martedì 14 ottobre 2014

Lettera di una guerrigliera curda di Kobanê a sua madre da http://autori.fanpage.it

Scritta nel giorno del suo compleanno dalla parte est di Kobane, Narin racconta alla madre la violenza della battaglia, i feriti, la nostalgia di casa. "Non so se tornerò mamma - scrive - forse un giorno tu visiterai l'ultima casa dove ho vissuto e dove ho lasciato una scritta col mio nome."

Sto bene mamma, ieri abbiamo festeggiato il mio 19esimo compleanno. Il mio amico Azad ha cantato una bellissima canzone sulle madri. Mi sono ricordato di te e ho pianto. Azad ha una voce molto bella, anche lui piangeva mentre cantava. Non vede sua madre da un anno ed anche a lui mancava. Ieri abbiamo aiutato un amico ferito. E’ stato colpito da due proiettili. Non sapeva come si era procurato la seconda ferita quando ci ha mostrato il proiettile conficcato nel petto. Sanguinava dal fianco, gli abbiamo fasciato le ferite ed io gli ho dato il mio sangue.
Siamo nella parte est di Kobane mamma. Ci sono pochi chilometri tra noi e loro. Le vediamo le loro bandiere nere, sentiamo le loro radio e a volte non capiamo quello che dicono perché parlano lingue straniere ma ti posso dire che hanno paura. Siamo in un gruppo di nove combattenti. Il più giovane, Resho, viene da Afrin (governatorato di Aleppo ndr). Siamo in una casa ai bordi di Kobane. Non ne sappiamo molto dei loro abitanti. Ci sono delle foto di un vecchio e di un altro giovane con una fascia nera che sembra essere un martire..c’è una foto di Qazi Mohamad (leader del movimento autonomista iraniano giustiziato nel 1947 ndr), di Mustafa Barzani (leader curdo, fondatore del partito democratico del Kurdistan iracheno ndr), di Apo (Abudllah Öçalan, fondatore del PKK, Partito dei Lavoratori del Kurdistan ndr) ed una vecchia carta geografica ottomana che menziona il nome del Kurdistan.
Lettera di una guerrigliera curda di Kobanê a sua madre.
in foto: Questa è la guerrigliera Berivan Sason che ha usato l'ultimo proiettile contro di sé pur di non essere catturata viva, violentata e decapitata dall'ISIS.
Non beviamo caffè da tempo, ma ci siamo resi conto che la vita continua anche senza caffè. Onestamente non ho mai bevuto un caffè più buono del tuo mamma. Siamo qui per difendere una città pacifista. Non ci siamo mai abbandonati al massacro di innocenti, al contrario abbiamo dato rifugio a diversi feriti e rifugiati tra i nostri fratelli siriani. Difendiamo una città musulmana che possiede decine di moschee. La difendiamo da forze barbare.
Mamma verrò a trovarti ua volta che questa sporca guerra che ci è stata imposta sarà terminata. Sarò lì con il mio amico Dersim che andrà a Diyarbakir per vedere i suoi bambini. Le nostre famiglie ci mancano e non vediamo l’ora di tornare ma questa guerra non conosce il significato del verbo “mancare”. Forse non ritornerò mamma. Ma sappi che è da tanto tempo che sogno di vederti anche se purtroppo fino ad ora non ne ho avuto la possibilità. Lo so che un giorno tu visiterai Kobane e cercherai la casa che avrà testimoniato i miei ultimi giorni…è una di quelle che sorge nella parte est di Kobane. Una parte è distrutta, ha una porta verde con numerosi fori di proiettile dovuti ai tiri dei cecchini. Vedrai tre finestre, una che dà sul lato est a fianco alla quale c’è scritto il mio nome con l’inchiostro rosso…dietro questa finestra mamma, contando i miei ultimi istanti, sono rimasta a guardare la luce del sole mentre penetra attraverso i fori dei proiettili…dietro questa finestra Azad ha cantato la sua ultima canzone per sua madre, aveva una voce magnifica quando ha detto “mamma mi manchi”.
Mamma mi manchi.
Tua figlia Narin

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