L'INTERLOCUTORE SIGNIFICATIVO ! di Marco Travaglio
Chi pensava di essersi liberato
di B. – sono vent’anni, da quando Bossi rovesciò il suo primo governo,
che ogni tanto qualcuno salta su a darlo per morto – sarà sorpreso
nell’apprendere che non solo B. è vivo e lotta insieme a noi, anzi a
loro. Ma si è addirittura sdoppiato. Da ieri non c’è più un solo
Caimano: ce ne sono due. Date un’occhiata ai giornali e ai telegiornali,
che parlano del suo ruolo centrale nella riforma del Senato nelle prime
pagine e delle rivelazioni di Emilio Fede sulla sua mafiosità nelle
ultime, e dite se non è così.
Finora la stampa di regime si regolava dividendo B. in due: dalla
cintola in su il politico, lo statista, insomma il padre costituente;
dalla cintola in giù il pregiudicato, il plurimputato, l’amico dei
mafiosi, il piduista, il puttaniere (dalla cintola in giù, appunto),
insomma il padre prostituente. Bastava aggiungere che “un conto sono i
processi, un altro le riforme” e che “bisogna separare la giustizia
dalla politica” e il gioco era fatto: a saperlo prima, Vito Ciancimino
sarebbe diventato presidente della Repubblica, ma purtroppo per lui non
ci aveva pensato, o forse era nato nell’epoca sbagliata. Dall’altroieri
però tutto è cambiato. E dal Berlusconi dimezzato siamo passati al
Berlusconi raddoppiato. Ora sono due soggetti a se stanti, che vivono
vite parallele ma separate, sia pure con la stessa faccia, la stessa
statura, lo stesso fard, la stessa asfaltatura, gli stessi tacchi, gli
stessi soldi, la stessa fidanzata. L’annuncio l’ha dato, con la dovuta
solennità, Giorgio Napolitano comunicando ai giornalisti, al governo e
al Parlamento che urge una bella “riforma della giustizia condivisa” con
l’“interlocutore significativo”. Tra i vari soprannomi che hanno
accompagnato la carriera criminal-imprenditorial-politica di B. mancava
giusto questo.
Sbaglia Emilio Fede a definirlo “soldi mafia mafia soldi”. E
sbagliava il suo legale Niccolò Ghedini a immortalarlo come
“utilizzatore finale” di mignotte. Il termine giusto da usare è
“interlocutore significativo”. Che tra l’altro è un soprannome multiuso,
evergreen, per tutte le stagioni, i gusti, i palati e anche gli
stomaci: uno può essere interlocutore significativo di Mangano, ma pure
di Ruby o della D’Addario, ma pure di Renzi e Napolitano. La stampa,
come in ogni regime che si rispetti, ha subito preso buona nota del
super-monito presidenziale e ha prontamente obbedito. Il più raffinato è
il Corriere della Sera. Pagina 1: “Spinta di Napolitano per le
riforme”. Pagina 16, in basso a sinistra: “Fede intercettato:
‘Berlusconi, Dell’Utri sa e mangia’”. Non una parola, nei titoli, sul
concetto di “mafia” o di “Mangano”, altrimenti poi nei lettori sorge il
sospetto che questo Berlusconi sia lo stesso che riforma il Senato e
prossimamente la Giustizia. Il Giornale: “Lo dice persino Napolitano: la
riforma della giustizia va fatta.
Il capo dello Stato plaude al Cavaliere per le frasi sulla
‘magistratura equilibrata e rigorosa’” (quella che l’ha assolto).
Nemmeno una riga sulle parole di Fede, se no magari qualche lettore si
domanda se questo Fede sia una toga rossa, un giornalista del Fatto,
oppure quello del Tg4. I tg, a parte Mentana su La7, sopiscono e
troncano, ma soprattutto tengono a debita distanza il B. riformatore dal
B. mafiatore. Tutti poi insistono sulle frasi rubate a Fede dal suo
personal trainer (conversazioni dove uno può benissimo straparlare o
millantare) e sorvolano sull’interrogatorio di Fede dinanzi ai pm di
Palermo (dove il giornalista, sotto giuramento, prim’ancora che gli
vengano contestate le sue chiacchiere con l’allenatore, mette a verbale
di aver visto e sentito B., già in politica, raccomandare a Dell’Utri di
aiutare economicamente Mangano e la sua famiglia. Una testimonianza
importantissima – ben più delle bobine – sul fatto che la trattativa
Stato-mafia non s’è mai interrotta, neppure dopo l’ultimo e definitivo
arresto di Mangano nel ’95 e nemmeno dopo la sua morte nel 2000. Ecco:
questo non si deve assolutamente sapere (…)
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