venerdì 10 gennaio 2014

Europa, luci e ombre del programma di Sinistra Europea di Enrico Grazzini, Micromega

Sperare nel progetto della Sinistra Europea è giusto, ma occorre essere critici! Il gruppo della Sinistra Europea, SE, che comprende alcuni partiti socialisti, ex comunisti e comunisti, formazioni ecologiste, antirazziste, femministe e altermondialiste, costituisce l'unica forza di sinistra d'opposizione in questa Europa messa in gravissima crisi dalla finanza speculativa e guidata dalle classi dirigenti tedesche, dai governi di destra o delle larghe intese tra centrodestra e centrosinistra.

SE non rappresenta solo i partiti più o meno emancipati dal comunismo ortodosso – dopo il fallimento del “socialismo reale” da caserma – ma il tentativo di rappresentare i nuovi movimenti di opposizione e di ricostruire un'alternativa socialista radicale e democratica in Europa.

Da tempo il tradizionale socialismo europeo, i laburisti inglesi, la SPD tedesca e il partito socialista francese hanno infatti rinunciato ad ogni progetto sinceramente riformista e sembrano attratti irrevocabilmente dalle politiche liberiste e dalle alleanze con il centrodestra. Il centrosinistra europeo non si oppone al fiscal compact, anzi lo ha votato. Anche l'inetto governo socialista di Francois Hollande segue programmi di austerità e sta preparando il ritorno al potere dell'ex presidente Sarkozy, o addirittura della estrema destra xenofoba e antieuropeista di Marine Le Pen. Non solo i socialisti europei non si oppongono realmente alle politiche liberiste e autoritarie del centrodestra ma, dopo anni di compromessi e di complicità con le elite al potere, spesso non hanno la sufficiente credibilità per opporsi efficacemente alla marea montante delle forze di destra antidemocratiche, populiste e xenofobe che protestano contro la crisi europea, e che costituiscono una minaccia pericolosissima per la democrazia in Europa. Puntare sul centrosinistra europeo, come fa in Italia Sinistra Ecologia e Libertà, non sembra quindi rappresentare una soluzione credibile per uscire dalla grave crisi che il vecchio continente si sta autoinfliggendo. Neppure Beppe Grillo, con il suo antieuropeismo preconcetto e sguaiato rappresenta un'alternativa credibile. La democrazia diretta proclamata sui blog e l'autocrazia autoritaria praticata dal capo assoluto dei grillini non forniscono buone garanzie per le elezioni europee. Grillo urla la sua protesta ma non si comprende quali soluzioni fornisca alla crisi europea.

Il progetto socialista di Sinistra Europea è invece un'alternativa nuova e possibile, ma è ancora allo stadio della prima infanzia ed è attraversato da molte contraddizioni. Syriza potrebbe diventare il primo partito greco ma in Germania la Linke, pur avendo riscosso un buon successo alle recenti elezioni tedesche con il 9% dei voti, è spesso paralizzata dai contrasti. Sembra che anche il Partie de Gauche di Jean-Luc Mélenchon – che in Francia ha un potenziale del 10% circa dei voti - si sia autosospeso da SE in polemica con la riconferma di Pierre Laurent (il segretario del Pcf) a presidente di SE. SE ha comunque avanzato una candidatura credibile a presidente della Commissione Europea, quella del leader di Syriza Alexis Tsipras. Syriza è contro la tragica austerità inflitta dalla UE alla Grecia ma è decisamente a favore dell'unità dei popoli europei. In Italia la lista in via di formazione per Alexis Tsipras rappresenta la speranza di opporsi alla suicida politica d'austerità a senso unico, e di cominciare a costruire anche nel nostro paese una larga forza di sinistra d'alternativa autonoma e non subordinata al centrosinistra. Ma il tentativo è solo all'inizio e i contenuti sono in fase di continua elaborazione.

Sinistra Europea ed euro

Fatte queste premesse, per un osservatore esterno come il sottoscritto è opportuno focalizzare in maniera critica i problemi e le debolezze del programma economico e politico presentato recentemente da SE nel Quarto Congresso che si è tenuto a metà dicembre a Madrid
[1]. Il primo problema del programma del gruppo europeo è quello relativo al nodo dell'euro: ma proprio questa questione sarà ovviamente al centro della consultazione elettorale europea che si terrà a fine maggio. Se la posizione sull'euro - che (mercato unico a parte) è l'unica e vera (disastrosa) realizzazione dell'Unione Europea – sarà sbagliata, il gruppo della Sinistra Europea rischierà di perdere il suo elettorato potenziale, e quindi le elezioni, e in Italia la lista per Tsipras potrebbe anche non raggiungere il quorum. Un errore sulla questione centrale dell'euro significa infatti quasi certamente bucare le elezioni. Purtroppo, anche se molte analisi di SE sono condivisibili, le proposte di SE sulla crisi dell'euro non si distinguono molto da quella dei partiti socialisti tradizionali.

SE è nettamente contro il liberismo e per il welfare e la democrazia, e afferma chiaramente che l'euro - che ovviamente non è una semplice moneta, ma una politica monetaria ed economica centralizzata da poteri non eletti (Commissione UE e BCE) sotto la guida del governo tedesco - è fonte di ingiustizie e sottosviluppo per l'Europa, e che la UE così com'è rappresenta gli interessi delle elite finanziarie. L'euro non garantisce per nulla i due obiettivi per cui era nato, stabilità e sviluppo, anzi li contraddice. La UE porta avanti politiche che dividono e sottomettono i paesi europei. Di fronte al clamoroso fallimento dell'euro, SE sottolinea che occorre “non applicare le politiche di austerità, rifiutare di aderire ai trattati europei, e ripudiarli basandosi sulla sovranità popolare”. Questo per l'immediato. Per il futuro il suo programma invoca cambiamenti radicali dell'unione monetaria e riconosce che in molti paesi si discute legittimamente se uscire o no dall'euro. Ma conferma anche che “la Sinistra Europea non intende ritirarsi dall'euro dal momento che non produrrebbe automaticamente politiche più progressive. Il ritiro non risolverebbe il maggiore problema che è il ruolo dei mercati finanziari e del potere del grande capitale. Occorre una trasformazione dell'eurozona grazie a un cambiamento radicale dell'architettura dell'euro orientato a un'economia basata sulle esigenze sociali.... Questo riguarda cambiare il ruolo, lo status e i compiti della Banca Centrale Europea... basarla sul controllo popolare, dandole il potere di diventare il prestatore di ultima istanza …”.
[2]

Questo approccio mi sembra illusorio e sbagliato dal momento che non sembra possibile cambiare tutta l'architettura dell'euro, sottoscritta da molteplici trattati europei e dai diversi governi europei da Maastricht in poi, cioè dal 1992 in avanti. Riformare l'euro nella prossima legislatura europea è oggettivamente utopistico. La Germania – e non solo la Germania - non permetterà mai di rovesciare l'architettura dell'Unione Europea, perché questa è funzionale al suo benessere e alla sua egemonia. E senza l'appoggio della Germania ogni riforma della UE è da escludere. Inoltre, anche se la Merkel per magia – o a causa del precipitare della crisi - fosse costretta a cambiare completamente le sue posizioni, trasformare i trattati UE in senso riformista richiederebbe anni di trattative, negoziazioni, referendum, approvazioni parlamentari in tutti i paesi europei, ecc . E' impensabile che questo possa accadere.

E' invece molto più realistico proporre – come pure suggerisce SE – di rigettare i trattati sottoscritti, come quello del Fiscal Compact. SE si impegna anche a proporre di rinegoziare i debiti pubblici. Ma non basta. Occorre ritornare alla sovranità monetaria nazionale. La sinistra dovrebbe proclamare con forza che le politiche economiche delle nazioni europee devono essere decise dai popoli europei e dai loro governi liberamente eletti, e non dalla UE o dalla Germania, o dalla Troika (UE, BCE, FMI) e dalla speculazione internazionale. E' in gioco la democrazia, e non solo l'euro.

La possibilità di uscire dal tunnel di questo euro esiste. Occorre però uscire anche dal dilemma che finora ha bloccato ogni azione alternativa: rimanere intrappolati nella moneta unica o invece uscire in maniera unilaterale, rischiando però il disastro dell'economia nazionale e la rottura di tutta l'Unione Europea. L'alternativa c'è: convenire a livello UE il ritorno concordato alla sovranità monetaria, cioè alle monete nazionali con cambi fissi ma aggiustabili periodicamente; e abolire l'euro come moneta unica trasformandola invece in una moneta comune verso le valute extraeuropee
[3]. Una proposta analoga è stata fatta da uno statista e politico di lungo corso come Oskar Lafontaine. Il socialista Lafontaine, già presidente della potente SPD, e uno dei padri dell'euro e poi fondatore della Linke, ha suggerito che i paesi europei, Germania compresa, concordino l'uscita coordinata dall'euro prima del dissesto totale e di una rivolta generalizzata contro l'austera e suicida egemonia tedesca.[4]. Si tratta di riprendere e arricchire questa proposta approfittando delle tesi di J. M. Keynes. L'idea infatti non è solo quella di concordare la fine della moneta unica e di ritornare alle monete nazionali: occorrere anche creare un euro-bancor riprendendo il progetto Bancor già avanzato da Keynes a Bretton Woods[5]. Grazie a un sistema di compensazione multilaterale dei debiti e dei crediti commerciali in grado di comminare penalità simmetriche per i deficit e i surplus strutturali della bilancia dei pagamenti dei diversi paesi, il commercio nell'area euro potrebbe aumentare in maniera equilibrata con soddisfazione di tutti. Debiti e crediti troverebbero una tendenziale compensazione. Il nuovo euro-bancor sarebbe composto da un "paniere" delle monete nazionali europee. La valuta comune gestita dalla BCE sarebbe utilizzata per tutte le operazioni con i paesi extraeuropei e rappresenterebbe una barriera contro la speculazione del mercato monetario internazionale.

Questa proposta keynesiana offre tre vantaggi sostanziali: 1) sarebbe facilmente comprensibile e condivisibile dall'opinione pubblica e potrebbe diventare la leva del successo per vincere le elezioni. Infatti il sentimento popolare è ormai contrario alle politiche economiche della UE, anche se non è avverso all'unità europea. Invece rimanere nell'euro e proporre di non rispettare i trattati UE, come suggeriscono SE in Europa e Rifondazione Comunista in Italia, è non solo contraddittorio, ma provoca grande confusione e sconcerto presso l'opinione pubblica, e potrebbe fare perdere le elezioni. 2) smantellare la moneta unica e ritornare alle monete nazionali non porrebbe vincoli costituzionali alla Germania, che forse ritornerebbe anche volentieri al marco per non rischiare di pagare i debiti altrui. Al contrario ogni progetto di riforma della UE e dell'euro cozza contro il fatto che la Germania ha (giustamente) vincoli costituzionali nel cedere sovranità alle istituzioni sovrannazionali, e che non vuole pagare la solidarietà verso gli altri paesi; 3) Il terzo vantaggio è che l'Euro sarebbe però mantenuto come moneta comune europea, e quindi non distruggerebbe l'Europa unita ma costituirebbe la nuova piattaforma per rilanciarla su nuove basi rispettose della democrazia e delle sovranità nazionali. La fallimentare moneta unica del dirigismo finanziario europeo scomparirebbe. Ma l'euro come moneta comune sarebbe la base per riproporre una nuova solidarietà europea. E il progetto di Keynes potrebbe trovare buon ascolto anche presso i settori più avanzati del centrosinistra europeo. E' quindi effettivamente realizzabile.

Sinistra Europea e Unione Europea

La battaglia contro la moneta unica è necessaria, ma non basta. Occorre anche capire quale Unione Europea si vuole. Sinistra Europea non intende dare fiato ai nazionalismi regressivi ma punta a rifondare la UE contro l'attuale Europa neoliberista e ultramonetarista.. Vuole dare più potere al Parlamento Europeo che attualmente conta pochissimo ma che dovrebbe essere il pilastro della nuova Unione. E questo è senz'altro giusto. Per riformare l'Europa è pronta a sottoscrivere alleanze con il centrosinistra ma senza subordinazioni di sorta. Anche questo è giusto. Ma chi scrive non comprende se SE voglia un'Europa federata o invece confederata. SE non sembra esprimersi in maniera chiara su questo punto cruciale, se cioè l'Unione Europea si fonderà innanzitutto sulle democrazie e sui parlamenti nazionali o se invece dovrà diventare la guida sovranazionale dell'Europa come il governo federale degli Stati Uniti d'America.

Che il Parlamento europeo debba avere maggiori ed effettivi poteri decisionali è fuori di dubbio. Però andrebbe anche detto con chiarezza che attualmente gli Stati Uniti di Europa, per quanto siano un nobile ideale concepito da personalità straordinarie, come Mazzini, Churchill e Spinelli, non sono attualmente proponibili. Semplicemente non esistono le condizioni storiche, culturali, democratiche, politiche ed economiche per la federazione europea. Non esiste una lingua comune, una storia comune tra i paesi scandinavi, del centro e del sud Europa, tra quelli dell'ovest e quelli dell'est Europa ex comunista, non esiste una opinione pubblica europea in grado di fare circolare idee e dibattiti comuni – dalla Finlandia alla Spagna, dalla Lettonia alla Polonia e al Portogallo, dalla Francia alla Svezia e all'Italia –, non esistono veri partiti europei, non esiste una politica sociale e fiscale comune, non esiste un bilancio autonomo europeo, non esistono istituzioni democratiche efficienti e di garanzia a livello europeo, non esistono stampa e tivù paneuropee, non sono radicate azioni sindacali comuni. Non esistono politiche internazionali e di difesa comuni, anzi gli interessi internazionali di Germania, Francia, Italia e UK divergono sempre di più. Gli Stati Uniti dei 27 paesi europei sono allo stato attuale oggettivamente impensabili.

Il federalismo europeo può restare come ideale e direzione di marcia nel lunghissimo periodo – quando saremo quasi certamente tutti morti - ma allo stato attuale occorre prendere atto della realtà e non sognare. La politica non è solo utopia ma anche sano realismo. Chiedere “più Europa” quando l'Europa è dominata da un solo paese (che per di più non vuole la cooperazione europea) significa in pratica concedere ancora più potere a organi e strutture non democratiche che rappresentano sostanzialmente gli interessi della grande finanza e dei paesi più ricchi, quelli creditori, Germania in testa. Non bisognerebbe, magari con buone intenzioni e in nome dell'unità europea, favorire la centralizzazione del potere nella UE e nella BCE sperando di riformarle e di farle diventare più democratiche. A questa Europa occorre invece innanzitutto togliere potere e dare più democrazia. L'Europa democratica può essere rifondata passo per passo solo se rispetta pienamente le autonomie e le democrazie nazionali e se non le prevarica. In questo senso chiedere oggi, come fanno per esempio SEL e RC in Italia, l'Europa federata può essere controproducente e antidemocratico, e può portare alla rovina il faticoso e lungo cammino verso la costruzione europea.

Ci sono molti ottimi aspetti della proposta della Sinistra Europea. Il suo programma comprende diritti sociali, civili e politici assolutamente condivisibili. Altri aspetti convincono di meno. Per esempio manca la proposta del reddito garantito, mentre c'è quella del salario minimo, che però riguarda solo i lavoratori già occupati. La proposta di uscire dalla Nato non risolve per nulla il problema della difesa europea. Il timbro ideologico dei documenti politici di SE è in generale più comunista che socialista, anche se è molto aperto verso le libertà democratiche e civili che un tempo sarebbero state definite “borghesi”. I lavoratori della conoscenza e il ceto medio non vengono però neppure citati come fronte sociale progressista su cui basare la propria politica. Il problema cruciale della democrazia economica è solo accennato. Ma la vera e grande questione da affrontare è, come abbiamo detto, quella dell'euro e della UE.

E' possibile che in Grecia sia stato opportuno non proporre l'uscita dall'euro, anche perché il bilancio pubblico del piccolo paese era irrimediabilmente disastroso, la speculazione colpiva duramente, e perché la Grecia è un paese importatore. La Grecia ha cercato di salvarsi con la UE. Ma le condizioni di ogni paese europeo sono diverse e specifiche. L'Italia per esempio è un grande paese esportatore che non può sopportare il fiscal compact, che non può essere salvato dalla UE in caso di crisi verticale, e che, secondo alcuni studi, potrebbe invece guadagnare dall'uscita dall'euro e dalla conseguente svalutazione. La proposta di concordare insieme a livello europeo il ritorno alle monete nazionali appare perciò essere la più efficiente, la più plurale e la più democratica. Sinistra Europea si propone di affrontare nuovamente il problema dell'euro: è auspicabile che la proposta keynesiana di una moneta comune, l'euro-bancor, possa guadagnare consenso.

NOTE
[1] Vedi European Left Programatic Platform, Escaping from austerity, rebuilding Europe; e Congress Draft Political Document. Unite for a Left Alternative in Europe, IV CONGRESS Madrid, 13-15 December 2013. Ambedue i documenti si trovano nel sito http://www.european-left.org/
[2] Vedi Congress Draft Political Document. Unite for a Left Alternative in Europe, già citato.
[3] Enrico Grazzini, Micromegaonline “Da moneta unica a valuta comune: una terza via per superare l’Euro”, 27 dicembre 2013
[4] Enrico Grazzini, Micromegaonline, “Lafontaine e la trappola dell’euro”, 21 maggio 2013.
[5] John Maynard Keynes “Eutopia. Proposte per una moneta internazionale”, a cura di Luca Fantacci, et al./edizioni, 2011

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