Nessuno
se l’aspettava che gli ultimi scendessero in piazza e che facessero
casino: gli allarmi che si erano creati la settimana scorsa per la
presenza dei No tav, quegli irresponsabili individui contrari al
trasporto ad alta capacità di mazzette, non sono scattate per la
manifestazione di ieri sulla casa. Politici, prefetti e quant’altri non
si aspettavano che la statistica uscisse dalle tabelle di excel e si
traducesse in realtà, che i numeri anonimi prendessero corpo in piazza
con tanta virulenza.
Il potere teme chi apertamente si dichiara antagonista, chi
scandalosamente vuole mostrare il re nudo e sembra alludere a un’altra
strada, ma trascura chi è costretto a fare della propria esistenza un
antagonismo vivente. E non si preoccupa nemmeno quando la povertà
assoluta colpisce quasi un decimo della popolazione, 5 milioni di
persone, preferisce gingillarsi con le statistiche addomesticate della
povertà relativa ( vedi qui)
e confida che la grande maggioranza dei colpiti da una crisi in gran
parte sfruttata a fini politici, se ne stia zitto a covare l’uovo
deforme di false speranze o di piccoli privilegi. Che insomma non si
ribelli, come vogliono sindacati corporativi e partiti stampella. Eppure
anche Freiherr Friedrich von Hayek, il nobelato reazionario del XX°
secolo, aveva sostenuto che i poveri sono da disprezzare e tuttavia va
dato loro qualcosa purché non si ribellino.
Il barone sapeva che proprio i poveri assoluti, quelli che non hanno
niente da perdere e non possono essere allettati con promesse
irrealizzabili, impauriti con la possibilità di essere privati dei
rimasugli di speranza e di beni, quelli che non possono contare su reti
di protezione, fosse pure la magra pensione del nonno, sono la bomba
messa sotto il trono delle aristocrazie del potere. Quindi è facile
profetizzare che la tensione continuerà a crescere fino a raggiungere il
punto di rottura, che manifestazioni di questo tipo diventeranno
comuni.
Ci sono ovviamente due modi per fronteggiare la situazione: quello di
rompere il cemento liberista e riconoscere l’esistenza di dignità e di
diritti prevalenti rispetto al profitto, oppure quello di predisporre
una vasta operazione di “beneficienza” sociale che senza toccare le
conquiste dei ricchi, ovvero la messa in mora dell’eguaglianza e della
cittadinanza, anzi ribadendole, distribuisca a pioggia un’elemosina
destinata a tornare poi nelle tasche del potere sotto forma di utili.
Non c’è dubbio che sarà scelta la seconda strada sia da noi che in altri
Paesi mettendo in piedi una sorta di piccolo welfare anomalo che mentre
rinforza la legittimità ideologica di sfruttamento e precarietà, tenga
lontano dalle piazze i diseredati.
Su questo sono disposto a scommettere qualsiasi cifra. E anzi potrei
giurare che dopo le elezioni europee quando la Merkel farà di tutto per
portare Martin Schultz ( finto avversario, ma amico personale) alla
presidenza della commissione europea se ne comincerà a parlare con
l’obiettivo di evitare che la crescente pressione dei vecchi e nuovi
diseredati metta in crisi i governi amici dell’austerità. Un piccolo
obolo ricattatorio perché i poveri assoluti se ne stiano col cappello in
mano piuttosto che innescare processi di profonda riforma sociale. E i
relativamente impoveriti, cioè l’altro 80 per cento della popolazione,
se ne stia ferma tristemente convinta che nulla si possa cambiare.
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