di Andrea fabozzi, da Il Manifesto
Si dimostra la capacità di coalizione del leader dei moderati,
rispetto al cannibalismo del Pd». Non è proprio una citazione
dotta — viene dal Mattinale, l’eccitata newsletter di Renato
Brunetta — ma riassume bene i primi effetti sul quadro politico
della riforma elettorale in corso. A destra si stringono a coorte;
dall’altra parte Renzi resta con un solo alleato — Vendola — che appare
anche scontento e minaccioso. Ma per il segretario Pd va tutto
bene, è solo la sua strategia all’opera. «Vanno conquistati gli
elettori, non i leader», scrive nel pomeriggio su twitter. Ma due
sondaggi di giornata — uno dell’Ipsos, uno di Euromedia — lo
smentiscono, segnalando che con l’aggiunta di Casini il
centrodestra raggiunge il 37% e dunque con il nuovo sistema
elettorale potrebbe vincere le politiche già al primo turno.
È un #nuovofilm, lancia l’hashtag Matteo Renzi,
eppure sembra tanto il film già visto nel 2008, subito dopo la
vittoria di Walter Veltroni alle primarie Pd. Prima l’abboccamento
con il Cavaliere per la riforma elettorale che mise in crisi il
governo di centrosinistra (Prodi) in carica, poi la «vocazione
maggioritaria» che chiuse alla sinistra. Il finale è noto e non
lieto: Berlusconi al massimo storico, quasi dieci punti sopra il Pd.
L’esperienza insegna, dunque le probabilità che Sel si sfili
dall’alleanza con i democratici sono praticamente inesistenti,
anche se Vendola è costretto a ricordare che «l’alleanza è tutta da
costruire, se la questione è che noi dobbiamo fare i portatori
d’acqua potremmo fare anche altro». Minaccia timida e pure obbligata,
di fronte a una legge elettorale che prevede uno sbarramento al
momento fuori dalla portata di Sel e anche l’assurdo corollario del
trasferimento dei voti dai «piccoli», rimasti fuori dal
parlamento, ai grandi, premiati con seggi omaggio. È vero che si sta
discutendo di una clausola che, così come avviene nel Porcellum
oggi in vigore, può salvare il miglior perdente nelle coalizioni:
Sel a quel punto potrebbe farcela, superando però quella parte dei
centristi destinata a legarsi a Renzi. Ma il segretario del Pd per
il momento è liquidatorio: «Sel dovrà fare lo sforzo per superare lo
sbarramento». Lo sbarramento al momento del 4,5%, che però può
scendere.
Non scenderà invece l’altro sbarramento, ancor
più alto e distorsivo del sistema proporzionale, l’8% previsto per
chi corre fuori dalle coalizioni. Motivo per cui Casini si è deciso
a tornare nel centrodestra, immaginando di costruire con Alfano un
polo moderato in grado di contendere la leadership al Cavaliere.
E se non la leadership, di certo la premiership, Berlusconi
essendo messo fuori gioco dalla legge Severino e dall’interdizione.
Così Alfano mette condizioni per il ritorno, chiede le primarie
esattamente come le chiese, ma solo per una settimana, prima delle
ultime elezioni. Gli rispondono male i suoi tenti nemici del
centrodestra, e preparano una pessima accoglienza anche a Casini —
al solito a colpi di titolacci del Giornale. Anche perché i vecchi
«falchi» del Pdl, oggi «lealisti» in Forza Italia, stanno già
faticando a mandar giù la promozione dell’ultimo arrivato, l’ex
direttore dei Tg Mediaset Giovanni Toti. Valgono le parole spicce di
Daniela Santanchè: «Casini è il politico più sopravvalutato della
storia italiana, è un bluff». E Berlusconi, al solito, deve
intervenire. Smentendo, ancora al solito, il suo circolo più stretto
e il giornale che fa pubblicare. Diffonde una nota scritta: «In
questi giorni non ho condiviso gli attacchi a Pierferdinando
Casini, il cui ritorno nell’area dei moderati è da sempre stato da me
auspicato e del quale non posso che esserne lieto». Ma è chiaro, il
gioco andrà avanti così, tra blandizie e richiami all’ordine. Anche
questo un film già visto, che Casini non può dire di non conoscere.
Magari stavolta spera di avere un ruolo più importante.
Così l'Italicum di Renzi ricompatta il centrodestra
Chissà se Matteo Renzi, quando è andato a trattare con Berlusconi sull’Italicum, immaginava che le sue manovre sulla legge elettorale avrebbero messo in moto una reazione a catena capace (almeno stando ai sondaggi di questo periodo) di consegnare la vittoria ad un nuovo centrodestra (non quello di Alfano, ovviamente, ma quello che vede insieme Forza Italia, Lega, alfaniani e, a gran richiesta, Casini) redivivo e più forte che pria. Se non lo ha fatto, rischia di pagarne amare conseguenze.Il ritorno del figliol prodigo centrista nella casa di Berlusconi non è frutto del caso. Nel momento in cui, infatti, con l’Italicum elaborato dal duo Renzi-Berlusconi le possibilità di veder nascere un terzo polo moderato vengono spazzate via (l’unico in grado di reggere l’urto dello sbarramento sarebbe Grillo), al furbo Casini è balzato subito agli occhi che l’unico modo per sopravvivere (politicamente parlando) è lasciare al suo destino Scelta civica (progetto di fatto fallito) e allearsi con l’amico-nemico (facendo oltretutto tirare un bel sospiro di sollievo Oltretevere). Con il che la vittoria di Berlusconi alle prossime elezioni addirittura al primo turno diventa molto più concreta.
E al Cavaliere, che è uomo pragmatico, la cosa garba molto. Garba a tal punto da mettere la sordina alle reazioni non esattamente di giubilo che dentro Forza Italia (da Carfagna a Santanché a Fitto alGiornale) hanno accompagnato il “ritorno” di Casini. E così Berlusconi scende personalmente in campo per difenderlo: «In questi giorni non ho condiviso gli attacchi a Pierferdinando Casini, il cui ritorno nell’area dei moderati è da sempre stato da me auspicato e del quale non posso che esserne lieto, ritenendo che anche il suo movimento potrà offrire un reale contributo alla vittoria del Centrodestra». La sostanza, insomma, è questa. E ben lo sa Alfano (probabilmente non colto di sorpresa) che accoglie Casini a braccia aperte: «Gli diciamo di cuore un bentornato nel centrodestra e tra le forze politiche alternative alla sinistra. Siamo pronti a lavorare in questa direzione e crediamo che questa sia una direzione che può rafforzare il centrodestra italiano e portarlo a vincere contro la sinistra alle prossime elezioni politiche».
La mossa di Casini rinvigorisce il centrodestra e al contempo manda in subbuglio la squadra parlamentare di Scelta Civica, ancora raccolta intorno a Mario Monti dopo l’uscita dei «governativi» che hanno fondato i Popolari per l’Italia. Linda Lanzillotta, senatrice di Sc, ha detto chiaro e tondo che la mossa di Casini era preannunciata e ha chiesto agli scissionisti se se la sentono di tornare sotto l’ala protettrice del Cavaliere. Andrea Oliviero e Lorenzo Dellai, leader dei popolari per l’Italia, rispondono enigmatici: «Decideremo quando la rivelazione di Casini sarà assunta come ragionevolmente definitiva».
Si vedrà. Certo è che l’Italicum, prima ancora di essere ufficialmente legge, sta già ricompattando il centrodestra attorno a Berlusconi, mentre nel campo del centrosinistra provoca divisioni, persino all’interno del Pd. Il tutto mentre Renzi prosegue sulla strada veltroniana di fare terra bruciata a sinistra: con chi farà alleanze quando si tratterà di raggiungere il 37 per cento? O pensa di fare tutto da solo?
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