venerdì 7 marzo 2014

Obamovich, l’amerikano Di ilsimplicissimus


ObamaBisogna ammetterlo, Berlusconi è un genio inconsapevole. Quando diede ad Obama dell’abbronzato tanto per fare un po’ di squallida ironia così apprezzata dal suo popolo, aveva evocato una realtà che si è sempre più concretizzata: il primo presidente nero a Washington rappresentava una novità e un progresso solo all’interno degli Usa, ma quasi per nulla all’esterno, nonostante le accoglienze entusiastiche delle folle europee o africane e quel premio nobel per la Pace che ora grida vendetta. Era il risultato di un profondo cambiamento etnico della popolazione americana e delle sue esigenze, l’espressione di una retorica peculiare, ma senza la volontà di scalfire di un millimetro la politica imperiale bianca, anzi dandole ancora più mano libera per conseguire  alcuni risultati interni.
Tutta la vicenda siriana, i fatti di Libia di Egitto e ora dell’Ucraina lo dimostrano. E così come a suo tempo erano state evocate le armi di distruzioni di massa per distruggere l’Irak o la partecipazione dei talebani di Kabul all’11 settembre per invadere l’Afganistan anche Obama non si sottrae alla macchina delle menzogne. Dopo aver organizzato il golpe a Kiev, ora dice che il referendum per l’annessione alla Russia della Crimea “non rispetta la Costituzione”, “violerebbe la legge” e ” non coinvolge il governo legittimo ucraino”. Ora ci sarebbe da chiedersi a quale costituzione si riferisca Obama: a quella che c’era fino a tre settimane fa per la quale un referendum è perfettamente fattibile? A quale legge visto che il nuovo parlamento Ucraino, comunque illegittimo perché non eletto da nessuno, non ha legiferato in merito? La democrazia, quella vera, ha delle regole che non possono essere sovvertite: un Parlamento e un governo non eletti non possono acquistare legittimità perché Obama e la Merkel lo riconoscono dopo averlo creato.
E poi l’assoluto grottesco di aver giustificato il golpe a Kiev in nome di una confusa e vaneggiante autodeterminazione dei popoli, per poi negare lo stesso principio per il referendum in Crimea. Chissà, forse la costituzione ucraina non prevedeva che il potere potesse passare di mano con un colpo di stato perpetrato da truppe paramilitari. E tuttavia non ci è risparmiata la farsa delle sanzioni alla Russia, colpevole del fatto che la stragrande maggioranza degli abitanti della Crimea è russa e non vuole più appartenere a un Paese dove sono stati cancellati i diritti delle minoranze. Ma non sono queste anguillesche giravolte attorno all’evidenza che inquietano, è ciò che ci sta dietro: la totale sovrapposizione della Nato all’Europa dentro un paradigma da guerra fredda che non riesce a cambiare i suoi dogmi. Ma soprattutto il tentativo sempre più scoperto degli Usa di mantenere la preminenza mondiale attraverso lo strumento militare in un universo sempre più multipolare, nel quale i 320 milioni di americani, nonostante le bolle per tenere altissimi i consumi, sono destinati a perdere la centralità economica.
L’Europa in questo quadro ha da molto tempo perso l’occasione di essere un occidente alternativo e dall’inizio della crisi non interpreta più nemmeno la parte del poliziotto buono: è sempre più indistinguibile da un’appendice amerikana con la classica kappa e sarà completamente assorbita dopo il varo del patto transatlantico che decreterà in via definitiva il governo della finanza e delle multinazionali. Saremo solo una grande ucraina.

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