da Tageszeitung, 1 marzo 2013
Nei castelli medievali toccava ai giullari dire al sovrano le verità più scomode. Oggi, nelle cancellerie e nelle grandi banche europee l'amara verità giunge dai “clown” italiani, come li ha definiti il socialdemocratico Peer Steinbrück. Se infatti non ci si limita a ironie giustificate ma futili, nell'esito delle elezioni politiche a sud delle Alpi si possono leggere alcuni messaggi forti, forse forieri di tempeste, certo istruttivi.
Il primo messaggio è la netta sconfitta, anzi la batosta memorabile che ha subito una certa Europa, quella della Trojka, dei banchieri di Francoforte e della cancelliera Angela Merkel. Non solo il candidato di quest'Europa, Mario Monti, è stato polverizzato, restituito al ruolo marginale e riportato nelle aule universitarie da cui proprio quella certa Europa l'aveva tirato fuori per imporlo all'Italia come premier contro ogni legalità democratica (non dimentichiamo infatti che, per quanto non piaccia a nessuno, Silvio Berlusconi fu costretto – con un vero e proprio golpe istituzionale – a dimettersi da primo ministro nonostante godesse della maggioranza parlamentare più solida di tutta la storia repubblicana italiana, cioè da 65 anni a questa parte).
Ora Mario Monti ha perso malgrado l'appoggio di tutto il gran padronato italiano (era sostenuto dal boss della Fiat Sergio Marchionne, dal presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo, dall'ex Ceo della più grande banca italiana Corrado Passera), dell'Europa filotedesca e di tutta la finanza internazionale (Monti era stato consulente della più grande banca privata mondiale, Goldman Sachs). Non solo: Monti è stato sconfitto malgrado l'aperto sostegno delle gerarchie vaticane e della Conferenza episcopale italiana: corollario non secondario di questa prima lezione è che l'influenza della Chiesa cattolica sulle elezioni italiane è largamente sopravalutata sia dai politici che dal mondo dell'informazione.
Ma la sconfitta della Trojka, della Merkel e dell'Europa dei banchieri appare ancora più eclatante se si valuta il voto italiano in un'ottica comparativa: tra i paesi “deboli” dell'Europa – i cosiddetti Piigs, alias Club Méd –, l'elettorato italiano è l'unico che abbia resistito alle pressioni venute dal Nord e abbia espresso una maggioranza assoluta contraria all'austerità tedesca. Nel regime di “capitalismo reale” che vige in Europa, gli italiani sono i primi che osano sfidare le minacce finanziarie dei “banchieri fratelli”, un coraggio che non hanno avuto né i greci, né gli spagnoli, né i portoghesi, che tutti hanno finito per esprimere disciplinate maggioranze prone agli ordini di Francoforte e Berlino. E anche la ben più potente Francia ha osato esprimere un disaccordo solo sussurrato quando ha eletto presidente François Hollande.
In Italia invece le tre formazioni che hanno fatto campagna forte contro l'austerità, contro la Merkel, contro “la dittatura dello spread” hanno ottenuto complessivamente il 57% dei suffragi per la Camera dei deputati, cioè una solidissima maggioranza assoluta: parlo della Coalizione di Centrodestra (29,18%) guidata da Berlusconi, del Movimento a 5 stelle di Beppe Grillo (25,55%) e di Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia (2,24%). Il messaggio anti-tedesco è espresso bene da un manifesto elettorale della destra affisso sui muri di Roma in cui campeggia la scritta: “Il governo dell'Italia lo decidono gli italiani” sovrimpressa all'immagine di Monti che stringe la mano a Merkel.
Il messaggio è chiaro: sta scemando il potere delle cancellerie e delle banche europee di piegare gli elettori europei alla propria austerità. Forse altri popoli seguiranno i clown italiani.
Ma dai giullari giunge un secondo messaggio e riguarda il populismo: negli ultimi anni ha infatti prevalso la fastidiosa tendenza a tacciare di populista qualunque aspirazione popolare. Vuoi la sanità per tutti? Sei proprio un populista (soprattutto negli Stati uniti). Vuoi la tua pensione indicizzata sull’inflazione? Ma che razza di populista! Vuoi poter mandare i tuoi figli all’università senza svenarti? Lo sapevo che sotto sotto eri un populista! Quando ti appiccicano quest’etichetta addosso non riesci più a staccartela, hai voglia a dire che tu stai esprimendo solo sacrosante aspirazioni popolari. Ebbene, domenica scorsa gli italiani hanno eletto una maggioranza di populisti, per quanto pittoreschi come Grillo, perché – a torto o a ragione – sembravano loro gli unici che rappresentassero le esigenze popolari.
Come ha scritto il premio Nobel per l'economia Paul Krugman: “Senza cercare di difendere le politiche del bunga bunga, lasciatemi porre questa ovvia domanda: 'Quella che oggi passa come politica di maturo realismo cosa ha fatto esattamente di buono in Italia o, se è per questo, in Europa nel suo insieme?' Perché Monti era a tutti gli effetti il proconsole insediato dalla Germania per imporre austerità a un'economica già anemica; la volontà di perseguire un'austerità illimitata è ciò che definisce la rispettabilità nei circoli politici europei”. Ora i clowns italiani hanno mostrato a tutta l'Europa che a forza di restare sordi alle rivendicazioni popolari si rischia di farsi governare dal populismo (un rischio già sperimentato durante un'altra crisi economica).
L'ultimo messaggio infine è che pare tramontata l'ora della corsa al centro. Si sfarina la dittatura del moderatismo. Tutti i parrucconi della politologia mondiale ci hanno ammorbato per decenni con la litania secondo cui “le elezioni si vincono al centro”, che per vincere bisogna tagliare le ali estreme ed essere “moderati”. Già George Bush jr. aveva mostrato negli Stati uniti che questo luogo comune era falso. Adesso gli italiani ce lo confermano. Magari si può governare al centro, ma certo non si possono vincere le elezioni con posizioni centriste. Non con un 36 % di giovani disoccupati (Italia), tanto meno col 50% come in Spagna o il 60% come in Grecia (ma anche la suscettibile Francia è al 20 %). Per questi giovani non ci sono soluzioni moderate e centriste che tengano.
Nei castelli medievali toccava ai giullari dire al sovrano le verità più scomode. Oggi, nelle cancellerie e nelle grandi banche europee l'amara verità giunge dai “clown” italiani, come li ha definiti il socialdemocratico Peer Steinbrück. Se infatti non ci si limita a ironie giustificate ma futili, nell'esito delle elezioni politiche a sud delle Alpi si possono leggere alcuni messaggi forti, forse forieri di tempeste, certo istruttivi.
Il primo messaggio è la netta sconfitta, anzi la batosta memorabile che ha subito una certa Europa, quella della Trojka, dei banchieri di Francoforte e della cancelliera Angela Merkel. Non solo il candidato di quest'Europa, Mario Monti, è stato polverizzato, restituito al ruolo marginale e riportato nelle aule universitarie da cui proprio quella certa Europa l'aveva tirato fuori per imporlo all'Italia come premier contro ogni legalità democratica (non dimentichiamo infatti che, per quanto non piaccia a nessuno, Silvio Berlusconi fu costretto – con un vero e proprio golpe istituzionale – a dimettersi da primo ministro nonostante godesse della maggioranza parlamentare più solida di tutta la storia repubblicana italiana, cioè da 65 anni a questa parte).
Ora Mario Monti ha perso malgrado l'appoggio di tutto il gran padronato italiano (era sostenuto dal boss della Fiat Sergio Marchionne, dal presidente della Ferrari Luca Cordero di Montezemolo, dall'ex Ceo della più grande banca italiana Corrado Passera), dell'Europa filotedesca e di tutta la finanza internazionale (Monti era stato consulente della più grande banca privata mondiale, Goldman Sachs). Non solo: Monti è stato sconfitto malgrado l'aperto sostegno delle gerarchie vaticane e della Conferenza episcopale italiana: corollario non secondario di questa prima lezione è che l'influenza della Chiesa cattolica sulle elezioni italiane è largamente sopravalutata sia dai politici che dal mondo dell'informazione.
Ma la sconfitta della Trojka, della Merkel e dell'Europa dei banchieri appare ancora più eclatante se si valuta il voto italiano in un'ottica comparativa: tra i paesi “deboli” dell'Europa – i cosiddetti Piigs, alias Club Méd –, l'elettorato italiano è l'unico che abbia resistito alle pressioni venute dal Nord e abbia espresso una maggioranza assoluta contraria all'austerità tedesca. Nel regime di “capitalismo reale” che vige in Europa, gli italiani sono i primi che osano sfidare le minacce finanziarie dei “banchieri fratelli”, un coraggio che non hanno avuto né i greci, né gli spagnoli, né i portoghesi, che tutti hanno finito per esprimere disciplinate maggioranze prone agli ordini di Francoforte e Berlino. E anche la ben più potente Francia ha osato esprimere un disaccordo solo sussurrato quando ha eletto presidente François Hollande.
In Italia invece le tre formazioni che hanno fatto campagna forte contro l'austerità, contro la Merkel, contro “la dittatura dello spread” hanno ottenuto complessivamente il 57% dei suffragi per la Camera dei deputati, cioè una solidissima maggioranza assoluta: parlo della Coalizione di Centrodestra (29,18%) guidata da Berlusconi, del Movimento a 5 stelle di Beppe Grillo (25,55%) e di Rivoluzione Civile di Antonio Ingroia (2,24%). Il messaggio anti-tedesco è espresso bene da un manifesto elettorale della destra affisso sui muri di Roma in cui campeggia la scritta: “Il governo dell'Italia lo decidono gli italiani” sovrimpressa all'immagine di Monti che stringe la mano a Merkel.
Il messaggio è chiaro: sta scemando il potere delle cancellerie e delle banche europee di piegare gli elettori europei alla propria austerità. Forse altri popoli seguiranno i clown italiani.
Ma dai giullari giunge un secondo messaggio e riguarda il populismo: negli ultimi anni ha infatti prevalso la fastidiosa tendenza a tacciare di populista qualunque aspirazione popolare. Vuoi la sanità per tutti? Sei proprio un populista (soprattutto negli Stati uniti). Vuoi la tua pensione indicizzata sull’inflazione? Ma che razza di populista! Vuoi poter mandare i tuoi figli all’università senza svenarti? Lo sapevo che sotto sotto eri un populista! Quando ti appiccicano quest’etichetta addosso non riesci più a staccartela, hai voglia a dire che tu stai esprimendo solo sacrosante aspirazioni popolari. Ebbene, domenica scorsa gli italiani hanno eletto una maggioranza di populisti, per quanto pittoreschi come Grillo, perché – a torto o a ragione – sembravano loro gli unici che rappresentassero le esigenze popolari.
Come ha scritto il premio Nobel per l'economia Paul Krugman: “Senza cercare di difendere le politiche del bunga bunga, lasciatemi porre questa ovvia domanda: 'Quella che oggi passa come politica di maturo realismo cosa ha fatto esattamente di buono in Italia o, se è per questo, in Europa nel suo insieme?' Perché Monti era a tutti gli effetti il proconsole insediato dalla Germania per imporre austerità a un'economica già anemica; la volontà di perseguire un'austerità illimitata è ciò che definisce la rispettabilità nei circoli politici europei”. Ora i clowns italiani hanno mostrato a tutta l'Europa che a forza di restare sordi alle rivendicazioni popolari si rischia di farsi governare dal populismo (un rischio già sperimentato durante un'altra crisi economica).
L'ultimo messaggio infine è che pare tramontata l'ora della corsa al centro. Si sfarina la dittatura del moderatismo. Tutti i parrucconi della politologia mondiale ci hanno ammorbato per decenni con la litania secondo cui “le elezioni si vincono al centro”, che per vincere bisogna tagliare le ali estreme ed essere “moderati”. Già George Bush jr. aveva mostrato negli Stati uniti che questo luogo comune era falso. Adesso gli italiani ce lo confermano. Magari si può governare al centro, ma certo non si possono vincere le elezioni con posizioni centriste. Non con un 36 % di giovani disoccupati (Italia), tanto meno col 50% come in Spagna o il 60% come in Grecia (ma anche la suscettibile Francia è al 20 %). Per questi giovani non ci sono soluzioni moderate e centriste che tengano.
Nessun commento:
Posta un commento