lunedì 18 febbraio 2013

L’Italia è malata. Ma chi sarà il dottore? di Fabio Marcelli , Il Fatto Quotidiano

La boje, inno dei i braccianti in lotta nel 1885 nelle province di Mantova e Rovigo, ha le seguenti parole: “ L’Italia l’è malada. Sartori l’è il dutur. Per far guarì l’Italia. Tajem la testa ai sciur”.  Sartori era un dirigente socialista dell’epoca. Sono passati quasi centotrenta anni ma l’Italia è sempre malata. Giorgio Bocca, del resto, scrisse un libro con questo titolo già nel 1977, prima ancora del CAF e di Tangentopoli. I sintomi della malattia c’erano già allora, passato il boom economico e rifluite le lotte operaie che avevano portato a una certa redistribuzione del reddito e a qualche riforma.
Oggi, a trentasei anni dal libro di Bocca, l’Italia è più malata che mai. Siamo nel bel mezzo delle  macerie della seconda Repubblica, nata dal tentativo maldestro di Occhetto e Mario Segni di instaurare la democrazia del maggioritario, che ha aggravato ulteriormente la situazione. Con un pessimo sistema elettorale e i poteri illegali, che hanno trovato negli ultimi venti anni i loro precisi referenti politici di governo, più prosperi e nocivi che mai.
Molti Stati nel mondo sono più o meno capitalistici, ma ciascuno ha il capitalismo che si merita. Il nostro è segnato a fondo, da sempre, dai fenomeni noti come mafia, il prodotto di esportazione italiano più di successo assieme alla moda e al calcio, e corruzione. Con questi poteri illegali sono venuti a patti i partiti politici, con davvero poche eccezioni, e i potentati economici. Da questo connubio osceno è nato il sistema di potere italiano attuale, all’insegna delle tre C: cosche, cricche e caste.
Nei momenti di crisi occorre ritrovare le proprie migliori energie e ispirazioni. Altrimenti si soccombe. Mafie e corruzione sono il vero piombo sulle ali della società e dell’economia italiana. Il governo Monti, sorretto dal consenso pressoché unanime del vergognoso Parlamento uscente, non ha fatto nulla per contrastare questi fenomeni nocivi, trovando più conveniente prendersela, come sono del resto solite fare le classi dirigenti italiane, con lavoratori, pensionati, donne e giovani. E’ più facile affondare la lama nel ventre molle della società che prendersela con i veri responsabili del disastro. Sulla corruzione, una legge burla, che ha registrato non a caso il consenso unanime dello schieramento politico  e che l’ex magistrato Livio Pepino ha definito giustamente “una operazione tutta mediatica che, al di là delle apparenze, non renderà certamente più efficace il contrasto alla corruzione”
Le inchieste giudiziarie hanno ovviamente un ruolo fondamentale, ma da sole non sono sufficienti a debellare questi fenomeni. Ciò spiega la decisione di magistrati come Ingroia di entrare in politica. Ma non basta. Ci vuole una mobilitazione costante da parte della società civile per chiedere trasparenza a tutti i livelli, una democrazia effettiva e la requisizione integrale dei patrimoni dei corrotti come di quelli dei mafiosi, come richiesto da Rivoluzione Civile. Un primo passo verso l’equità che, oggi come centoventotto anni fa, costituisce la condizione preliminare per andare avanti, tagliando la testa, sia pure solo metaforicamente, ai “signori” che malgovernano il Paese, e lo fanno sottraendo risorse, demolendo i servizi pubblici, avvelenando il futuro e costringendo settori crescenti della popolazione a frugare nei cassonetti per sopravvivere e i giovani ad emigrare.
Il partito del malaffare è rappresentato pienamente  da Berlusconi, come da ultimo dimostrato dalle sue affermazioni in materia di tangenti e da sempre dalla sua prassi, sia imprenditoriale che politica. Con questo partito occorre fare i conti una volta per tutte. Ma l’arco delle forze conniventi e colluse è ben più ampio. La migliore dimostrazione dell’ampiezza di tali complicità è costituita proprio dalla citata legge-burla sulla corruzione, oltre che dai casi giudiziari che hanno coinvolto tutti i partiti.
Chi sarà dunque il dottore che salverà l’Italia? La risposta è facile. Lo stesso popolo italiano, a condizione che dica no il 24 e 25 febbraio all’attuale sistema, votando le forze alternative, come Rivoluzione Civile e il Movimento Cinque Stelle, e continui soprattutto a mobilitarsi nei mesi ed anni successivi fino a restituire al nostro Paese il futuro che gli è stato sottratto da caste, cosche e cricche varie, da sempre saldamente insediate nei posti di potere. Per creare finalmente il contropotere dei cittadini che consenta di mettere definitivamente a riposo le attuali classi dominanti a livello politico, economico e criminale.  Le elezioni non bastano ma costituiscono un passaggio importante. Precisando tuttavia che il voto al Movimento 5 Stelle, che sarà ottimo e abbondante, segnala una situazione di disagio e permetterà l’ingresso in Parlamento di una nutrita pattuglia di parlamentari che porteranno proposte interessanti e positive, come il No alle grandi opere e il reddito garantito per i disoccupati. Ma il voto a Rivoluzione Civile rappresenta la scelta strategica per costruire da subito l’alternativa nel nostro Paese.

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