mercoledì 6 febbraio 2013

Pd, un programma (vago) per allearsi con Monti di Stefano Feltri




Il patto tacito ora è esplicito: Mario Monti e Pier Luigi Bersani si preparano a governare insieme per fermare Silvio Berlusconi. Ma con quale programma? Il Partito democratico ha preparato 16 pagine da distribuire a candidati e militanti per rispondere alle domande di potenziali elettori, avversari, o amici e parenti. Domande tipo “Ma volete cambiare la riforma Fornero?”.
E’ la linea ufficiale e, in assenza di un programma dettagliato, strumento assai utile per capire come Bersani ha davvero intenzione di muoversi. Su molti temi il Pd non ha una posizione netta, sia perché al proprio interno ha linee diverse sia per essere meglio pronto a trattare con Monti, quando servirà. Per esempio per quanto riguarda l’Unione europea. I democratici dicono che “garantiamo gli accordi presi in Europa” incluso il pareggio di bilancio nel 2013. E le promesse di rivedere, rinegoziare, aggirare la gabbia attorno ai conti? Il Pd – e il suo alleato Sel di Nichi Vendola – lo ripetono spesso nei talk show. Nelle risposte alle Faq, le domande frequenti, però non ce n’è traccia. E questa è una buona premessa per negoziare con Monti. Non solo: il Pd mette anche le premesse per una manovra correttiva, quando dice che “il 2013 rischia di essere difficilissimo per i conti pubblici” e che “bisognerà verificare i dati”. Altro che ammorbidimento del rigore. E le pensioni? L’estensore delle 16 paginette si avvita in una serie di perifrasi tipo “rendere il sistema pensionistico più flessibile” e ipotizzando “forme di invecchiamento attivo”. Che vuol dire: sulle pensioni si può intervenire ancora e i lavoratori più anziani devono rinunciare al riposto e rimanere “attivi”, cioè lavorare. Magari a salari più bassi. Elsa Fornero, ma anche lo stesso Monti, non avrebbero saputo dirlo meglio. Nei suoi comizi, invece, Pier Luigi Bersani trascura di sottolineare molto questi punti.
Non è tutto vago, ovviamente. Ci sono alcuni punti fermi sui temi chiave della campagna elettorale: l’acquisto dei caccia F35 (“bisogna assolutamente rivedere il nostro impegno”), la legge elettorale (“riproporremo la nostra riforma”, che in questa legislatura non ha trovato consenso sufficiente), un provvedimento drastico sul conflitto di interessi e “il riconoscimento giuridico delle coppie gay”. Ma su altre questioni c’è una prudenza prossima all’imbarazzo. Certe cose è meglio non dirle troppo forte in campagna elettorale, o gli elettori in bilico potrebbero spaventarsi. Per dire: l’immigrazione. I militanti Pd che devono spiegare “L’Italia giusta” vengono istruiti a dire che “rendendo impossibile la regolarità, la destra ha di fatto favorito la clandestinità”. E quindi? “Occorre voltare pagina e avviarci verso una legislazione saldamente ancorata alla migliore tradizione europea”. E chissà che vuol dire. O le grandi opere. Tav o non Tav? Una sola certezza “basta con la stagione delle grandi opere irrealizzabili e costose”. Meglio “selezionare pochi grandi opere strategiche”. Tipo il terzo valico? Lo sveleranno dopo il voto.
Anche la patrimoniale è un ectoplasma, appare e scompare: no a “interventi generali sul patrimonio” sì a “ogni eventuale contributo dei più abbienti per l’accesso ai servizi di un Welfare che va garantito ma che bisogna mettere al sicuro dal punto di vista della sostenibilità finanziaria” (una volta, a sinistra, sarebbero inorriditi: il dogma era imposte progressive e servizi universali). Alla domanda “avete idee particolari per sostenere sviluppo e occupazione” manca la risposta. Rimandano alla sezione politica industriale e lavoro. Anche quella poco dettagliata. Magari conviene leggere direttamente l’Agenda Monti, per integrare. Tanto, ormai è chiaro, i due programmi dovranno fondersi.

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