Sconfitta sull'inceneritore, alle prese con un buco da 870 milioni, la
giunta grillina comincia a vacillare. Anche per la continuità con il
«sistema» precedente
La caporetto del movimento 5 stelle di Beppe Grillo si chiama Paip,
acronimo di «Polo ambientale integrato di Parma». È il nuovo
inceneritore cittadino, sulla cui eliminazione i grillini avevano basato
la loro campagna elettorale e che invece sta mettendo fortemente in
crisi la credibilità del movimento. Avevano promesso che lo avrebbero
bloccato. Invece il Paip entrerà regolarmente in funzione tra qualche
settimana, dimostrando che dai proclami ai fatti ce ne passa.
Questa «caporetto» è diventata una questione nazionale, che per tanti motivi può far perdere la faccia all'intero movimento, se il conducator in persona, Beppe Grillo, qualche giorno fa nella città emiliana, in un comizio ha riacceso le speranze dei suoi assicurando: sarà «la Corte di Cassazione!» a bloccare l'inceneritore.
Alla vigilia delle politiche non è solo la disfatta del Paip che ha messo in allarme il comico genovese. Tutta la gestione della città emiliana del sindaco grillino Federico Pizzarotti fa acqua.
È pure emersa un'oscura convergenza d'interessi tra l'associazione grillina Gcr, che da anni si batteva contro l'inceneritore, e Luigi Giuseppe Villani, ras del centro-destra e vicepresidente dell'Iren, la società proprietaria dell'inceneritore stesso. Dopo il recente arresto per peculato e corruzione di Villani e dell'ex sindaco di Parma Pietro Vignali, da intercettazioni risalenti addirittura all'ottobre del 2010 è emerso che per questioni elettorali i due erano anche loro favorevoli a bloccare i lavori dell'inceneritore. Per questo avrebbero appoggiato le battaglie dell'associazione Gcr, dove militavano l'attuale vicesindaco Nicoletta Paci e l'assessore all'ambiente Gabriele Folli.
In questi giorni due avvocati, Arrigo Allegri e Pietro De Angelis, in prima fila nelle lotte ambientaliste e paesaggiste, hanno inviato a Pizzarotti una lettera di diffida intimandogli di intervenire e di mettere i sigilli al termovalorizzatore entro 60 giorni. Secondo i due legali il permesso di costruzione del termovalorizzatore sarebbe scaduto e l'opera sarebbe abusiva.
Perché allora un sindaco che ha costruito la sua fortuna elettorale sulla «morte» del termovalorizzatore sembrerebbe ora tergiversare e temporeggiare? I rapporti con i «poteri forti» sono complessi e l'eredità lasciata dalla precedente giunta di centro-destra è oggettivamente pesantissima: 870 milioni di debiti. Non a caso Pizzarotti ha scelto come suo «Richelieu» e assessore al bilancio Gino Capelli, esperto in curatele fallimentari.
Questa «caporetto» è diventata una questione nazionale, che per tanti motivi può far perdere la faccia all'intero movimento, se il conducator in persona, Beppe Grillo, qualche giorno fa nella città emiliana, in un comizio ha riacceso le speranze dei suoi assicurando: sarà «la Corte di Cassazione!» a bloccare l'inceneritore.
Alla vigilia delle politiche non è solo la disfatta del Paip che ha messo in allarme il comico genovese. Tutta la gestione della città emiliana del sindaco grillino Federico Pizzarotti fa acqua.
È pure emersa un'oscura convergenza d'interessi tra l'associazione grillina Gcr, che da anni si batteva contro l'inceneritore, e Luigi Giuseppe Villani, ras del centro-destra e vicepresidente dell'Iren, la società proprietaria dell'inceneritore stesso. Dopo il recente arresto per peculato e corruzione di Villani e dell'ex sindaco di Parma Pietro Vignali, da intercettazioni risalenti addirittura all'ottobre del 2010 è emerso che per questioni elettorali i due erano anche loro favorevoli a bloccare i lavori dell'inceneritore. Per questo avrebbero appoggiato le battaglie dell'associazione Gcr, dove militavano l'attuale vicesindaco Nicoletta Paci e l'assessore all'ambiente Gabriele Folli.
In questi giorni due avvocati, Arrigo Allegri e Pietro De Angelis, in prima fila nelle lotte ambientaliste e paesaggiste, hanno inviato a Pizzarotti una lettera di diffida intimandogli di intervenire e di mettere i sigilli al termovalorizzatore entro 60 giorni. Secondo i due legali il permesso di costruzione del termovalorizzatore sarebbe scaduto e l'opera sarebbe abusiva.
Perché allora un sindaco che ha costruito la sua fortuna elettorale sulla «morte» del termovalorizzatore sembrerebbe ora tergiversare e temporeggiare? I rapporti con i «poteri forti» sono complessi e l'eredità lasciata dalla precedente giunta di centro-destra è oggettivamente pesantissima: 870 milioni di debiti. Non a caso Pizzarotti ha scelto come suo «Richelieu» e assessore al bilancio Gino Capelli, esperto in curatele fallimentari.
Giancarlo Bocchi, Il Manifesto
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