lunedì 18 febbraio 2013

La Piazza, la Rete e il Grillo televisivo di Giuliano Santoro, Micromega

Attenzione a non cadere nel frame sbagliato: la domanda da porsi non è “Perché Beppe Grillo non va in televisione?”. Quella domanda costruisce una cornice concettuale sbagliata perché sono anni che, al contrario di quanto vorrebbe farci credere, Grillo va in televisione, dettando le sue condizioni, imponendo il suo punto di vista, decidendo come e dove farsi vedere.
Il Capo-Comico va sul piccolo schermo del caro vecchio televisore grazie ai giochi di sponda con le numerose trasmissioni amiche o in cerca di audience che ne amplificano i messaggi dal palco e i video da lui diffusi e compare anche nelle televisioni on demand che ormai sono di stanza sul piccolo schermo dei nostri monitor. Non dimentichiamolo: Grillo scopre il web nel 2005, l’anno in cui comincia il grande mutamento di YouTube e dei social network, che consentono in maniera inedita di dettare contenuti e farli diffondere da orde di fan pronti ad autoattivarsi, a spargere il verbo e moltiplicare il consenso, per di più nella convinzione di combattere la sacra guerra della Rete contro i “vecchi media” e di contribuire a far circolare samizdat digitali e semiclandestini, video del leader sfuocati che paiono i messaggi dal covo segreto ma che in realtà rispondono esattamente alle logiche televisive che il fondatore e sovrano assoluto del Movimento 5 Stelle conosce e sa utilizzare benissimo.
Dunque, non si tratta di adeguarsi alla fittizia contrapposizione tra “Rete” e “Tv” che cercano di venderci Grillo e Casaleggio. E la domanda giusta per affrontare la clamorosa e commentatissima ritirata dall’intervista annunciata davanti alle telecamere di Sky è questa: “Come mai Beppe Grillo non vuole rispondere alle domande?”.
Oltre alla tv, c’è la piazza. Dalla campagna elettorale siciliana in poi, quella cominciata con l’impresa clamorosa dell’attraversamento a nuoto dello Stretto di Messina, Beppe Grillo ha inaugurato una strategia tutt’altro che virtuale: la messa in scena del proprio corpo. Beppe urla, si mostra affannato, si fa toccare (come disse lui stesso al New Yorker qualche anno fa, è fondamentale scendere dal palcoscenico e mostrarsi umano). Beppe arriva nelle piazze col suo camper, riproponendo il format del camper di “StranAmore”, quando Alberto Castagna portava in giro per il paese i suoi baffi sorridenti, a stringere mani a favor di telecamera e riconciliare coppie in crisi con la musica dei Beatles. Quando compare il camper, è il segno che Beppe sta arrivando. La folla applaude e lui, come disse anni fa Pippo Baudo rivelandone le doti da cabarettista, è bravissimo a capire cosa la gente vuole sentirsi dire.
La piazza di Grillo pare tradizionale, sembra la piazza delle sagre di un tempo e dei comizi degli anni Cinquanta, ma è anch’essa una piazza neotelevisiva. Perché si va ad assistere allo spettacolo di uno “famoso”, uno visto “alla televisione”, e perché ci si riprende con telefonini per mettere il video su YouTube e mostrare agli amici di Facebook che c’eravamo. Quando i misteriosi candidati messi in lista grazie alle poche decine di voti raccattati a quelle “parlamentarie” che sono state solo una misera consultazione privata, prendono impacciati il microfono in mano per ripetere slogan ritriti come “fatti e non parole” o “ci metto la faccia”, la piazza televisiva di Grillo si svuota. Loro non sono “famosi”, ma verranno eletti grazie alle liste blindate del Porcellum.
L’altro personaggio televisivo di questa campagna elettorale, Silvio Berlusconi. Non ha la stessa capacità di Grillo di utilizzare i nuovi media come se fossero televisori di una volta. E però i due, Silvio e Beppe, in questi ultimi giorni di campagna elettorale pescano dallo stesso bacino elettorale, stuzzicano le stesse sensibilità, accarezzano le stesse emozioni: meno spesa pubblica, basta politici di professione, non ascoltate chi parla difficile. Silvio è stanco e screditato. Beppe appare instancabile e vergine. Parla anche di “reddito di cittadinanza”, rinnovando la consuetudine di pescare a destra e a manca. Ma avremmo voluto chiedergli come pensa di finanziare questa ricetta sacrosanta, visto che allo stesso tempo promette meno tasse per gli imprenditori. Avremmo voluto chiederlo, ma lui, come è noto ormai a tutti, non accetta domande.

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