di Gianni Ferrara

Si deve insi­stere senza ras­se­gnarsi. Senza remore va qua­li­fi­cata l’enormità della con­trad­di­zione tra i prin­cipi della Costi­tu­zione, tra la minima con­ce­zione della demo­cra­zia e la legge elet­to­rale appro­vata in sosti­tu­zione del por­cel­lum ripro­du­cen­done però sfac­cia­ta­mente le inco­sti­tu­zio­na­lità accer­tate dalla Corte. Inco­sti­tu­zio­na­lità che rive­ste e imbel­letta. Nulla e nes­suno però può nascon­dere che l’italicum infrange i fon­da­menti della demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva e mira a dis­sol­verla con­cul­cando il diritto di sce­gliere chi votare come pro­prio rap­pre­sen­tante in Parlamento.
Nelle "20 cir­co­scri­zioni elet­to­rali sud­di­vise nell’insieme in 100 col­legi plu­ri­no­mi­nali" i capi­li­sta, se la lista che capeg­giano otterrà seggi, risul­te­ranno auto­ma­ti­ca­mente eletti senza essere stati votati. Così i depu­tati “nomi­nati” dai capi­par­tito risul­te­ranno tanti quante saranno le liste che otter­ranno seggi. Quelle che di seggi ne con­qui­ste­ranno uno solo, lo tro­ve­ranno già scelto.
L’italicum rin­nega poi il prin­ci­pio di ugua­glianza pre­ve­dendo il “pre­mio di mag­gio­ranza”, un dispo­si­tivo che pre­scrive nien­te­meno che la fal­si­fi­ca­zione della volontà dal corpo elet­to­rale mediante la mani­po­la­zione del risul­tato dei voti espressi.
In qual­siasi plu­ra­lità umana la mag­gio­ranza dei voti si iden­ti­fica nella loro metà più uno. Il “pre­mio di mag­gio­ranza” non è attri­buito a chi que­sti voti li ha acqui­siti ma a chi non li ha acqui­siti. Lo si con­fe­ri­sce ad una mino­ranza, a quella che ottiene un solo voto in più di cia­scuna altra. Si tra­duce quindi in un pri­vi­le­gio per una delle mino­ranze rispetto a tutte le altre. Pri­vi­le­gio che com­porta disco­no­sci­mento di voti validi e sot­tra­zione di seggi alla mag­gio­ranza reale, reale per­ché com­po­sta dalla somma delle liste votate, esclusa la mino­ranza pri­vi­le­giata. Quella a cui il corpo elet­to­rale ha negato di diven­tare mag­gio­ranza ma con­tro la volontà popo­lare ne acqui­sta il potere. Un’assurdità, una illo­gi­cità manifesta.
L’italicum è vorace. Non solo asse­gna 340 seggi alla lista che ottiene il 40 per cento dei voti (88 in più di quanti le spet­te­reb­bero). Ma, al secondo turno, che inter­viene se nes­suna lista ha otte­nuto il 40 per cento dei voti al primo turno, col bal­lot­tag­gio tra le due liste più votate, attri­bui­sce comun­que que­sti 340 seggi, per­ciò anche ad una lista che di voti ne può aver avuto il 35 per cento, il 30, il 20 …
L’italicum, comun­que, dis­solve la demo­cra­zia rap­pre­sen­ta­tiva stra­vol­gendo la forma di governo e declas­sando il ruolo del Pre­si­dente della Repub­blica. Per­ché tra­sforma l’elezione al Par­la­mento in ele­zione del “primo mini­stro, capo del governo”, la dop­pia deno­mi­na­zione che defi­niva la forma di governo vigente in Ita­lia dal 3 gen­naio 1925 al set­tem­bre 1943.
L’inventore dell’italicum, il poli­to­logo D’Alimonte, sostiene che il mostri­ciat­tolo che ha inven­tato rea­lizza l’elezione diretta del pre­mier ma non modi­fica la forma par­la­men­tare di governo. Affer­man­dolo o finge di non saperlo o ignora che la forma par­la­men­tare di governo si iden­ti­fica nella respon­sa­bi­lità del governo nei con­fronti del par­la­mento, organo della rap­pre­sen­tanza poli­tica che esprime la sovra­nità popo­lare. Rap­pre­sen­tanza cui l’elezione diretta del pre­mier sot­trae tutti i poteri tra­sfe­ren­dolo pro­prio al pre­mier e ren­derlo anche domi­nus nelle ele­zioni degli organi di garan­zia, Pre­si­dente della repub­blica, Corte costi­tu­zio­nale, Csm.
Que­sta radi­cale muta­zione della forma di governo nel suo oppo­sto e que­sta oscena misti­fi­ca­zione di una qual­che ipo­tesi di demo­cra­zia si con­net­tono poi con la cosid­detta “riforma” del Par­la­mento che maschera, col supe­ra­mento del bica­me­ra­li­smo pari­ta­rio, l’eliminazione (della sede) di un con­tro­po­tere allo stra­po­tere del capo del governo nel regime che Renzi sta costruendo, quello dell’autoritarismo.
Va detto senza ambagi. L’italicum distorce l’arma inde­fet­ti­bile dei cit­ta­dini, il voto. Svuota la rap­pre­sen­tanza poli­tica. Asser­vi­sce il Par­la­mento al governo. Sof­foca la sovra­nità popo­lare. Inve­ste di tutto il potere una per­sona sola. Il testo di que­sta legge dovrà ora supe­rare il con­trollo della pro­mul­ga­zione che deve essere quanto mai severo. Lo sia. In peri­colo è la demo­cra­zia italiana.

Per pochi eletti

di Andrea Fabozzi

Un terzo dell’emiciclo vuoto, 334 depu­tati favo­re­voli, molti meno della mag­gio­ranza di governo eppure suf­fi­cienti per appro­vare la nuova legge elet­to­rale. Che non è una riforma della Costi­tu­zione ma cam­bierà nella sostanza la forma di governo con l’elezione diretta del pre­si­dente del Con­si­glio, al quale sarà garan­tito il con­trollo dell’unica camera poli­tica desti­nata a soprav­vi­vere. Si voterà per l’esecutivo e non più per la rap­pre­sen­tanza parlamentare.
Alle sei e venti del pome­rig­gio l’aula di Mon­te­ci­to­rio chiude un decen­nio di ten­ta­tivi di modi­fica della legge Cal­de­roli licen­ziando un quasi clone, simile nel merito — pre­mio di mag­gio­ranza e "nomi­nati" — e iden­tico nel metodo. Ber­lu­sconi nel 2005 non aveva messo la fidu­cia, ma anche quella legge elet­to­rale fu appro­vata solo dalla mag­gio­ranza di governo. Con qual­che voto in meno alla camera, 323 (e l’opposizione anche allora fuori), solo per­ché non c’era il super pre­mio di mag­gio­ranza, intro­dotto pro­prio dal Por­cel­lum e con­fer­mato adesso dall’Italicum.
La legge da oggi è alla firma di Mat­ta­rella, al quale si sono rivolti alcuni depu­tati di mino­ranza, soprat­tutto i 5 stelle dall’aula di Mon­te­ci­to­rio, per chie­der­gli di non fir­marla. Men­tre il coor­di­na­mento per la demo­cra­zia costi­tu­zio­nale che ha rac­colto le firme con­tro l’Italicum dopo un incon­tro — un po’ tar­divo, ieri — con la pre­si­dente della camera, cer­cherà di far arri­vare il suo appello anche al Qui­ri­nale. In set­ti­mana si riu­ni­ranno i giu­ri­sti che inten­dono por­tare la nuova legge davanti alla Corte Costi­tu­zio­nale, come già il Por­cel­lum, ed è avviata la discus­sione sul que­sito refe­ren­da­rio con il quale comin­ciare a rac­co­gliere le firme per l’abrogazione.
Nes­suno real­mente crede che Mat­ta­rella possa non fir­mare, ma è pos­si­bile che il capo dello stato debba in qual­che modo accen­nare allo squi­li­brio dell’Italicum, che serve ad eleg­gere solo la camera dei depu­tati ma è legge dello stato prima della can­cel­la­zione del senato elet­tivo. A que­sto dovrebbe rispon­dere la clau­sola di sal­va­guar­dia che pre­vede l’entrata in vigore della nuova legge elet­to­rale solo nel luglio 2016. Nulla però garan­ti­sce che per quella data la revi­sione costi­tu­zio­nale sia com­piuta (anzi, le con­vul­sioni nel Pd e la rot­tura del Naza­reno sug­ge­ri­scono il contrario).
La pos­si­bi­lità che il senato debba essere eletto con un’altra legge — il Con­sul­tel­lum, cioè pro­por­zio­nale senza pre­mio ma con alte soglie e una pre­fe­renza — è il primo pro­blema dell’Italicum, soprat­tutto per­ché espone la legge a quella "irra­gio­ne­vo­lezza" che per la Con­sulta è cri­te­rio di ille­git­ti­mità: una volta scelto il sistema pro­por­zio­nale, il legi­sla­tore lo può pie­gare per esi­genze di gover­na­bi­lità ma la distor­sione diventa inu­tile se non c’è garan­zia che al senato ci sia una mag­gio­ranza omo­ge­nea con quella della camera. Anche il secondo pro­blema dell’Italicum ha a che fare con i rischi di costi­tu­zio­na­lità: riguarda la vio­la­zione dell’uguaglianza tra can­di­dati di una stessa lista: il capo­li­sta "blin­dato" non ha biso­gno delle pre­fe­renze, tutti gli altri sì. La tutela del primo in lista con­cessa a Ber­lu­sconi e le plu­ri­can­di­da­ture regalo per Alfano mol­ti­pli­cano il rischio del voto al buio: l’elettore che indica una o due pre­fe­renze lo fa invano se il suo par­tito non risulta il vin­ci­tore delle ele­zioni, e con­tri­bui­sce a eleg­gere il capo­li­sta, per­sino in un altro col­le­gio o circoscrizione.
Un altro pro­blema della nuova legge riguarda il pre­mio di mag­gio­ranza, che asse­gna il 15% dei depu­tati in più a chi rag­giunge il 40% al primo turno, ma assi­cura il 55% anche al vin­ci­tore del bal­lot­tag­gio. Che a quel punto può ben essere un par­tito che è rima­sto al di sotto del 30% al primo turno. Il pre­mio finale, in defi­ni­tiva, può risul­tare più alto di quello asse­gnato nel 2013 dal Por­cel­lum; all’obiezione il governo risponde defi­nendo il bal­lot­tag­gio un vero e pro­prio altro turno elet­to­rale — con la spe­ranza che non ci sia il con­sueto calo di affluenza tra prima e dopo.
Al secondo turno votano anche gli elet­tori di quelle regioni, Tren­tino Alto Adige e Valle d’Aosta, che hanno già scelto i pro­pri rap­pre­sen­tanti con un sistema diverso al primo turno: il che con­ferma che si tratta di un’elezione non tanto dei depu­tati ma del governo e del capo del governo. Pro­prio gli eletti in Tren­tino e Val d’Aosta, se la legge fosse appli­cata alla let­tera, rischie­reb­bero di far salire il numero dei depu­tati oltre la quota costi­tu­zio­nale dei 630: il governo ha rispo­sto a quest’obiezione (dei 5 Stelle) con un invito al buon­senso, e con nes­suna modifica.
Infine, caso unico, l’Italicum tiene insieme lo sbar­ra­mento per le mino­ranze e il pre­mio per la (cosid­detta) mag­gio­ranza. Il risul­tato è una distor­sione spinta della pro­por­zio­na­lità che può dar luogo a risul­tati "bislac­chi". Nel caso — nem­meno tanto limite — di due par­titi sopra il 30%, il primo che sfiora il quo­rum del 40% senza rag­giun­gerlo, e tutti gli altri par­titi sotto la soglia del 3%, ecco che il primo par­tito andrebbe al bal­lot­tag­gio avendo già con­qui­stato tutti i 340 seggi in palio e magari qual­cuno in più. Al secondo turno, allora, potrebbe solo perdere.