Il
patto Berlusconi-Renzi sulla legge elettorale resiste, anche se ci
sono stati 101 franchi tiratori (Stavolta non tutti del Pd. Neanche
l’altra). Ma resiste, senza altrettanto clamore, anche il patto
Berlusconi-Alfano (Nuovo Centrodestra e Forza Italia si sono divisi
solo perché così prendono più voti. Tanto che anche nel Pd c’è chi
vorrebbe dividersi in un partito di centro e uno di destra), grazie
al quale tornano le contestate «candidature multiple» che
consentono ai diversamente berlusconiani di candidarsi in otto
collegi diversi per essere sicuri della rielezione.
Bocciate le primarie obbligatorie
per legge, anche dai Cinquestelle (Grillo si era già espresso ai tempi
delle primarie Pd: «Non capisco perché spendere due euro per farsi
prendere per il culo». Quando ci sono qui io che lo faccio gratis).
Bocciate le preferenze perché
«favoriscono la corruzione», pure se non è stato eletto con le
preferenze il senatore De Gregorio, che ha confessato ai
magistrati di essere stato pagato da Berlusconi per silurare Prodi
(il che dovrebbe bastare a rendere Berlusconi incompatibile con il
Pd, che Prodi lo ha silurato gratis).
Bocciata — con grande scandalo del Pd —
la parità di genere: anche dai Cinquestelle (per loro «Uno vale
Una»). Approvata la soglia del 37 per cento dei voti per ottenere il
55 per cento dei seggi (ancora incerti se sostituire direttamente la
scheda elettorale con un gratta e vinci, che secondo il parere
dell’ufficio legislativo di Forza Italia potrebbe essere meno
incostituzionale), e quelle per lasciare fuori dal parlamento i
«piccoli partiti» sotto all’8 per cento e le coalizioni sotto al 12
per cento, ossia lasciare fuori dal parlamento i piccoli milioni di
elettori — tipo il doppio di quelli che hanno votato Renzi alle
primarie — senza che la cosa scandalizzi il Pd, favore alla parità
di genere «per garantire la rappresentanza» delle donne. Incappando
in un’altra, vistosa, contraddizione: giusto volere le quote rosa
in un paese all’80esimo posto su 135 nella classifica delle nazioni
con meno discriminazioni di genere e al 101esimo posto per
partecipazione delle donne alla vita lavorativa (ci avviciniamo
allo Yemen: un altro po’ e vinciamo il Burqa di legno), ma non ci si
può nascondere dietro alla parità al governo (dove le donne sono meno
di un terzo, se conti i sottosegretari) se tra queste c’è alla
Sanità una donna favorevole alla Legge 40 (che poi, se sei contraria
alla fecondazione eterologa, come puoi essere favorevole alla
nascita del governo Pd-Ncd?).
Non bastano le quote rosa in un paese
dove — con voto favorevole del Pd — viene approvato il congedo
parentale obbligatorio come in Svezia, solo che lì viene richiesto
ai neo-papà di accudire il neonato per due mesi, qui per un giorno
(di più, pensò Monti, un neonato non può restare con lo stesso
pannolino). O dove le donne sono costrette agli aborti clandestini
perché l’80 per cento dei medici, in ossequio al Vaticano, sono
obiettori di coscienza.
Fortuna che questo Papa è un
rivoluzionario: il suo consigliere, cardinale Walter Kasper,
vuole dare l’ostia ai divorziati. Già pronto lo slogan: «Comunione
e Liberazione».
FRANCESCA FORNARIO
da il manifesto
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