di Stefano Galieni -
Sarebbero tante le parole da fissare nella memoria per le centinaia
di persone che ieri sera si sono affollate nel cinema Capranica di
Roma, a due passi da Montecitorio, per partecipare all’incontro
organizzato dalla Sinistra Europea con il leader di Rivoluzione Civile
Antonio Ingroia. Era da molto che non si sentiva un clima così
appassionato e lucido in cui si usciva dal provincialismo di certo
dibattito nostrano e si ragionava attorno ai problemi derivanti da una
crisi di sistema in chiave continentale. Merito dei 4 oratori che si
sono succeduti e merito di un pubblico attento e pronto. Ha introdotto
Fabio Amato, responsabile esteri del Prc che più volte è stato
interrotto dagli applausi soprattutto nei passaggi in cui ha snocciolato
le cifre dei danni prodotti non solo dalla crisi ma dalle ricette
utilizzate per uscirne, che hanno prodotto disoccupazione, povertà
diffusa, crollo dei parametri vitali di interi Paesi e il tutto con
il risultato di produrre invece arricchimento e crescita straordinaria
di potere per il capitale finanziario, per i pescecani delle banche.
Amato ha ricordato con vigore il valore dell’intuizione di ormai tanti
anni fa quando – la crisi non era ancora scoppiata – si diede vita
alla Sinistra Europea, nella prospettiva di immaginare un alternativa
radicale al liberismo. Jean Luc Melanchon, leader del Front de
Gauche, riversato sulla platea tutta la sua grande capacità di
coinvolgere e di convincere. Melanchon, dopo aver “confessato” di aver
abbandonato il Partito Socialista francese per timore di ritrovarsi
come nel Pd italiano ha dichiarato di essere venuto all’incontro con
l’intenzione di proporre a monsieur Ingroia di fare fronte comune contro il fiscal compact, le politiche di madame
Merkel e della Bce. Ha parlato di vera e propria crisi di civiltà
raccontando il disagio di come in un paese ricco come la Francia, dove
le risorse ci sarebbero per tutti, aumenta ogni giorno il numero delle
persone che si ritrova in strada a vivere frugando nei cassonetti. Ad
una condizione del genere occorre, secondo il leader francese, una
risposta da révolution citoyenne. «Anche da Ingroia, arriveranno
brutte sorprese per gli altri partiti. Oggi abbiamo incontrato una nuova
forza popolare, erede dell’Italia della Repubblica, delle bandiere
rosse, dell’uguaglianza». E in un tripudio ha concluso dicendo: «Mi
dicono che parlo francese ma muovo le mani come un italiano, quindi
tutti voi mi capite. Voglio che vinciate altrimenti mi toccherà
tornare». È poi intervenuto Antonio Ingroia che ha parlato senza mezzi
termini di momento storico di cui ha ringraziato Rifondazione Comunista.
Perfettamente d’accordo sulla necessità di un fronte europeo contro le
politiche liberiste che Melenchon ha posto con entusiasmo come
obbiettivo, è entrato nella specificità dei temi posti dichiarando che
RC vuole avere una reale ambizione, quella di governare il Paese. Le
elezioni e l’ingresso in parlamento con quanti più deputati e senatori
possibili debbono segnare solo l’inizio e la nascita di un movimento
che parte dal basso ma intende produrre cambiamenti radicali, non a
caso si utilizza la parola “rivoluzione” «Rc vuole essere la casa aperta
alla sinistra europea, per intraprendere battaglie comuni da portare
avanti insieme» rispondendo in maniera affilata a chi ha definito il
neonato movimento una “accozzaglia”. Ha poi sintetizzato la giornata
citando due accadimenti: la conferenza stampa in cui un nutrito gruppo
di dirigenti di Sel ha annunciato di lasciare la propria formazione per
confluire in RC «È la prima volta, che io sappia che si esce da un
partito in piena campagna elettorale e quindi non per essere inseriti
in lista ma per motivazioni reali. Hanno testualmente dichiarato di
uscire da un progetto che considerano morto e privo di futuro. Noi non
facciamo campagna acquisti ma siamo e resteremo uno spazio aperto». E
come secondo fatto importante il candidato premier ha indicato la
platea presente. Ingroia che aveva iniziato il proprio impegno nello
stesso cinema dichiarando “ Io ci sto” ha detto rivolgendosi a Paolo
Ferrero e a Jean Luc Melanchon, rispetto ad una alternativa europea “Noi
ci stiamo”. Dopo un lungo e forte abbraccio con Ingroia, il segretario
del Prc ha fatto le conclusioni partendo da quello che considera il
disastro prodotto da questa globalizzazione. Di come in questi ultimi
20 anni chi è potente è riuscito a distruggere ogni regola senza dovere
rendere conto a nessuno delle proprie azioni, in regime di piena
illegalità. Nessuna regola per il profitto, da esportare nei paradisi
fiscali e nessun diritto per chi lavora. I due elementi hanno per
Ferrero un legame inscindibile, da spezzare. Il sistema proposto e
imposto da Monti, ma accettato dalla destra, dal centro e dal centro
sinistra, è un sistema in cui non si propone lavoro ma occupazione
senza diritti, un sistema che porta inevitabilmente alla barbarie.
Secondo Ferrero Rivoluzione Civile può imporsi come il soggetto che
rimette in moto la possibilità di costruire una alternativa a partire
dal ruolo dei lavoratori: «Il movimento operaio è quello che ha nei
secoli impedito lo sfruttamento dei minori, creato il tempo libero
imponendo le 8 ore, creato la terza età con il diritto alla pensione e
imposto il welfare. Ora questi diritti vengono chiamati “rigidità”». Ha
anche evidenziato il paradosso statunitense come elemento di
confronto: «I repubblicani vogliono ridurre il debito eliminando ogni
forma di welfare, Obama preferisce rafforzare il welfare anche a costo
di non affrontare il debito. Sembra quasi che gran parte delle forze
politiche italiane, anche del centro sinistra, la pensino come i
repubblicani». Ferrero ha chiuso pensando al futuro, a come RC debba
divenire uno spazio pubblico a bassa soglia di accesso per ricostruire
cambiamento:« Ci vorrà tempo ma se uno i cambiamenti li vede ci prende
gusto, capisce che si può fare e cerca di ottenere di più. Questa è la
nostra rivoluzione. Dobbiamo portare questo dibattito nel Paese dicendo
la verità». Ha chiamato al lavoro e alla lotta, come si diceva un tempo,
il segretario del Prc, sommerso da applausi e da una platea in piedi e
a pugno chiuso.
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