“E per quel che riguarda l’Unione Europea vada a farsi fottere” Le
parole scappate una decina di giorni fa a Victoria Nuland, segretario
di stato aggiunto e massimo responsabile Usa per le relazioni con la
Ue, non sono soltanto una gaffe intercettata e diffusa dai russi, ma
sono il filo conduttore per capirci qualcosa nella crisi ucraina. Nella
quale l’Europa, o meglio la Commissione di Bruxelles accetta un ruolo
subalterno e peggio ancora si presta a fare da alibi per un gioco
geopolitico tutto americano e alla fine antieuropeo.
Ufficialmente la questione Ucraina consisterebbe in una sorta di
ribellione popolare e “spontanea” all’interruzione voluta dal premier
Janukovich, corrotto e filorusso a corrente alterna, alle trattative per
l’ingresso del Paese nell’Unione. Ma qualcosa non funziona in questa
rappresentazione di presunte aspirazioni democratiche di un Paese al
collasso economico e appare terribilmente stonata quando Radio Free
Europe, l’emittente del dipartimento di stato Usa, reperto della guerra
fredda, battezza la rivolta Eurorivoluzione.
Non ci vuole molto a capire che la partita è fra Russia e Usa con gli
europei che tengono in mano il cerino dei pretesti, soprattutto per
ragioni elettorali e cioè per mostrare ai popoli impoveriti della
periferia continentale quale sia l’ansia di entrare nell’Unione e
tentare di arginare la cosiddetta protesta populista. Salvo che la posta
in gioco è invece tutt’altra e lo si capisce molto bene esaminando le
forze dell’ “opposizione democratica” che scendono in piazza in tutta
l’Ucraina occidentale (e come vedremo questa notazione è
significativa).
Dunque la versione della stampa occidentale è che si tratti di un
movimento teso a riavviare la “rivoluzione arancione” che come sappiamo
anche da Vikileaks vide una massiccia presenza americana. Ma questa
versione è insostenibile ormai da 38 giorni, ossia da quando,
nell’ambito della “protesta democratica” è sceso in campo il partito
nazista “Libertà” con una fiaccolata di 15 mila
persone inneggianti a Stepan Bandera (1909-1959) il leader nazionalista
alleatosi ai nazisti contro i sovietici e riconosciuto come colpevole di
genocidio per lo sterminio di 100 mila polacchi oltre ovviamente agli
ebrei. Da allora la capitale viene coperta di scritte antisemite e gli
ebrei cominciano ad esse aggrediti per strada. E del resto sulle
“barricate” ci sono il partito dell’Unione Pan Ucraina
dell’ex premier Tymoshenko, ora in carcere per appropriazione indebita,
che difende un’idea allargata della proprietà privata molto vicina alle
posizioni del Thea Party americano e che ha rappresentato circa il 25 %
dei voti nelle elezioni del 2012. Poi i sedicenti democristiani dell’ex
pugile Klishko (un 13% di consensi), il Partito Nazionalsocialista Ucraino
dell’ex chirurgo Tjagnibok, che tra le altre cose sostiene la
deportazione degli ebrei in Israele o la loro denaturalizzazione (10%
dei voti nel 2012), il Congresso dei nazionalisti ucraini,
su posizioni identiche a quelle di Tjagnibok, ma derivante dalle
vecchie reti stay behind create oltre la cortina di ferro (1% alle
elezioni) e infine Autodifesa Ucraina, formazione ultra
nazionalista che spedì a suo tempo gruppi di “volontari” armati in
Ossezia per sostenere la Georgia. Tutti stranamente hanno rifiutato
l’offerta di Janukovich di entrare nel governo, cosa che sarebbe la
strategia più efficace se la questione fosse davvero quella di
riprendere il filo di una futura entrata nella Ue.
Cosa abbia a che fare con l’Europa e con la democrazia questo
terribile mix è impossibile dirlo e sarebbe forse fonte di vergogna
spiegarlo, ma segue quella strategia della “confusione” adottata dagli
Usa per intervenire nelle primavere arabe o in Siria e in mancanza di
jihaidismi vari (anche se in realtà nel servizio d’ordine delle
manifestazioni compaiono anche i “Giovani Tartari” jiahidisti di ritorno
dalla Siria) si fa leva sui nazisti. Lo fanno quanto meno Victoria
Nuland e John McCain, senatore repubblicano ai vertici della Ned, la
facciata legale della Cia, prontamente inviati da Washington a sostenere
i manifestanti. Ma se l’Europa accetta nella sua inesistenza di fungere
da pretesto, il disegno è in sostanza simile a quello jugolsavo:
dividere l’Ucraina in una parte occidentale rivolta più all’Europa,
visto che un parte consistente era inserita nell’impero austroungarico e
una più orientale da secoli rivolta alla Russia e tra l’altro
russofona. Ma non c’è dubbio che anche una piccola Ucraina
ipernazionalista sia molto conveniente come luogo di sorveglianza,
contenimento di Mosca e all’uopo base di agitazione di rivolte
caucasiche. La dipendenza del Paese dalla Russia sul piano energetico,
ma anche gli antichi e forti legami culturali rendono di fatto
impossibile traghettare stabilmente tutto il Paese dentro un’alleanza
anti russa. Lo si è già sperimentato.
Naturalmente tutto questo non lo potete leggere nella grande stampa
europea intenta a tenere bordone alle impaurite elite politiche che si
avviano alle elezioni continentali e hanno bisogno di “eroi” da
spendere visto il peso di ciò che stanno facendo ai loro Paesi, tace
sulla massiccia presenza Usa dietro le quinte ed è elusiva rispetto a
quel popò di democratici che scendono in piazza con croci uncinate di
foggia varia. Anzi si adonta delle violenze della polizia e si guarda
bene dal citare i vari tentativi dei nazisti di approvvigionarsi di armi
sui mercati paralleli. Questa Europa inesistente di banchieri e
potentati, non è certo in grado di coltivare disegni imperialistici
propri e tanto meno vuole davvero sostenere la democrazia: sa solo
adeguarsi ai disegni altrui. Che quasi quasi verrebbe di essere
d’accordo con la Nuland.
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