Il lavoro – quando ce l’hai e sei giovane, quindi nell’età in cui puoi dare il meglio – è generalmente precario, malpagato, gestito con finte cooperative, in affitto, a progetto, fondato sul ricatto sottinteso: o ti sta bene così o fuori ne ho 100 pronti a prendere il tuo posto.
Ci
sono persone in gamba che le otto ore di cui tutti parlano non le fanno
quasi mai. Sono operative 10 ore al giorno, la sera da casa si collegano
via pc con l’ufficio e lavorano anche nei week end almeno tre o quattro
ore al pc. Nelle aziende il problema è lo smaltimento delle ferie
(obiettivo aziendale che spinge i manager a lavorare in ferie) che
sommate ai recuperi del personale sta diventando impossibile. Si lavora
già di più. E sul più tempo ci ha pensato il governo Monti, innalzando
l’età pensionabile. Ma è un di più sulla carta: presto, per effetto
della moria di imprese, non avremo per strada solo giovani, ma anche
cinquantenni espulsi dal mondo del lavoro. Che vivranno in una sorta di
limbo, con ancora 20 anni di lavoro impossibile davanti. E’ una
situazione drammatica la disoccupazione di mezza età. Ma perché a loro e
a qualche milione di italiani, ogni giorno tutto l’establishment del
Paese continua a dare pubbliche lezioni di vita al riparo di solide
rendite di posizione, posti di lavoro garantiti e di altrettanto certi e
ben remunerati vitalizi?
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