mercoledì 2 ottobre 2013

Pdl. Prove tecniche di scissione

Pdl. Prove tecniche di scissione

Ultim'ora (22.00). Enrico Letta ha respinto le dimissioni dei ministri Pdl. Alfano chiederà ai parlamentari del suo partito di votare la fiducia. Berlusconi di sfiduciare il governo. Risultato: domani il Pdl si frantuma. A meno di scherzi da prete....
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Il 25 luglio del Pdl arriva il primo giorno d'ottobre. E' presto per scrivere la parola fine - Berlusconi in fondo non è ancora finito in galera, e i domiciliari ha scelto di farseli a palazzo Grazioli, non ad Arcore né in Sardegna - ma quello di poco fa sembra un deciso passo avanti verso la scissione del Pdl e la esclusione di Berlusconi dal futuro politico della destra italica.
Con un insolita durezza - quando parla del Cavaliere è in genere ossequiente oltre ogni imbarazzo - persino Angelino Alfano sembra aver gettato il dado traendone la più logica delle conclusioni: "il vecchio dal culo flaccido" è definitivamene fuori gioco, non vale la pena di proseguirne oltre il calvario. E perciò ha invitato "tutto il partito" - ovvero tutti i senatori - a votare la fiducia a Letta, domani, tenendo così in vita il governo che Il Detenuto vuole far crollare. Al suo fianco ministri in carica, "trattativisti" come Cicchitto, Sacconi o Giovanardi, peones alla loro prima legislatura (e quindi lontani dall'aver maturato il diritto alla pensione da parlamentare), "responsabili" di professione come Scilipoti o "la banda dei siciliani" (che la dice lunga su quanti poteri si siano sganciati dall'ex fuhrer mediatico.
Del resto, a parte gli incontri burrascosi della mattinata tra via del Plebiscito, il Quirinale e Palazzo Chigi, si erano fatti sentire sia gli Stati Uniti che i grandi oganismi economici internazionali, e naturalmente anche l'Unione Europea, con il presidente del parlamento europeo, Martin Schulz, che concedeva una tempestiva intervista all'Ansa: "Una caduta del governo creerebbe enormi turbolenze politiche e sui mercati finanziari" non solo in Italia ma in tutta Europa". Di più: "Faccio un appello ai colleghi del Parlamento: riflettano bene, abbiamo tutti insieme una responsabilità verso l'Europa". "Letta ed il suo governo hanno avuto grande successo per riconquistare la fiducia verso l'Italia, soprattutto sui mercati finanziari. Non bisogna giocarsi, a causa di interessi molto particolari, quello che il governo ha riconquistato".
Il cerchio a quel punto si chiudeva. Qualunque cosa possa fare in Italia, il mondo intero rifiuta di avere rapporti con lui e "preme" perché si faccia da parte. I suoi ex scudieri hanno una sola possibilità di farsi riciclare nel nuovo gruppo dirigente nazionale: rompere il partito-azienda e mettersi a disposizione.
Del resto lo stesso Letta l'aveva fatto capire, sostenuto da tutto il Pd: solo un "fatto politico nuovo" avrebbe potuto tenerlo a palazzo Chigi, con una maggioranza "non fatta di frattaglie". Un "fatto nuovo" è la rottura del Pdl. E sta avvenendo.
Alle 18 Silvio ha riconvocato a casa sua i parlamentari e i ministri teoricamente ancora alle sue dipendenze (hanno rassegnato dimissioni-scherzo nelle sue mani, mica alle Camere o al Presidente del Consiglio). Può ancora accadere di tutto, certo, ma siamo a un punto di svolta vera.
Domanda: a questo punto "la via maestra" di Landini e Rodotà da quale incrocio passa? Senza più l'impresentabile a far da spauracchio, "contro chi" si scende in piazza per difendere la Costituzione?
 
La fine ingloriosa dell'antiberlusconismo "di sinistra"              
 
di  Alessandro Avvisato, Contropiano.org                   
La fine ingloriosa dell'antiberlusconismo "di sinistra"
In attesa di vedere quanti parlamentari portano con sé Alfano e gli altri ministri Pdl, un bilancio appare intanto necessario: il berlusconismo sta tirando le cuoia e l'antiberlusconismo anche. I due trapassi vanno insieme. Il secondo, a sinistra, ha fatto strame della stessa capacità di ragionare, riducendo a niente la presenza di un'alternativa politica capace di avere dimensioni di massa e visibilità pubblica.
Gli antiberlusconiani doc sono già ora in debito d'ossigeno davanti alla scomparsa della loro ragione d'esistenza, dell'alfa e omega di ogni loro sforzo mentale. L'editoriale di Antonio Padellaro, oggi, su Il Fatto Quotidiano, ne rappresenta al meglio la condizione critica. Sguardo corto, fisso sui movimenti interni alla politica nazionale, nel gioco ipnotico del passaggi tra Quirinale, Palazzo Chigi, via del Nazareno e Palazzo Grazioli, in una Roma elitaria di “grande bellezza” ma ormai priva della stanza dei bottoni, sovradeterminata nelle decisioni che contano e quindi incarognita nelle lotte tra aspiranti valvassini dell'Impero Europeo. Una condizione che caratterizza anche i promotori della "via maestra" del 12 ottobre, a questo punto costretti o ad annullare l'appuntamento (per non rischiare di farne una manifestazione a sostegno del governo Letta) o a riscriverne radicalmente la matrice. Bella confusione, eh?
Si può dire molto di negativo sul governo delle “larghe intese” - e questo nostro picco giornale ha declinato le maledizioni quasi in ogni linguaggio – ma non che sia stata una ciambella di salvataggio per il Caimano. Specie ora che si va alla resa dei conti si dovrebbe essere costretti a constatare che è stata invece la gabbia di ferro in cui ha perso progressivamente ogni potere di ricatto. Certo, è riuscito a imporre una sospensione temporanea dell'Imu, ma finta. Certo ha bloccato diverse decisioni costringendo il “suo” stesso governo al rinvio. Ma è arrivato alla sentenza che ne decreta l'ineleggibilità e la decadenza dal seggio senatoriale – quindi l'uscita definitiva dalla “politica in prima persona” - senza poter scassare tutto tornando alle urne.
Gli “antiberlusconiani e basta” fanno insomma fatica a capire quel che sta avvenendo perché il loro orizzonte “politico” era ed è completamente occupato da questa icona maligna. E nel momento in cui questa svanisce restano abbagliati davanti alla luce, ovvero alle “mosse” fin qui attuate di concerto tra la Troika e quella fetta di ceto politico nazionale che si è messa completamente ai suoi ordini, a partire dal Quirinale.
 
Sta arrivando a compimento un processo di selezione di una nuova “classe politica” sulla base dell'affidabilità (accountability, direbbero a Londra) nell'applicazione delle decisioni prese altrove. Si sapeva, e ora si vede con chiarezza, che il “berlusconismo” non era in grado di riconvertirsi a questa logica. Non solo per l'autocentratura del Cavaliere sui propri interessi, ma proprio per le caratteristiche del “blocco sociale” che rappresenta al meglio: imprenditoria di rapina o “in convenzione”, “in nero” o malavitosa, sottobosco di appalti e subappalti, concessionari di risorse pubbliche, clientele nutrite con consulenze e aggiustamenti dei piani regolatori, ecc. Ma anche – a livello di “popolo” - di figure nutrite senza contraccambio ai tempi in cui la Dc doveva garantire “consenso anticomunista”: e quindi ciechi che guidano la macchina, uscieri più numerosi degli impiegati, “lavori utili” soltanto all'assessore che decideva su una voce di spesa, distorsioni del welfare tali da mettere in discussione gli equilibri contabili, ecc.
Una parte di mondo che va riportato con i piedi sulla terra, convolto nei “tagli alla spesa” quasi quanto i lavoratori dipendenti, i pensionati veri, i giovani precari, il mondo dell'istruzione o della sanità pubbliche.
A quanti stanno costruendo a tappe forzate una Unione Europea strutturata come un trattato economico d'acciaio non occorre una classe politica che sia “espressione” di interessi sociali frammentati, o comunque incompatibili con questo processo. Occorre invece una classe politica “tecnocratica”, omogenea con quella continentale, in grado di imporre soluzioni già elaborate e non di mediare tra interessi contrastanti. Cum grano salis, naturalmente, con un occhio alla sopportazione sociale ma senza subirne il condizionamento.
Questo ragionamento viene svolto ormai esplicitamente negli editoriali dei media “di regime”, dal Corriere della Sera al Sole24Ore, che plaudono alla “svolta” indicando dei berlusconiani “ribelli” e nei “giovanotti che stanno conquistando il potere nel Pd” in nucleo essenziale di questa “nuova” classe politica fedele a Bruxelles.
E sembra anche ovvio che questa Unione Europea non sopporti più nemmeno “l'alternanza”. In Germania si governa con “Grosse koalition”, in Inghilterra anche (seppure con i liberali, non con i laburisti), in Italia – da due anni – anche. E quindi torna utilissima, apertamente teorizzata, la matrice e la scuola politica del “grande centro”. Democristiani di ritorno, merda riciclata.
Di questo dobbiamo ringraziare i teorici del “volo utile”, ossia quegli idioti che per venti anni hanno sovrapposto le ragioni della “sinistra” a quelle di un gruppo editoriale concorrente di Mediaset. Per poi sparire.

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