giovedì 4 settembre 2014

Nato, il sipario di guerra aperto su due fronti

Vertice in Galles. Non solo Ucraina. All’ordine del giorno anche l’aumento della spesa militare dei paesi alleati: l’Italia spende già 70 milioni di euro al giorno
 
11Si apre oggi a New­port nel Gal­les il Sum­mit dei capi di stato e di governo dei 28 stati della Nato, che pren­derà «deci­sioni chiave su come affron­tare le attuali e future sfide alla sicu­rezza», attri­buite alla «aggres­sione mili­tare della Rus­sia con­tro l’Ucraina» e alla «cre­scita dell’estremismo e della con­flit­tua­lità set­ta­ria in Medio Oriente e Nord Africa».
Un Sum­mit «cru­ciale», attra­verso cui gli Stati uniti, che con­ser­vano l’indiscussa lea­der­ship nella Nato, mobi­li­tano gli alleati euro­pei con­tem­po­ra­nea­mente su due fronti di guerra.
In Europa, in poco più di sei mesi, è sal­tata la «disten­sione» e si è ritor­nati a una situa­zione per certi versi più peri­co­losa di quella della guerra fredda. Come è potuto acca­dere? Per capirlo, occorre rian­dare al momento in cui, nel 1991, la scom­parsa dell’Urss e del suo blocco di alleanze crea nella regione euro­pea una situa­zione geo­po­li­tica inte­ra­mente nuova. Gli Stati uniti, rima­sti l’unica super­po­tenza, cer­cano di trarne il mas­simo van­tag­gio, varando una nuova stra­te­gia in cui dichia­rano «di fon­da­men­tale impor­tanza pre­ser­vare la Nato quale canale dell’influenza sta­tu­ni­tense negli affari della sicu­rezza euro­pea». A tal fine occorre «impe­dire la crea­zione di dispo­si­tivi di sicu­rezza uni­ca­mente euro­pei, che mine­reb­bero la Nato» (Defense Plan­ning Gui­dance).
Con­tem­po­ra­nea­mente, men­tre usano la Nato per man­te­nere la loro lea­der­ship sull’Europa occi­den­tale, gli Usa se ne ser­vono per andare alla con­qui­sta di quella orien­tale. Demo­lita con la guerra la Jugo­sla­via, la Nato si estende a est, inglo­bando tutti i paesi dell’ex Patto di Var­sa­via, due della ex Jugo­sla­via e tre dell’ex Unione sovie­tica. Entrando nella Nato, i paesi dell’Est ven­gono a dipen­dere più da Washing­ton che da Bru­xe­lIes. Qual­cosa però inceppa il piano di con­qui­sta: con­tra­ria­ria­mente a quanto pre­vi­sto, la Fede­ra­zione russa si riprende in gran parte dalla crisi del dopo guerra fredda, stringe cre­scenti rela­zioni eco­no­mi­che con l’Unione euro­pea, for­nen­dole il grosso del gas natu­rale, e apre nuovi sboc­chi com­mer­ciali con la Cina e altri paesi asiatici.
Ciò mette in peri­colo gli inte­ressi stra­te­gici sta­tu­ni­tensi. È a que­sto punto che scop­pia la crisi in Ucraina: dopo aver assunto con un lavoro di anni il con­trollo di posi­zioni chiave nelle forze armate e adde­strato i gruppi neo­na­zi­sti, la Nato pro­muove il putch di Kiev. Costringe così Mosca a muo­versi in difesa dei russi di Ucraina, espo­nen­dosi alle san­zioni: una lama a dop­pio taglio, in quanto le con­tro­san­zioni russe dan­neg­giano l’Unione euro­pea, faci­li­tando il piano della part­ner­ship tran­sa­tlan­tica per il com­mer­cio e gli inve­sti­menti attra­verso cui Washing­ton cerca di accre­scere l’influenza sta­tu­ni­tense sulla Unione europea.
Nello stesso tempo, sotto la guida degli Stati uniti, la Nato estende la sua stra­te­gia al Nord Africa e Medio Oriente, e oltre fin sulle mon­ta­gne afghane e nella regione Asia/Pacifico.
L’obiettivo stra­te­gico resta quello enun­ciato nella Defense Plan­ning Gui­dance: «Il nostro primo obiet­tivo è impe­dire che qual­siasi potenza domini una regione le cui risorse sareb­bero suf­fi­cienti a gene­rare una potenza glo­bale». Oggi soprat­tutto in Asia, dove – sulla scia degli accordi russo-cinesi, che vani­fi­cano le san­zioni occi­den­tali con­tro la Rus­sia apren­dole nuovi sboc­chi a est – si pre­fi­gura la pos­si­bi­lità di una unione eura­sia­tica in grado di con­tro­bi­lan­ciare quella Usa-Ue. La demo­li­zione della Libia con la guerra, l’analoga ope­ra­zione lan­ciata in Siria (e non ancora riu­scita), il rilan­cio della guerra in Iraq, l’uso a dop­pio taglio di for­ma­zioni isla­mi­che (soste­nute per abbat­tere i governi presi di mira, usate quindi per giu­sti­fi­care altri inter­venti armati) rien­trano nella stra­te­gia Usa/Nato.
Dove ci porta tutto que­sto? In altre guerre, in sce­nari sem­pre più peri­co­losi di con­fronto tra potenze nucleari. In una acce­le­ra­zione della corsa agli arma­menti e, di con­se­guenza, della spesa mili­tare. Uno dei punti all’ordine del giorno del Sum­mit che si apre oggi a Car­diff nel Gal­les è quello che i paesi della Nato deb­bano «spen­dere la giu­sta quan­tità di denaro per dotarsi di forze a spie­ga­mento rapido, migliore adde­stra­mento e arma­menti moderni».
Si pro­spetta dun­que un aumento della spesa mili­tare: quella ita­liana, secondo i dati uffi­ciali dell’Alleanza atlan­tica, ammonta a 56 milioni di euro al giorno, più la spesa per le mis­sioni mili­tari all’estero e altri stan­zia­menti extra-budget, che secondo il Sipri por­tano la spesa mili­tare effet­tiva dell’Italia a quasi 70 milioni di euro al giorno.
MANLIO DINUCCI
da il manifesto

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