mercoledì 6 marzo 2013

Dal voto l’urgenza del cambiamento. Intervista a Maurizio Landini



«Dal voto l’urgenza del cambiamento. Adesso Grillo accetti il confronto»


Intervista a Maurizio Landini di Massimo Franchini, L'unità -
 
Maurizio Landini oggi è in Germania per incontrare, assieme ai segretari di Fim e Uilm, il capo della Ig Metall, il sindacato tedesco dei metalmeccanici «che vuole sapere delle elezioni in Italia». Qui per la prima volta il segretario Fiom Cgil commenta il voto e le prospettive di governo.

Landini, si aspettava un esito di questo tipo? Come lo giudica?
«Vedo due punti. Il primo è che il voto boccia in esplicito, come in altri Paesi europei, le politiche di austerità. Il vero sconfitto è Monti e non a caso tutti quelli che ne hanno sostenuto il governo pagano in termini di voti. Il vero vincitore è Grillo e la domanda di cambiamento molto forte. Poi però c’è un secondo punto, di cui parlano in pochi. Il 30% di italiani non ha votato o ha votato scheda bianca o nulla: non era mai successo. I due punti assiemerendono necessario un cambiamento forte di politiche e di ascolto».

La sua analisi però non spiega il cattivo risultato di Sel edi Rivoluzione civile…
«Anche loro sono stati percepiti come il vecchio, quelli che si alleano o che non sono in grado di far cambiare le cose. Grillo è stato molto bravo a semplificare il quadro politico: noi siamo il cambiamento, tutti gli altri no. Un quadro politico che sarebbe stato molto diverso se, come mi permetto di dire chiesi al tempo e quindi non con il senno di poi, fossimo andati alle elezioni dopo le dimissioni di Berlusconi: ci saremmo risparmiati tutte le cattive riforme di Monti che non ci hanno fatto uscire dalla crisi e che invece hanno aumentato le disuguaglianze nel Paese. In questo anno di governo Monti la crisi delle forze politiche, che lo sostenevano mentre toglieva diritti e tagliava le pensioni, è scoppiata ed è stata sfruttata molto bene da Grillo».

Per Grillo hanno votato moltissimi lavoratori e moltissimi iscritti Fiom. È in grado di fare una percentuale?
«Si percepiva con chiarezza partecipandoalle assemblee nelle fabbriche. Alla delusione e alla rabbia tutti i partiti tradizionali non hanno saputo rispondere. Di sicuro in tanti hanno votato Grillo, quanti non sono in grado di dirlo e non mi interessa neanche anche perché noi non abbiamo mai dato indicazione di voto. I metalmeccanici sono persone intelligenti».

Ma Grillo propone l’abolizione dei sindacati. Perché i vostri iscritti lo votano?
«Non lo hanno votato per quello, anche perché le persone continuano ad iscriversi e a sostenerci nelle nostre battaglie. Il ragionamento degli elettori sia stato più semplice: non hanno votato questo o quel punto del programma di Grillo, hanno votato per il cambiamento. Grillo ha colmato un vuoto sempre più grande di rappresentanza politica e sociale».

Ma quello che viene definito il guru economico di Grillo, il professor Mauro Gallegati, professore ad Ancona, sostiene che la cassa integrazione va sostituita da un reddito di cittadinanza, che bisogna proteggere il lavoratore, non il posto…
«È una sciocchezza. La cassa integrazione è lo strumento che ha evitato milioni di licenziamenti ed è finanziata da lavoratori e imprese. Vanno tutelati tutte e due: posti e lavoratori. Il problema è estendere la cassa integrazione a tutti, precari e falsi lavoratori autonomi compresi. E si può fare prevedendo che tutti i lavoratori e tutte le imprese paghino un contributo in questo senso. E se non basta io propongo una patrimoniale e un tetto alle pensioni alte. Altro discorso è un reddito di cittadinanza che serva per garantire il diritto allo studio per i figli dei lavoratori e che aiuti chi il lavoro lo perde. Ecco, credo che in questo senso la priorità di una legge sulla rappresentanza, oltre a riportare la democrazia nelle fabbriche e a stabilire quando i contratti sono validi, debba prevedere che i minimi contrattuali siano garantiti a tutti i lavoratori».

In tanti a sinistra, primo fra tutti Dario Fo, chiedono a Grillo di dialogare con Bersani e il Pd. Lei si sente di fare lo stesso? Un sondaggio di Servizo pubblico la vuole persino ministro di un governo Rodotà.
«Io faccio il sindacalista e rimarrò a farlo. C’è un Parlamento e c’è un presidente della Repubblica ed è giusto che ognuno si prenda le sue responsabilità. Detto questo, io non sono spaventato dall’esito elettorale, quando le persone votano; lo sono quando non votano, come in fabbrica, perché è la non democrazia che porta all’autoritarismo. Non sono spaventato da Grillo e dai suoi parlamentari, credo che debba esserci un confronto di merito, come noi abbiamo già avuto con il Movimento 5 stelle. Di certo c’è l’urgenza di avere un governo per affrontare le emergenze del lavoro, per rifinanziare la cassa in deroga, per fare una vera politica industriale a partire dall’Ilva. Come Fiom lunedì abbiamo deciso di inviare subito a tutti i gruppi parlamentari e a tutti i parlamentari sul territorio unalettera per spiegare quali sono le nostre priorità».

Landini, parlava di vuoto di rappresentanza sociale. Pierre Carniti ha sostenuto che anche il sindacato rischia molto…
«Sono d’accordissimo e vado oltre. Se il sindacato non cambia verrà percepito come una casta. Per evitarlo bisogna democratizzarlo: bisogna ridare voto e democrazia ai lavoratori che hanno scelto i loro parlamentari ma non possono scegliere i loro rappresentanti sindacali. Questa è l’unica strada per riconquistare l’unità sindacale, che è un diritto per i lavoratori. In più il sindacato deve recuperare la rappresentanza di tutte le forme di lavoro: precari, false partite Iva, falsi autonomi. E qui io vedo una responsabilità fortissima per la Fiom e la Cgil di proposta e iniziativa. A partire dal vero spread con la Germania, quello fra i salari che è più alto di quello fra i tassi di interesse, per passare ad una diminuzione generalizzata dell’orario di lavoro, il più alto d’Europa, ad una politica industriale».

Sta parlando da candidato alla segreteria della Cgil?
«Rimangosegretario della Fiom. Ma penso che, specie dopo il voto, la Cgil ha bisogno di una discussione strategica, di un percorso democratico, anche senza modificare lo statuto. Vedremo quali sono le risposte. Io ho intenzione di muovermi in questo quadro, senza escludere nulla».

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