sabato 12 luglio 2014

Una rotta senza timoniere di Vincenzo Comito, Il Manifesto

Ilva, Alitalia, Indesit. Alitalia, ovvero sessant’anni di spreco di risorse pubbliche. Ilva, chi inquina non paga. Indesit, una falsa asta. E, su tutto, il principio della svendita al peggior offerente, mentre il governo, con la ministro Guidi, lascia fare al "mercato"
La que­stione del con­trollo delle imprese grandi e medio-grandi del nostro paese non è più quella di una lenta riti­rata del capi­tale nazio­nale, ma di una rotta sostan­zial­mente disor­di­nata. Nell’ultimo periodo abbiamo assi­stito alla pra­tica ces­sione del gruppo Pirelli ai russi per pochi euro e del con­trollo del Monte dei Paschi, a inve­sti­tori suda­me­ri­cani, sem­pre per una man­ciata di soldi. Intanto l’Eni annun­cia la ven­dita di quella grande impresa che è la Sai­pem e, natu­ral­mente, dal momento che non si tro­ve­ranno inve­sti­tori nazio­nali dispo­ni­bili, l’ambita preda finirà in mani lon­tane. Anche la annun­ciata e insen­sata pri­va­tiz­za­zione di Fin­can­tieri — un’impresa che da qual­che tempo naviga sulla giu­sta rotta e che dovrebbe sem­mai essere aiu­tata ad espan­dersi ancora — potrebbe por­tare qual­che sgra­de­vole sor­presa sul fronte della pro­prietà; con que­sto governo c’è sem­pre da aspet­tarsi il peg­gio. Ma ora, in attesa di altri annunci della stessa natura, fanno noti­zia soprat­tutto le vicende di Inde­sit, Ilva, Alitalia.
Sulla vicenda della nostra com­pa­gnia di ban­diera, l’epilogo sem­bra vicino. Il mini­stro Lupi chiede di deci­dere met­tendo i sin­da­cati di fronte alla dram­ma­tica alter­na­tiva di accet­tare, e in fretta: o i pesanti tagli all’occupazione o la chiu­sura defi­ni­tiva della compagnia.
Non esi­stono in effetti altre solu­zioni, di fronte tra l’altro ad un inter­lo­cu­tore, quello arabo, che, sapendo di avere il col­tello dalla parte del manico, ha avan­zato richie­ste molto pesanti anche alle ban­che, indu­rendo le sue richie­ste nei loro con­fronti diverse volte negli ultimi mesi. Con una con­clu­sione in qual­che modo posi­tiva della vicenda si chiu­de­rebbe peral­tro uno scan­dalo, che dura da ses­santa anni, di spreco di risorse pub­bli­che, di immi­stione senza freni della poli­tica più dete­riore nelle vicende della com­pa­gnia, di gravi incom­pe­tenze di gestione.
Per quanto riguarda l’Indesit, si è chiusa una falsa asta tra pro­dut­tori ame­ri­cani, tede­schi e cinesi per la con­qui­sta della com­pa­gnia. In realtà, si sapeva da tempo che avrebbe vinto la sta­tu­ni­tense Whirl­pool, anche se, ad esem­pio, l’offerta cinese era eco­no­mi­ca­mente migliore e quella tede­sca poli­ti­ca­mente più oppor­tuna. Si sus­surra, in effetti, che l’attuale ammi­ni­stra­tore dele­gato della società mar­chi­giana fosse da tempo in rela­zioni di ami­ci­zia con il respon­sa­bile euro­peo della stessa Whirl­pool e che i due, di fronte anche ad azio­ni­sti diso­rien­tati e pas­sivi, si fos­sero messi d’accordo sulla tran­sa­zione già da molto tempo. Biso­gnerà stare almeno attenti, ora, per­ché la nuova pro­prietà rispetti le deci­sioni di quella vec­chia in merito ai recenti impe­gni assunti in ter­mini di inve­sti­menti ed occu­pa­zione, anche se, di nuovo, con l’attuale governo non c’è da spe­rare molto in que­sto senso.
Ma indub­bia­mente la par­tita più rile­vante per il paese si gioca in que­sto momento sull’Ilva. Le noti­zie di que­ste ore par­lano di una garan­zia da parte del governo verso il sistema ban­ca­rio per­ché con­ti­nui almeno per il momento ad ali­men­tare le casse della società ormai al limite dell’asfissia; di una pra­tica defe­ne­stra­zione di Ron­chi, sub-commissario per le que­stioni ambien­tali, in pra­tica costretto a dare le dimis­sioni; del man­cato e paral­lelo rifiuto, almeno per il momento, dello stesso governo ad uti­liz­zare gli 1,8 miliardi di euro, a suo tempo seque­strati dalla magi­stra­tura, per il risa­na­mento ambien­tale e per i nuovi inve­sti­menti neces­sari alla ripresa dell’azienda. Intanto pro­se­guono le trat­ta­tive, sem­bra esclu­sive, con Arce­lor Mit­tal per una ces­sione della compagnia.
Le noti­zie che arri­vano non sono dun­que con­for­tanti. Il governo, con una rap­pre­sen­tante della Con­fin­du­stria come la Guidi nella sua com­pa­gine, cerca di dare il minor fasti­dio pos­si­bile ai capi­ta­li­sti nostrani, trat­tando con i guanti gialli la stessa fami­glia Riva; e intanto, appa­ren­te­mente, si disin­te­ressa del risa­na­mento ambien­tale, men­tre a Taranto si con­ti­nua a morire e ad amma­larsi e men­tre il calo recente delle emis­sioni nocive sem­bra dovuto in buona misura alla chiu­sura, più o meno momen­ta­nea, di una parte degli impianti. D’altro canto, si è scelto per l’intervento nel capi­tale l’interlocutore sba­gliato, quella indiana Arce­lor Mit­tal che è già for­te­mente pre­sente in Europa, dove ha una capa­cità pro­dut­tiva lar­ga­mente in eccesso. Un suo inter­vento nel capi­tale dell’Ilva, moti­vato quindi sem­pli­ce­mente con il ten­ta­tivo di impe­dire l’ingresso nella com­pa­gine azio­na­ria dei con­cor­renti cinesi o coreani, signi­fi­che­rebbe pro­ba­bil­mente un taglio abba­stanza dra­stico degli impianti e con­se­guen­te­mente dell’occupazione. La vicenda con­ti­nua a svol­gersi peral­tro con il pos­si­bile ed ulte­riore inter­vento della magistratura.
Auspi­chiamo da tempo che, a difesa degli inte­ressi dei lavo­ra­tori e dello stesso svi­luppo dell’economia nazio­nale, che nella nuova com­pa­gine azio­na­ria entri, in posi­zione di rilievo, una qual­che entità pub­blica, la Cassa Depo­siti e Pre­stiti o lo stesso Tesoro. Ma c’è da spe­rare qual­cosa in tale dire­zione visto l’orientamento fana­ti­ca­mente libe­ri­sta dell’attuale governo e avendo la sen­sa­zione che ai posti di comando siano pre­senti molti dilet­tanti allo sbaraglio?

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