Con pochi soldi e uno scientifico oscuramento mediatico rispetto alle altre coalizioni in campo, la Rivoluzione Civile di Ingroia tenta quindi la carta di parlare al cuore degli elettori. E per infiammare i cuori, cosa c’è di meglio dei fumetti e dei cartoni animati, che hanno segnato l’infanzia di milioni di persone? Le storie narrate quasi sempre hanno al centro protagonisti umili e squattrinati, che grazie ad un’intelligenza fuori dal comune, imprevisti superpoteri, o un semplice colpo di fortuna, riescono a superare mille difficoltà. In poche parole, personaggi che rappresentano quel quarto stato che compare sul simbolo della lista di Ingroia, che si ergono a paladini degli sfruttati e degli oppressi, quasi a voler comunicare una similitudine con l’ex-magistrato palermitano, a suo modo un eroe dell’antimafia. Accade così che il corrucciato nano Brontolo, minatore sessantenne colpito dagli effetti della riforma Fornero, decida di votare Rivoluzione Civile perché non sopporta l’idea di dover andare in pensione a 70 anni.
394794_446427345422775_1570926601_nOppure che dire dello sfortunato Zio Paperino, che nonostante i propri 40 anni, è costretto a svolgere lavori umili e precari per mantenere i tre nipotini? Desidera un lavoro fisso che gli è negato dalle leggi Treu e Biagi e dalla manomissione dell’art. 18, e voterà Ingroia nella speranza che le assunzioni a tempo indeterminato diventino la normalità.
«Il nucleare non è una scelta sicura», dice lo spensierato Homer Simpson, responsabile della sicurezza in una centrale atomica. E proprio come nella serie animata di Matt Groening, dietro parvenze di utilità dell’energia nucleare, si nasconde solo la bramosia di profitti del perfido signor Burns.
Questo fenomeno, rigorosamente non ufficiale e partito dal basso per evidenti ragioni di diritto d’autore, fa affidamento su una rete di militanti che di propria spontanea iniziativa creano immagini con i più svariati personaggi e le diffondono attraverso i social network, cosa che rende molto arduo ad eventuali censori identificare una fonte univoca a cui addossare la responsabilità di eventuali violazioni del copyright.
Passando da Thor, il supereroe Marvel che combatte mafia e corruzione con il suo temibile martello magico, per arrivare al nonno di Heidi, montanaro e convinto militante No Tav, la campagna virale della lista Rivoluzione Civile appare da subito accattivante e ironica, ma capace di sollevare temi importanti quali il riassetto idrogeologico del territorio, la lotta alla criminalità organizzata e alla speculazione edilizia, fino alle battaglie del mondo del lavoro.
Una rivisitazione in chiave fumettistica di quella «semplicità che è difficile a farsi» di cui parlava Bertolt Brecht, e di una sequenza di immagini semiserie che illustrano un programma politico molto meglio di tante parole.
Non è la prima volta che il binomio di fumetti e lotta politica viene utilizzato con successo, basti pensare all’enorme diffusione che hanno avuto le maschere di V per Vendetta con l’esplosione del fenomeno Anonymous, il collettivo di hacker-attivisti che in modo simile a questo vendicatore mascherato attacca all’improvviso i centri nevralgici del potere economico e politico mondiale.
Non è un mistero invece, che l’estrema destra abbia tentato più volte di appropriarsi di Capitan Harlock, il celebre pirata spaziale protagonista dell’omonimo manga, nonostante i contenuti veicolati dal fumetto non abbiano nulla a che spartire con il fascismo. Anche qui la lotta è stata dura, contro gruppi e collettivi di sinistra, che per non lasciare Capitan Harlock in mano alla destra, lo hanno utilizzato essi per primi quale simbolo di lotta contro la guerra e il neoliberismo, come dimostra, tra le altre, l’esperienza di RadioHarlock, web radio versiliese legata ai gruppi giovanili della sinistra.
Questo a dimostrazione che la politica si fa anche attraverso la costruzione dell’immaginario collettivo, di quella cultura nazional-popolare di cui parlava Gramsci. Ed è innegabile che la cultura fumettistica, rientri esattamente in questa categoria. Certo, a questa battaglia possono essere mosse critiche, tra cui, non ultima, quella di chi ritiene poco nobile «strumentalizzare» per interessi elettorali, personaggi al di sopra delle parti, quali gli eroi dei fumetti. È una diatriba, quella sulla neutralità dell’arte, che è vecchia quanto il mondo. Ma per chi fa politica per passione, come gli anonimi militanti che hanno dato origine a questa campagna, la neutralità è sinonimo di indifferenza. E si sa, a sinistra c’è chi gli indifferenti li odia.
 
Nicolò Martinelli - il manifesto

Nessun commento:

Posta un commento