martedì 1 ottobre 2013

No al governo diversamente berlusconiano. Intervista a Maurizio Landini

Intervista a Maurizio Landini:«Una legge elettorale che rispetti la Costituzione. In piazza il 12 ottobre, non c’è cambiamento se non c’è partecipazione»
Durante-la-manifestazione-studentesca-dello-scorso-12-ottobreUn appello drammatico della segretaria della Cgil Susanna Camusso per «un soprassalto di responsabilità» e un governo «in grado di compiere le scelte necessarie che rispondano alle richieste del mondo del lavoro». L’allarme diventa presto unitario, di Cgil Cisl e Uil contro una «crisi per interessi personali». Usa toni simili Maurizio Landini, segretario della Fiom. Che rilancia la mobilitazione del 12 ottobre a Roma «per l’attuazione della Costituzione», nata dall’appello ‘La via maestra’ firmato – oltreché da lui – anche da Stefano Rodotà, don Luigi Ciotti, Gustavo Zagrebelsky e Lorenza Carlassare, e a cui aderiscono decine di associazioni.
Landini, per i metalmeccanici è meglio tornare al voto subito o è meglio che la legislatura prosegua?
Rispondo così: serve un governo vero, non serve un governo diversamente berlusconiano. Un governo che faccia subito la legge di stabilità, a patto che contenga segni tangibili di cambiamento. E serve una legge elettorale che risponda ai principi della Costituzione per uscire da qualsiasi ricatto e mettere in condizione il paese di darsi un esecutivo capace di fare le riforme necessarie. La stabilità vera si costruisce solo così.
Ma la legge di stabilità al momento resta incagliata nelle pastoie della crisi aperta dal Pdl.
Credo che sia chiaro a tutti che l’emergenza del paese è il lavoro. E che quindi il primo problema che il governo si deve porre è il rifinanziamento della cassa in deroga, altrimenti centinaia di migliaia di persone resteranno senza lavoro e senza reddito. E serve anche una politica industriale per cominciare da subito a favorire investimenti pubblici e privati: penso alla siderurgia, a Finmeccanica, a Telecom, all’intero comparto degli elettrodomestici. E lanciare un processo di ridistribuzione della ricchezza usando anche il fisco sulle buste paga dei lavoratori. Gli aiuti non debbono essere dati a pioggia, ma alle imprese che utilizzano i contratti di solidarietà, e che attraverso questi difendono il lavoro e stabilizzano i precari. Serve un piano nazionale di trasporti e della mobilità, un nuovo intervento pubblico nell’economia che vada in questa direzione. Mi rendo conto che tutto questo nella legge di stabilità non è fattibile perché ci sono ancora troppi vincoli europei. Ma non c’è alternativa: stiamo già pagando l’errore politico fatto sull’Imu, non a caso è scattato l’aumento dell’Iva. Se non si mettono in discussione i vincoli europei, saremo di fronte a una progressiva messa in discussione dei diritti del lavoro, delle pensioni, della sanità pubblica. Non è questo il modo per uscire dalla crisi. Anzi, la riduzione e l’attacco ai diritti del lavoro, la sua svalorizzazione, ha coinciso con la deindustrializzazione oggi in atto e che va combattuta. Ma per farlo serve anche una legge elettorale che metta il paese nelle condizioni di decidere.
Lei parla dell’emergenza lavoro, il Pd parla di ‘eversione’ all’indirizzo del Pdl. Ma a toni così alti non corrisponde una mobilitazione. È così?
La mobilitazione c’è. Quello che sta succedendo conferma che abbiamo visto giusto quando abbiamo lanciato il nostro appello e poi organizzato la manifestazione per il 12 ottobre a Roma, che mette al centro l’applicazione della Costituzione, il lavoro e la legalità, e che guarda alla costruzione dell’Europa. Una manifestazione inclusiva, non contro qualcuno. Tutti quelli che pensano che l’applicazione della Carta sia la base della ripartenza di un processo democratico hanno l’occasione per essere in piazza.
Avete chiamato in piazza singoli cittadini e associazioni. I gruppi dirigenti della sinistra non riescono a mobilitare il proprio popolo?
In questi anni e anche in questi ultimi mesi, da quando anziché andare a votare si è fatto il governo Monti, si è aperto un processo che ha aumentato la sfiducia delle persone verso la politica e verso la possibilità che le forme politiche siano in grado di cambiare. Questo processo continua ad andare avanti. In questi cinque mesi di governo Letta dimostrano che su questa strada non si ricostruisce un rapporto di fiducia delle persone le forze con politiche e le istituzioni.
Il governo Letta gode però, almeno sembra, del favore dei sondaggi.
La crescente sfiducia dei cittadini è stata chiaramente dimostrata non da un sondaggio ma dalla valanga dell’astensione allo scorso voto di febbraio. Non c’è altra strada che la partecipazione democratica. E vorrei che fosse chiara una cosa: chiunque voglia porsi il problema di cambiare questo paese non può farlo senza la partecipazione e il consenso. Per questo la manifestazione del 12 a Roma è stata pensata e poi anche costruita come un’occasione per rafforzare la democrazia. Anche per questo è fondamentale tornare presto ad avere un parlamento eletto sulla base di una legge che anche la Consulta consideri costituzionale.
DANIELA PREZIOSI
da il manifesto

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