sabato 11 ottobre 2014

Attivisti polacchi all’avanguardia di una possibile rinascita della sinistra nell’Europa orientale


Slawomir Sierakowski
Slawomir Sierakowski
 
La sua posizione d’angolo era imbattibile. Ma il Caffè del Nuovo Mondo ha lottato con una forte concorrenza sulla via principale più Varsavia: un costoso fornaio francese, un ristorante sushi di tendenza e il famoso Café Blickle, che aveva cominciato a servire caffè e pasticcini molto prima della prima guerra mondiale. Inoltre, come ammettevano anche i suoi difensori più appassionati, il cibo presso il Nuovo Mondo, anche se relativamente a buon prezzo, non era esattamente uno dei posti preferiti per mangiare.
Le migliaia di clienti affluite nel caffè dopo la sua apertura nel 2009 vi si sono recate per un motivo diverso: conversazioni ed eventi di prima scelta. Il caffè e centro culturale favolosamente di successo è stato un magnete intellettuale. E i cervelli che stavano dietro il corrispondente polacco del Les Deux Magotso non erano né imprenditori alternativi né espatriati esperti. I proprietari, invece, erano imperterriti devoti della teoria critica e della politica di sinistra, il tutto condito con un mordente senso dell’umorismo. Il nome distopico del caffè, esso stesso una critica all’”Eden” post-comunista della Polonia, è stato anche un’ironia sulla sua posizione sulla Via del Nuovo Mondo.
Una simile combinazione di caffeina, critica e di scaltra comicità avrebbe certamente attirato folle nell’East Village o sulla Left Bank. Ma questa era la Polonia, dove la sinistra ufficiale aveva almeno due strali storici contro: l’associazione con il comunismo prima del 1989 e un abbraccio del capitalismo dell’austerità negli anni a gogo successivi.
I proprietari del caffè, un gruppo di intellettuali attivisti che si definiscono Krytyka Polityczna (Critica Politica) rappresentano una nuova generazione di sinistra in Polonia. Krytyka non è compromesso in alcun collegamento con lo stalinismo e non è interessato a creare un partito politico per contrastare il partito post-comunista del paese. La nuova sinistra della Polonia ha ambizioni molto più vaste. Dal debutto del suo giornale eponimo nel 2002 alla sua collaborazione con la controversa offerta della Polonia alla Biennale di Venezia del 2011, Krytyka ha reso in qualche modo attraente la sinistra in Polonia. Ha anche ispirato attivisti altrove nella regione ad accogliere il suo richiamo.
Nell’Europa centro-orientale è certamente arrivata l’ora di una sinistra indipendente. Gli elettori si sono ribellati a successive ondate di misure d’austerità eleggendo una dirigenza socialdemocratica in molti paesi, tra cui la Repubblica Ceca, la Slovacchia, la Croazia e la Slovenia. L’anno scorso studenti, ambientalisti e altri attivisti della società civile hanno tenuto la Bulgaria in uno stato pressoché costante di dimostrazioni contro la corruzione politica ed economica. I progressisti dell’intera regione si sono annualmente riuniti, dal 2008, nel Festival Sovversivo della Croazia per discutere della rinascita di una robusta sinistra indipendente.
Sfortunatamente la stessa delusione per l’economia neoliberista e per la corruzione politica che ha reso popolari Krytyka e i suoi cugini regionali ha gonfiato anche i ranghi dell’estrema destra. Partiti di estrema destra come Jobbik in Ungheria e Ataka in Bulgaria hanno avuto un’impennata nei parlamenti con la loro economia anti-elitaria e il loro populismo razzista. Teste rasate e paramilitari disciplinati hanno attaccato Rom, turchi etnici e altre minoranze. Un po’ più a est, Svoboda e il Settore Destro sono serviti da truppe d’assalto per le proteste Euromaidan in Ucraina.
Mentre l’estremismo nazionalista guadagna popolarità in tutta l’Europa centro-orientale, il messaggio di speranza in tempi duri di Krytyka può rubare la scena alla destra e appellarsi ai milioni di europei resi orfani dalla crisi economica?
I critici non sono sicuri che Krytyka sia ciò che tutti attendevano. Sostengono che il movimento ha mancato l’occasione di tradurre la sua visibilità in reale influenza politica. Il Caffè del Nuovo Mondo ha chiuso nel 2012 in seguito a una decisione molto contestata delle autorità municipali e alcuni dei circoli minori in giro per la Polonia sono scomparsi. E il giovane il cui nome è così legato alla breve storia di Krytyka non è più al centro della vita dell’organizzazione.
Persino intellettuali scettici della teoria storica del Grande Uomo riconoscono il ruolo smisurato svolto dal fondatore di Krytyka, Slawomir Sierakowski. Nel corso di un decennio Sierakowski è balzato in primo piano come attuale, attivista e figura pubblica. Ha poco più di trent’anni, un’aria tuttora da ragazzo con i suoi corti capelli biondi e gli occhiali: un Harry Potter polacco che per i suoi incantesimi usa il linguaggio della teoria critica.
E Sierakowski insiste che la magia esiste ancora. Krytyka, sostiene, continua a diventare sempre più forte e non è mai stato più vitale. Nel 2012, ad esempio, l’organizzazione ha aperto un Istituto di Studi Avanzati di elevato profilo nel suo nuovo ufficio, a un paio d’isolati di distanza dal caffè chiuso. Continua a dominare la scena intellettuale in Polonia con un mucchio di pubblicazioni e con la sua attività organizzativa in e attorno all’Ucraina.
“Gli anni d’oro non sono morti”, proclama Sierakowski. “Gli anni d’oro ce li abbiamo davanti”.
Il giro della sinistra sull’ottovolante
Quando i governi comunisti dell’Europa orientale sono crollati l’uno dopo l’altro nel 1989, la sinistra ufficiale si è eclissata, in nessun altro luogo più che in Polonia. Cogliendo un’opportunità di votare in elezioni semilibere nel giugno del 1989 i polacchi elessero quasi senza eccezioni candidati affiliati a Solidarnosc. In tutta la regione i partiti comunisti tentarono una radicale ristrutturazione. In Polonia l’Alleanza della Sinistra Democratica (SLD) riprogettata ex novo rimase alla finestra.
Nel frattempo le riforme economie della “terapia shock” del governo appoggiato da Solidarnosc colpirono duramente la popolazione polacca negli anni ’90, particolarmente i contadini e gli operai dell’industria che costituivano il cuore del sostegno a Solidarnosc. Jacek Zakowski all’epoca era portavoce dello schieramento parlamentare affiliato a Solidarnosc. “Si doveva essere stupidi sul serio a credere che la gente avrebbe detto ‘Fantastico! Abbiamo perso i nostri risparmi. Siamo quattro volte più poveri di quanto eravamo prima che saliste al potere. Vi amiamo!’” mi ha detto. “No, dovevano odiarci. E dovevamo pagare quel prezzo. La rivoluzione deve divorare i suoi figli, e questo è universale.”
La sinistra indipendente era all’epoca quello che Sierakowski chiama mero “plankton”, una scarna zuppa di “gruppi di tre membri”. Il rifondato Partito Socialista Polacco (PPS) non riuscì a rinnovare il marchio del socialismo in un modo apprezzabile dagli elettori. L’economista di sinistra Ryszard Bugaj creò il Partito Laburista, che svanì. Un movimento radicale chiamato Samoobrona (Autodifesa) capitalizzò lo scontento nelle campagne ma dopo forti risultati alle elezioni del 2001 deviò a destra.
“Se avessimo avuto più potenza tecnica – denaro, strutture, persone – avremmo potuto appellarci a tutto il popolo che, anno dopo anno negli anni ’90, era sempre più contrariato da quanto succedeva in Polonia, persone che avevano perso la salute, i risparmi, i mezzi di sostentamento nel periodo della transizione”, dice Zuzanna Dabrowska, un’organizzatrice, negli anni ’90, della corrente Rivoluzione Democratica del PPS. “Ma per trovare queste persone e unirle occorreva avere una potenza organizzativa molto maggiore”.
Gli ex comunisti del SLD erano l’unica forza con quella potenza organizzativa. “Hanno le risorse”, spiega Zakowski. “Hanno le persone. Hanno stelle politiche come Aleksander Kwasniewski e Leszek Miller. Sono sostenuti da fondi pubblici, assegnati ai partiti politici parlamentari. Dunque prevalgono agevolmente su qualsiasi iniziativa nuova. E, naturalmente, hanno esperienza.”
La crisi economica della Polonia ha spinto al potere il SLD. Particolarmente nel suo secondo mandato, sotto il presidente Kwasniewski e il primo ministro Miller, dal 2001 al 2004, il SLD governò come i neoconservatori. Appoggiò l’economia dell’austerità, le guerre statunitensi in Afghanistan e Iraq, e persino un sito segreto di interrogatori della CIA in suolo polacco. Guidò anche la Polonia nell’Unione Europea, ma solo essersi assicurato il sostegno della Chiesa Cattolica in cambio del mantenimento delle leggi del paese contro l’aborto.
Fu il dibattito sull’accesso alla UE che portò per la prima volta in primo piano Krytyka Polityczna. Acquistò notorietà non mediante uno sciopero, come aveva fatto Solidarnosc nel 1980, bensì con gli strumenti dell’intellighentsia.
La lettera
Appena poco più che ventenne Slawomir Sierakowski pubblicò un articolo sul principale giornale della Polonia, la Gazeta Wyborcza. “Era un articolo ingenuo, un articolo da adolescente su quanto eravamo scontenti di quello che succedeva in Polonia”, ammette. “Non è qualcosa che firmerei oggi”. La sociologa e veterana dell’opposizione Kinga Dunin, anche lei giornalista della Gazeta, le suonò a stampa al giovane Sierakowski. In seguito a tale critica l’anziana donna e il giovane uomo svilupparono uno stretto rapporto di collaborazione.
“Krytyka Polityczna, l’essere di sinistra, l’idea che la sinistra culturale va combinata con la sinistra economica e che il neoliberismo non è la torta migliore della nostra pasticceria nazionale, tutto questo derivava dall’analisi femminista di Kinga”, afferma la docente di studi americani e associata a Krytyka Agnieszka Graff.
Nel 2002 Krytyka lasciò il segno nei circoli intellettuali attraverso la tattica tradizionale di una rivista trimestrale. Ma come loro nuovo trucco il duo Sierakowski e Dunin, lo yin e lo yang della nuova sinistra polacca, tentarono qualcosa di un po’ diverso. La loro chiamata alle armi, sotto forma di una lettera aperta del 2003, catapultò Krytyka Polityczna non solo alla fama nazionale ma anche a una vasta popolarità internazionale. La loro lettera, che alla fine attirò le firme di 250 tra i maggiori intellettuali polacchi, intervenne sul tema più pressante del giorno: l’adesione all’Unione Europea. Appoggiò l’adesione, ma sollecitò lo spostamento della UE in una direzione più progressista. Dopo la sua pubblicazione sui principali giornali europei, l’opinione pubblica polacca cominciò a muoversi a favore degli argomenti della lettera.
“Fu una lezione molto importante per noi”, ricorda Sierakowski. “Si può entrare nella grande politica semplicemente con una buona idea, una penna e un foglio di carta”.
Krytyka cominciò ad attirare una generazione di giovani attivisti nati dopo il periodo di Solidarnosc e ricordò solo vagamente il periodo della transizione degli anni ’90. Ci fu un innamoramento per Krytyka, quasi una fusione da diciannovesimo secolo di politica e poesia di cui si sentiva molto la mancanza nella nuova vita guidata dal mercato in Polonia. Con la sua combinazione di dibattiti che volavano alto e di attivismo caparbio, Krytyka mobilitò politici romantici, accademici in erba e il “terzo settore” degli attivisti delle ONG. I primi due lanciarono i fuochi d’artificio intellettuale; l’ultimo costruì l’organizzazione.
“Siamo un’organizzazione molto professionale e molto competente”, dice con orgoglio Sierakowski. “Molti ci odiano perché vinciamo sempre. E’ grazie alle donne del terzo settore”. In effetti Krytyka è notevole per il numero di collaboratrici donne e per il suo impegno sui temi di genere.
Krytyka ha lanciato con successo nuove imprese al ritmo di quasi una l’anno. Ha creato un punto di riferimento in rete con il suo Quotidiano d’Opinione. Il suo ramo editoriale pubblica oggi una dozzina di libri l’anno, comprese traduzioni di titoli quali ‘Che problema c’è in Kansas?’ e i lavori più astrusi di Zizek e Agamben. Figure importanti come la registra Agnieszka Holland hanno dato lustro alla reputazione dell’organizzazione pubblicando presso Krytyka e partecipando al suo comitato consultivo. Sul fronte dell’attivismo Krytyka ha organizzato il blocco degli sfratti, promosso i diritti LGBT e sostiene la protesta delle infermiere.
Il successo di Krytyka è in un certo senso legato ai problemi della Polonia. Vero, l’economia polacca si è ripresa dal quasi collasso degli anni ’90 tanto da far parlare di un’isola verde di crescita nel mezzo di un continente in rosso. Ma i giovani, quelli così interessati alla combinazione di messaggi economici e culturali di Krytyka, non hanno beneficiato di tale crescita. La disoccupazione resta elevata tra i giovani, superiore al 25 per cento. Anche quelli che hanno un lavoro devono aver a che fare con “contratti spazzatura” a breve termine cui si accompagnano scarsi contributi, o nessuno.
“Le persone emigrano, per trovare lavoro o, se hanno aspirazioni maggiori, per istruirsi”, dice il collaboratore di Krytyka Michal Sutowski. “Dalla Polonia è emigrato più di un milione e mezzo di persone” dopo l’ingresso nella UE, il più vasto numero di emigranti in tempo di pace nella storia della Polonia.
Krytyka ha offerto qualcosa di nuovo: un giovane leader che è stato in grado di serrare i ranghi della sua generazione. “Il modo in cui hanno lavorato questi ragazzi, sedici ore al giorno senza paga, ha avuto a che fare con il suo carisma”, spiega Graff. “Per ricevere un complimento da Slawek valeva la pena di rischiare l’infarto”.
“Senza questa determinazione”, aggiunge il sociologo e membro di Krytyka Maciej Gdula, “avremmo molte piccole iniziative, ma non avremmo persone che si riuniscono per agire”. Senza Sierakowski, in altre parole, la sinistra indipendente polacca rimarrebbe poco più che plankton.
E l’Europa resterà a bocca aperta
Slawomir Sierakowski sta in piedi solo in uno stadio vuoto e parla degli ebrei. Nella trilogia cinematografica And Europe Will Be Stunned [E l’Europa resterà a bocca aperta] Sierakowski interpreta il leader di un movimento per riportare gli ebrei in Polonia. Diretto dall’artista israeliano Yael Bartana il film è stato l’ingresso ufficiale della Polonia alla Biennale di Venezia del 2011 e successivamente ha fatto il pieno nei principali musei di tutto il mondo.
I film possono essere interpretati anche come un’allegoria di Krytyka Polityczna. Sollecitare la rinascita della comunità ebraica in Polonia in uno stadio vuoto – nel primo film della trilogia – potrebbe apparire donchisciottesco quanto ricostruire una sinistra indipendente. Nella seconda parte dei giovani raccolgono l’appello del leader del movimento e cominciano a costruire un kibbutz a Varsavia, dando nuova vita a una comunità quasi scomparsa. Nell’episodio finale partecipano al funerale del leader dopo che questi è stato assassinato da un aggressore ignoto. Nella vita reale Sierakowski è vivo e vegeto e scrive occasionalmente editoriali sul New York Times. Ma il suo recente soggiorno fuori dalla Polonia, compresa una borsa di studio durante l’ultimo anno accademico, costituisce una specie di scomparsa.
Per alcuni Krytyka ha fatto il passo più lungo della gamba. “Sono partiti con uno straordinario successo”, ricorda il giornalista Konstanty Gebert. “Nessuno si aspettava fosse possibile che i circoli di Krytyka Polityczna crescessero come funghi. Dimenticate Varsavia: a Varsavia la sinistra è di moda e chic. Circoli spuntavano in località sperdute come Konin. Un movimento di sinistra normale si sarebbe preso cura di tali circoli. Avrebbe inviato là buoni organizzatori a sostenerli, farli crescere, nutrirli, per anni se necessario. Ma no, Krytyka Polityczna era interessata ai risultati immediati. Era interessata a vendere più copie della sua rivista Krytyka. E quei circoli sono scomparsi. Mi spezza il cuore.”
Per altri il fatto che Krytyka non abbia creato un partito politico per sfruttare la propria visibilità è stato un grave danno. “Sono delle belle persone”, dice Zuzanna Dabrowska.” Ma penso che soffrano dello stesso problema della Costa Est degli Stati Uniti. Sono organizzati intorno alle proprie discussioni. Naturalmente discutere e sapere che cosa pensare e avere un punto di vista forte è molto importante. Ma se non si fa molto più di questo allora è un problema, specialmente per la sinistra.”
Sierakowski scarta i discorsi di partiti politici. Insegue qualcosa di più trasformativo. “Non posso farlo nella politica partitica”, dice. “Sarebbero soltanto dispute stupide. Si potrebbe dire: puoi essere più onesto e concreto. Ma no, se lo facessi perderei! Fate partecipare Vaclav Havel a un’elezione oggi e perderà”.
E Krytyka non è soltanto uno spazio di chiacchiere, insiste. “Abbiamo cambiato molte cose in Polonia”, puntualizza. “Ad esempio abbiamo cambiato le leggi sui narcotici. Avevamo una legge molto conservatrice in Polonia che incarcerava automaticamente chiunque fosse trovato in possesso di qualsiasi cosa. Era la criminalizzazione dei giovani. Poi, quando erano rilasciati dal carcere, erano dei veri banditi. Oggi la legge è diversa. E’ stato un qualche partito politico a cambiare questo? No! E’ stata una coalizione di ONG a cambiarlo.”
Inoltre cambiare il discorso in Polonia non è cosa da poco. “Non è più da matti dichiararsi di sinistra in Polonia, o dichiararsi contro la guerra o che non si considera il nazionalismo una prospettiva naturale o che si è a favore delle tasse e contro la disuguaglianza”, sostiene Maiej Gdula. “Si può utilizzare apertamente il linguaggio di classe e non essere considerati uno del passato. Abbiamo realmente introdotto il linguaggio critico e le prospettive di sinistra nel dibattito pubblico.”
Di nuovo la sinistra?
L’Europa orientale è stata un tempo il manifesto di una tipo particolare di liberismo che combinava il capitalismo laissez-faire con la democrazia parlamentare. I riformatori che hanno assunto il potere nei primi anni ’90 hanno fatto eco al famoso detto di Margaret Thatcher che i loro paesi fondamentalmente non avevano alternative. Persino gli ex partiti comunisti che sono subentrati quando i riformatori hanno toccato il fondo hanno attuato politico prese dallo stesso repertorio.
In conseguenza trovare oggi sostenitori entusiasti del liberismo nella regione è difficile. Alcuni di quei primi riformatori sono passati all’estrema destra, come Volen Siderov del partito nazionalista bulgaro Ataka, mentre molti liberali sono passati a sinistra, riflettendo l’influenza di Occupy e di altri movimenti.
Robert Braun si concentrò sui diritti umani negli anni ’80, quando contribuì a fondare l’Associazione Raoul Wallenberg ungherese. Si candidò al parlamento nelle elezioni del6 aprile – e alla fine perse – con una piattaforma diversa: la giustizia sociale. “Vent’anni fa erano i diritti umani e le libertà civili a contare. Ma oggi sono di diritti e le libertà sociali”, afferma. “L’un per cento che ce l’ha fatta in Europa, me compreso, vive la vita dell’Europa convenzionale – le stesse auto, lo stesso stile di vita – ma viviamo quella vita sulle spalle del novantanove per cento”.
La politica della disuguaglianza ha motivato gli attivisti delle ONG della regione a collaborare con quelli che vivono vite precarie: profughi, senzatetto, disoccupati. Una nuova generazione di giovani intellettuali ha creato gruppi come la Rete degli Studenti in Ungheria, CriticAtac in Romania, Nuove Prospettive di Sinistra in Bulgaria. Nuovi partiti tendenti a sinistra come il LMP (la Politica Può Essere Diversa) e l’Iniziativa per il Socialismo Democratico in Slovenia, hanno promesso un genere di politica nuovo di zecca, anche se alla fine hanno ceduto ai compromessi e alle lotte intestine sin troppo familiari.
Da questa miscela di tentativi è emersa una Nuova Sinistra. “Usiamo questa espressione per cercare di scavarci uno spazio tra la vecchia sinistra, quella che chiamiamo i comunisti intransigenti, che ha nostalgia del socialismo in modo conservatore, nostalgico”, dice l’attivista bulgaro Georgi Medarov, “e il partito bulgaro Socialdemocratico, che è divenuto parecchio neoliberista e allo stesso tempo molto conservatore”.
Virtualmente ogni movimento politico di sinistra della regione si è mosso in modo simile tra comunismo e neoliberismo. Ma solo in Polonia la Nuova Sinistra è riuscita a estendersi oltre l’accademia e l’organizzazione ai margini senza essere tentato dal (sinora) vicolo cieco della politica partitica. Inoltre Krytyka Polityczna è sopravvissuta come trapianto in altre culture e ha prosperato anche quando il suo fondatore carismatico ha lasciato il campo per altre opportunità.
Ma forse l’origine vera del suo successo sta nel fatto che, in una regione attualmente concentrata solo sul rischio d’impresa, Krytyka Polityczna ha lasciato il segno assumendosi rischi politici e intellettuali.
“Solo l’azione produce solidarietà”, afferma Sierakowsky, come se si trovasse di nuovo nel vasto stadio a sollecitare i suoi seguaci e tentare l’improbabile. “Se io e te collaboriamo nel fare qualcosa, col tempo ciò produrrà fiducia sufficiente a farsi assumere insieme il rischio di qualcosa”.
E’ un messaggio che trova vasta eco in un paese in cui molti anni fa milioni rischiarono la loro vita per creare un movimento di massa chiamato Solidarnosc.

John Feffer è direttore di Foreign Policy in Focus.
Lo spirito della resistenza è vivo
traduzione di Giuseppe Volpe

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