domenica 3 febbraio 2013

Cari compagni di SEL, non cedete al governismo.

ZipponiLettera aperta a Sel
Credo sia ora di intavolare un discorso non polemico ma neppure reticente con i dirigenti e soprattutto con i militanti di Sinistra ecologia e libertà.
Stiamo ai fatti: nella prima fase della campagna elettorale Bersani ha inanellato quattro prese di posizione che, sommate, delineano un preciso orizzonte politico. Ha bocciato la patrimoniale. Ha detto che non ripristinerà l’art. 18. Si è dichiarato pronto a coinvolgere l’Italia in un’ennesima spedizione militare, nel Mali. Ha assicurato il rispetto del Fiscal Compact, accordo che ci impone ogni anno, per vent’anni, 47 miliardi di tagli alla spesa pubblica: un massacro. Non stupisce che, a coronamento di questa visione politica, Bersani ponga un accordo post elettorale con Mario Monti, rappresentante in Italia delle più compiute politiche di destra.
Questa è la linea del Pd e non la smentiscono né le sterzate dell’ultima ora, come quella sugli F-35 né le polemiche con il futuro alleato Monti. Le prime hanno carattere tanto palesemente propagandistico da sfiorare la satira. Le seconde riguardano solo l’equilibrio dei poteri che ci sarà nell’alleanza di governo con Monti.
Si può dire che questa è la linea del Pd, non di Sel. Sarà anche vero, però incide a fondo su uno dei due prìncipi guida che hanno orientato tutto il percorso di Sel e in particolare proprio l’alleanza con Bersani.
Il primo di questi due assi portanti era attivare una dinamica di partecipazione diretta nella selezione della rappresentanza politica. Si può dire che quell’obiettivo è stato raggiunto. Le primarie del Pd hanno realmente fatto registrare un momento importante di partecipazione dal basso nell’indicazione dei candidati.
Questo successo di Sel è tuttavia in buna misura dovuto alla intuizione di Bersani, che ha capito quali immense possibilità gli venivano offerte dall’accettare la sfida delle primarie, in termini sia di moltiplicazione del consenso che di affrancamento personale dai numerosi condizionamenti interni che lo tenevano in ostaggio. Non a caso, i dividendi politici delle primarie sono stati incassati tutti da Bersani senza che neppure le briciole siano finite nel piatto di Sel e di Vendola.
Il secondo cardine nell’impostazione di Sel, direi addirittura la sua ragione sociale, era costituirsi come ala sinistra del Pd (poco importa se come area formalmente interna o esterna) e adoperare poi questa postazione per costringerlo a sterzare verso un indirizzo più radicale. Ora, l’orizzonte politico fissato da Bersani con i quattro punti già citati attesta il fallimento di quell’obiettivo e annulla in radice la “ragione sociale” di Sel. Di fatto, il Pd è riuscito nell’opera di usare e poi eliminare Sinistra ecologia e libertà. Ha fagocitato e volto a proprio esclusivo vantaggio la spinta partecipativa veicolata da Sel, per passare poi alla sua liquidazione politica.
In teoria, i dirigenti di Sel potrebbero spiegare la loro scelta di restare con il Pd, nonostante la certissima alleanza futura con Monti, perché, forti di cospicui gruppi parlamentari, potranno comunque rifiutare le scelte che non condividono, difendere una sostanziale autonomia e così  esercitare un certo potere di condizionamento. Sarebbe vero se Sinistra ecologia e libertà non avesse firmato un formale impegno che lo vincola a seguire le decisioni assunte dalla maggioranza dei gruppi parlamentari congiunti. Cioè, in buon italiano, a privarsi di ogni autonomia politica.
Resta l’eterna ed eternamente sospetta argomentazione: “Ma bisogna pur entrare nella stanza dei bottoni!”. La riposta è semplice: per fare cosa? Essendo esclusa ogni possibilità di modificare gli indirizzi del Pd e di fermare la sua deriva verso Monti, l’unica conquista certa, entrando nella stanza dei bottoni, è l’allocazione di un certo numero di dirigenti in Parlamento o al governo. Il che cambia certamente la loro condizione materiale,  ma per il resto lascia le cose esattamente come stanno.
Del resto, la storia d’Italia dimostra che i lavoratori non sono mai riusciti a incidere tanto e a modificare di tanto le cose come quando il Pci stava non all’opposizione e di lì riusciva a determinare profondi fenomeni politico-sociali perché la Dc doveva tener conto delle sue richieste e spesso concordare leggi e provvedimenti.
Ciò non significa affatto, sia chiaro, vantare una vocazione all’opposizione permanente. Al contrario, Rivoluzione Civile è nata proprio come progetto di governo ed è qui che si differenzia dal Movimento cinque stelle di Beppe Grillo. Ma l’obiettivo è appunto quello di governare, non di “stare al governo. Rivoluzione Civile non ha alcuna intenzione di farsi confinare nel ghetto della mera protesta e nemmeno in quello, dorato ma non meno angusto, della subalternità all’interno di una maggioranza. Vogliamo governare, sì, ma per realizzare un programma in piena controtendenza rispetto a quello della Bce, dell’Fmi, delle grandi banche come Goldman Sachs e dei loro agenti in politica, come Mario Monti.
Il nostro progetto parte da un’istanza forte di libertà. Libertà dei lavoratori, che devono potersi confrontare liberamente con l’impresa e dunque devono essere liberi di iscriversi al sindacato che vogliono, di poter scioperare e di poter decidere, con voto vincolante, sugli accordi che li riguardano. Libertà dei cittadini, degli uomini e delle donne di qualsiasi tendenza sessuale, fede o etnia, di godere in pieno di tutti i diritti civili in uno Stato realmente laico.
La nostra sfida è intrecciare questa battaglia di libertà con una nuova idea di legalità, obiettivo cruciale non più solo sul piano etico e morale ma anche su quello direttamente economico. Se l’economia illegale, una volta sommate tutte le sue voci, ammonta a 490 miliardi di euro, 30% del Pil, non è difficile concludere che quella è la camicia di forza che impedisce alle nostre imprese e alla nostra economia di respirare. Il progetto di Antonio Ingroia è appunto quello di affrontare per la prima volta questa eterna emergenza direttamente al livello dell’intreccio tra malavita, corruzione, finanza e  politica. Quella è la testa del mostro. Fino a che non la sia taglia, gli arti continueranno a ricrescere.
Per combattere questa battaglia di libertà e legalità, oggi, bisogna per forza essere presenti in Parlamento, cioè dove si legifera e dove è fondamentale portare la voce dei conflitti sociali reali,  ma non necessariamente nel governo. Oggi conta solo quanta possibilità di operare una postazione offre, e il governo con Monti non ne offre alcuna. Un progetto politico alternativo, che parte dall’opposizione per condizionare subito e governare domani, invece sì.
Noi siamo lì e lì vi aspettiamo.
Maurizio Zipponi - Gli Altri

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