domenica 7 giugno 2015

Coalizione sociale, il "fiore di maggio" di Landini sboccia in autunno




"Siamo convinti che la maggioranza delle persone che vivono in questo Paese oggi hanno bisogno di mettersi assieme per avere voce in capitolo e provare a cambiare questa situazione". Parte da qui il discorso con il quale Maurizio Landini ha chiuso la due giorni dell’assemblea nazionale della Coalizione sociale. Un passaggio intermedio, quello celebrato ai Frentani, che ha messo in moto quattro gruppi di lavoro (lavoro, città, conoscenza e clima) e ora tenta di rituffarsi nei territori per arrivare a settembre a qualcosa di più definito. Sempre tenendo conto della discriminante, però:fare politica non vuol dire essere un partito. Ecco percché Landini ci tiene a sottolineare la parola maggioranza a fianco alla parola “persone”. "Un'eventuale iniziativa di mobilitazione occorre studiarla, vederla, ragionarla visto che vogliamo mettere insieme soggetti diversi tra loro”, aggiunge. “E' come se noi pensassimo che anche in autunno possono sbocciano i fiori, e' come se facessimo un primo maggio che noi facciamo in autunno perche' diventa un elemento di unita' del Paese". L’invito rivolto a tutti è a "mettere in campo un'azione concreta che tenga assieme le diverse azioni da costruire sui territori", attraverso assemblee e confronti ma anche azioni sulla rete, per sostenere la mobilitazione. "Finito questo percorso in tutta Italia, ci si ritrovi qui" - ha detto - a riportare il frutto delle discussioni.

Al centro c’è il tentativo di battere il chiodo sulla cultura della partecipazione che non può essere reagalata al nemico. Sì, perché alla fine, dal disastro dell’astensionismo il Governo in carica tenta di rafforzarsi, prima che sia troppo tardi. Prima che la ferita diventi purulenta. Una accelerazione evidente già dalle prime battute “in mimetica” di Renzi. A questo occorre opporre un progetto politico e sociale che rimetta in moto il quadro delle mobilitazioni. "Attaccano i diritti ma non hanno la maggioranza nel paese", attacca Landini. E il primo banco di prova per dimostrare questo sarà proprio la scuola.

Su quest'ultimo punto, Landini ha richiamato la necessita' di proseguire la lotta contro il ddl e a favore della scuola pubblica, perche' la questione - ha detto - riguarda tutti e certo non solo studenti e professori. Un passaggio del discorso e' andato alla proposta del reddito minimo che "se si costruisce deve essere a carico della fiscalita' generale". "Noi - ha sottolineato - non siamo per 'assistenzialismo". Ma al centro della discussione non ha dimenticato di mettere temi centrali come il jobs act e l'attacco ai diritti dei lavoratori; il cambiamento del sindacato; la crisi, la disoccupazione e la necessita' di investimenti e di politica industriale; la casa e le occupazioni; l'emergenza immigrazione (e la manifestazine che si terra' il 20 giugno a Roma).
Landini e' partito nel suo intervento descrivendo la situazione di un paese segnato dalla disgregazione sociale, dalla contrapposizione, dalla forzata competizione "tra chi per vivere deve lavorare" e che non trova piu' rappresentanza nelle forze politiche. "Dico che fanno bene ad avere paura - ha sottolineato - siamo difronte al fatto che il 50% non va a votare e quelli li' discutono di chi ha vinto le elezioni, senza rendersi conto che se vai a vedere quanti voti hanno preso quando gli va di culo arrivano a non piu' del 20% reale. Di quale maggioranza stanno parlando, chi rappresentano? E in nome di quei voti li' ci stanno dicendo che possono far tutto senza parlare con nessuno". "Stanno cancellando i diritti e mettendo in discussione la Costituzione dicendo ma qualcuno ci ha votato - ha aggiunto - No, la maggioranza del paese non vi ha proprio votato e voi la maggioranza non la rappresentate". "Non possiamo dire che la rappresentiamo noi se no saremmo matti uguale - ha precisato - Quello che sta succedendo e' che non c'e' una rappresentanza nel paese e c'e' una domanda di partecipazione che non ha risposta". 

Da Marx a Churchill, dalla Fiom alla coalizione sociale: Landini lancia la sua creatura. Il 20 in piazza coi migranti

COALIZIONE SOCIALE

“Il punto è che nessuno di noi l’ha mai fatto questo percorso… Non è facile, né semplice, né scontato. E sarebbe rassicurante se si potesse dire: da oggi nasce una nuova forza politica. Sarebbero tutti più contenti sui giornali. E invece continueranno a non capire cosa sta succedendo… E fanno bene ad avere timore”. Non è il discorso di un criptico intellettuale. E’ Maurizio Landini, l’ex saldatore a capo della Fiom, che arringa la platea gremita del centro congresso Frentani a Roma. Secondo giorno di assemblea della ‘sua’ coalizione sociale. Oltre 200 interventi solo nella prima giornata di ieri, a nome di 300 associazioni di 80 città d’Italia. Qui lo considerano un successo. Non tanto per i numeri - “siamo all’inizio”, premette Landini - ma per quello che definiscono un ‘mix riuscito’. Tra sindacato e precari non iscritti al sindacato, l’intellettuale Stefano Rodotà e il militante del centro sociale, la Fiom e i comitati che occupano stabili per “il diritto alla casa”, sdogana Landini, lui che ammette: “Da metalmeccanico queste cose non le capivo…”.
Dopo la due giorni, il primo appuntamento è per “il 20 giugno a Roma contro le stragi nel Mediterraneo e per porre il problema di come affrontare il tema dei migranti”, dice il segretario della Fiom. E’ la risposta che s’incastra bene nella cronaca del giorno, diretta al governatore della Lombardia Roberto Maroni che ha intimato ai comuni di non accogliere i migranti in arrivo dal nord Africa, pena la perdita dei finanziamenti regionali. “Un modo barbaro di affrontare temi complessi”, denuncia Landini. Ma, al di là del 20 giugno, la coalizione sociale si muove senza calendari alla mano e consapevolmente senza una forma. Se non nei temi. Per orientarsi, forse può risultare utile la traccia di Stefano Rodotà: “La democrazia si salva se si sprigiona tutta la creatività sociale di associazioni e movimenti: questo è il compito che abbiamo davanti. Solo così si potrà dire che il potere non sta tutto da una sola parte”. Standing ovation per lui e anche uno, due tre, “Ro-do-tà! Ro-do-tà!” che ricordano piazza Montecitorio alle elezioni quirinalizie 2013.
Altri tempi. Oggi la ‘parte con il potere” di cui parla il professore è Matteo Renzi, naturalmente bersaglio di tutti gli interventi. “Il premier fa bene a preoccuparsi di chi c’è fuori dal Pd – attacca Landini – ma sarebbe ora che si occupasse anche di chi mettono dentro il Pd!”. Da Vincenzo De Luca a Mafia capitale: “La corruzione è un sistema in questo paese che serve per avere più potere e più soldi…”, continua il leader Fiom. E di fronte alla corruzione si esercita un “garantismo peloso e ipocrita, da prima Repubblica… - scandisce Rodotà – Renzi non dovrebbe guardare al codice penale ma all’articolo 54 della Costituzione sulla disciplina e l’onore che dovrebbero contraddistinguere chi è nelle istituzioni pubbliche”.
La griglia è questa. E Renzi è anche quello che ha fatto il Jobs Act, che porta avanti la sua ‘Buona scuola’. Per Landini i tempi sono maturi per mollare gli ormeggi. E si lancia in un territorio finora sconosciuto alla Fiom. “Io mi sono sempre battuto per l’applicazione delle leggi. Ma non posso chiedere l’applicazione del Jobs Act: piuttosto devo battermi contro. E così sulla scuola o sul diritto alla casa”. L’ammissione: “Io delle occupazioni non ero entusiasta… Lo capisci solo quando tocca a un metalmeccanico. E allora: se ci sono case sfitte o spazi inutilizzati bisogna fare qualcosa…”. Gli applausi gli coprono la voce.
E’ qui che si salda l’asse tra mondi diversissimi. E’ questo il cuore della coalizione sociale, esperimento che vuole incrociare “battaglie sul reddito e salario”, urla Michele De Palma, responsabile Auto della Fiom, un altro “piccolo Landini” – nota una signora in platea - che infiamma il Frentani. Perché “il contratto a tutele crescenti non ha nulla a che fare con il tempo indeterminato: è solo un altro contratto precario”. Sul reddito minimo la coalizione sociale proverà a muoversi in autunno. “Tra 2-3 mesi ci si ritrova qui per lanciare le mobilitazioni d’autunno – propone Landini – ma nel frattempo bisogna costruire tante piccole coalizioni sociali nei territori…”. E si va avanti. Con l’idea fin troppo chiara che “ci siamo rotti le scatole di essere sempre quelli che pagano le tasse e si fanno il mazzo dalla mattina alla sera” (sempre Landini). Avanti, ma a ruota libera.
Così libera che oggi al Frentani le citazioni dotte hanno coperto archi finora imprevedibili a sinistra. C’è Marx: “La coalizione è sempre l’esito di collisioni”, dice Francesco Raparelli, precario del Laboratorio per lo sciopero sociale: “La nostra coalizione deve avere la capacità di collidere”. C’è anche Eduardo Galeano: “Il cammino lo facciamo insieme”, dice Giuseppe De Marzo di Libera: “Perché i tre milioni e 200mila ‘working poors’ in Italia non dovrebbero esistere: sono incostituzionali!”. C’è l’Italo Calvino de ‘Le città Invisibili’: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui…”, recita – sì, recita – Gianmarco De Pieri del Tpo di Bologna. Ma c’è anche Winston Churchill, citato da Landini: “Ci sono tre tipi di bugie: le piccole, le grandi e le statistiche… sull’occupazione di cui ci inondano da mesi senza che cambi nulla”. E ci sono le mondine. Anche Rodotà recita alla fine: “Sebben che siamo donne, paura non abbiamo, abbiam delle belle buone lingue, in lega ci mettiamo…”. In platea c’è chi ironizza: “Veramente il canto continuerebbe così: 'E la libertà non viene, perché non c’è l’unione, crumiri col padrone, son tutti da ammazzar…'”. Alt: è solo un canto. E di altri tempi, ovviamente sì.
 

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