venerdì 15 febbraio 2013

Aspettando il reddito minimo

Ferrajoli e Rodotà: «Dopo l’aborto e il divorzio, è una misura di dignità»
192303158-9d11c0f6-782a-4a98-a494-f1a131ca7f6fLe cinquanta mila firme sono state superate e da ieri la proposta di legge di iniziativa popolare sul reddito minimo è una realtà. L’annuncio è stato dato in una conferenza stampa alla Camera dai promotori di un’iniziativa che non ha uguali nella storia ultra ventennale dei movimenti che hanno creduto nella prospettiva del reddito di cittadinanza in Italia. Sandro Gobetti e Luca Santini del Basic Income Network (Bin-Italia), Marco Furfaro e Mariapia Pizzolante di Tilt, insieme a partiti come Sel, Prc e Pdci e altre 170 associazioni, sono stati tra i promotori di una campagna che ha prodotto 250 iniziative in tutto il paese dal giugno dell’anno scorso. Torneranno in parlamento tra un mese per chiedere al nuovo governo, di approvare nei primi cento giorni della legislatura una misura fondamentale per rendere più dignitoso il welfare più familista, classista e inefficiente dei paesi dell’Unione Europea. La proposta di legge cerca di rispondere «al default sociale» che ha colpito, trasversalmente i giovani «neet», gli «over 50», i pensionati, ma soprattutto i precari «di prima e seconda generazione», quelli che oggi hanno tra i venti e i quarantanni. Prevede l’erogazione di un reddito di base di 600 euro mensili, 7200 all’anno, per un totale di 10 miliardi di euro da finanziare attraverso una non più rinviabile ristrutturazione degli ammortizzatori sociali, destinando a questo scopo una parte dei fondi della lotta all’evasione fiscale, della spending review e quelli che derivano dall’abolizione delle provincie. Una proposta pragmatica che non ha bisogno di nuove tasse per essere realizzata in un paese che, insieme a Grecia e Ungheria, non dispone ancora di un «elementare strumento di civiltà sociale» come l’ha definita il filosofo del diritto Luigi Ferrajoli, presente alla conferenza stampa. Il reddito minimo è da tempo oggetto di studi di fattibilità da parte delle regioni e di vere e proprie leggi come quella del Lazio del 2009, che ha ispirato i promotori della proposta di legge, ma non è stata più rifinanziata dalla giunta Polverini. «In assenza di mezzi di sussistenza – ha continuato Ferrajoli – la persona è esposta ad ogni ricatto. Seicento euro sono pochi, ma permettono alla persona di resistere e di affermare il suo diritto all’esistenza libera e dignitosa». Una consapevolezza particolarmente sentita da quando la disoccupazione, o l’inoccupazione, sono diventate realtà di massa. «Il paese è pronto a recepire una proposta equilibrata e fattibile come questa – ha aggiunto Fausta Guarriello, docente di diritto del lavoro all’Università di Pescara – anche se le parti sociali come i sindacati sono ancora poco sensibili perché credono ancora che il reddito sia contrapposto alle politiche del pieno impiego». «È proprio l’opposto – ha sostenuto Stefano Rodotà, intervenuto anche lui all’iniziativa – siamo testimoni di un cambiamento epocale che non ci permette più di considerare la precarietà come una condizione transitoria nella vita lavorativa di una persona. Come al tempo dell’aborto e del divorzio, oggi il paese è pronto per istituire il reddito di cittadinanza». La proposta di legge sul reddito minimo è stata scritta alla luce della risoluzione del Parlamento europeo del 10 ottobre 2010 nella quale si sottolinea il dovere degli stati più colpiti dalla crisi, in particolare Italia e Grecia, di adottarlo in quanto misura indispensabile per contrastare l’esclusione sociale e le discriminazioni. La cifra di 600 euro, che decresce nel caso in cui nello stesso nucleo familiare ci siano lavoratori precari o figli, è stata determinata in base al 60% del reddito medio in Italia, come prevede la risoluzione del parlamento europeo. La durata del sussidio non è vincolata ad un periodo determinato, ma al miglioramento complessivo della situazione individuale. Ieri Beppe Grillo ha dettagliato la proposta del Movimento 5 Stelle sul reddito limitandolo a tre anni da finanziare con il taglio delle spese alla politica e ai militari, oltre che dalle concessioni statali al gioco di azzardo. Per Nichi Vendola (Sel) la proposta di legge «è una bella notizia. Il prossimo parlamento dovrà fare una legge per consetire ai ragazzi italiani l’autonomia e la libertà e sottrarsi al ricatto della precarietà». «Occorre istituire subito il reddito minimo per garantire ai disoccupati la possibilità di arrivare alla fine del mese: le risorse ci sono, sono quelle che si ricaverebbero da una tassa sui grandi patrimoni» afferma Paolo Ferrero segretario di Rifondazione Comunista.
Roberto Ciccarelli - il manifesto

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