Non stupisce la repentinità della giravolta, già riservata a Milena
Gabanelli, né meraviglia la volgarità dei toni che gli insulti di Beppe
Grillo a Stefano Rodotà solo ribadiscono e confermano. Il professore che
appena qualche settimana fa era la figura di riferimento del Movimento
5Stelle per la candidatura al Quirinale, l'intellettuale che dalle
piazze il guru del camper indicava come l'uomo che «metterà d'accordo
tutti, uno di ottant'anni che sembra diventato un ragazzo», oggi è
trattato come «un ottuagenario miracolato dalla Rete, sbrinato di fresco
dal mausoleo dove era stato confinato dai suoi».
Quando i due capigruppo a 5Stelle, andarono a trovare Rodotà, uscirono da quell'incontro colpiti dalla gentilezza del loro interlocutore. Oggi, dopo la manganellata mediatica inferta al professore dal loro capo, dovrebbero avere la dignità di una replica (come hanno fatto diversi parlamentari davanti alle telecamere) che difficilmente arriverà.
Pizzicato da una critica, del resto già argomentata all'indomani delle elezioni di febbraio, proprio con una riflessione sul rapporto tra la Rete, la piazza e il parlamento, Grillo non risponde nel merito, non discute, non si confronta. La debolezza del suo pensiero è invece inversamente proporzionale alla pesantezza del linguaggio, sempre tirato all'effettaccio da comizio, alla risata sollecitata storpiando i nomi, insistendo sui difetti fisici degli avversari, ora anche sulla «colpa» dell'età.
Nelle analisi più interessanti sul grillismo, è stata messa in risalto la sua natura brifronte. Il suo essere di sinistra negli accenti sulla democrazia partecipativa, nella critica ai partiti, e di destra nell'ossessione, uguale e contraria, dell'iperdemocrazia piegata al controllo centralizzato del partito-azienda guidato da un uomo solo al comando. In perfetta coerenza con l'indifferenza alle condizioni materiali dei propri sostenitori-elettori, come se i cittadini fossero un mondo unico da inglobare nella «totalità» del Movimento.
Lo scivolone amministrativo, tra l'altro non così catastrofico se attesta le liste a 5Stelle attorno a percentuali comunque a due cifre, sta funzionando come cartina al tornasole delle pulsioni più verticistiche, padronali, populiste. Combattere i partiti per annunciare la verità di una sola forza politica, autoproclamarsi unico rappresentante della nuova palingenesi, prefigurare un futuro parlamento purificato dalle scorie del dissenso, allontana la democrazia e avvicina il regime. La caccia alle streghe in corso tra i parlamentari, le scomuniche quotidiane, il desiderio di espellere i «peccatori», fino a negare l'autonomia del mandato parlamentare, è la schiuma nerastra che emerge. Rischiando di distruggere un'esperienza politica importante, positiva, che andrebbe aiutata a maturare, e soprattutto difesa dal pensiero unico del suo piccolo padre.
Quando i due capigruppo a 5Stelle, andarono a trovare Rodotà, uscirono da quell'incontro colpiti dalla gentilezza del loro interlocutore. Oggi, dopo la manganellata mediatica inferta al professore dal loro capo, dovrebbero avere la dignità di una replica (come hanno fatto diversi parlamentari davanti alle telecamere) che difficilmente arriverà.
Pizzicato da una critica, del resto già argomentata all'indomani delle elezioni di febbraio, proprio con una riflessione sul rapporto tra la Rete, la piazza e il parlamento, Grillo non risponde nel merito, non discute, non si confronta. La debolezza del suo pensiero è invece inversamente proporzionale alla pesantezza del linguaggio, sempre tirato all'effettaccio da comizio, alla risata sollecitata storpiando i nomi, insistendo sui difetti fisici degli avversari, ora anche sulla «colpa» dell'età.
Nelle analisi più interessanti sul grillismo, è stata messa in risalto la sua natura brifronte. Il suo essere di sinistra negli accenti sulla democrazia partecipativa, nella critica ai partiti, e di destra nell'ossessione, uguale e contraria, dell'iperdemocrazia piegata al controllo centralizzato del partito-azienda guidato da un uomo solo al comando. In perfetta coerenza con l'indifferenza alle condizioni materiali dei propri sostenitori-elettori, come se i cittadini fossero un mondo unico da inglobare nella «totalità» del Movimento.
Lo scivolone amministrativo, tra l'altro non così catastrofico se attesta le liste a 5Stelle attorno a percentuali comunque a due cifre, sta funzionando come cartina al tornasole delle pulsioni più verticistiche, padronali, populiste. Combattere i partiti per annunciare la verità di una sola forza politica, autoproclamarsi unico rappresentante della nuova palingenesi, prefigurare un futuro parlamento purificato dalle scorie del dissenso, allontana la democrazia e avvicina il regime. La caccia alle streghe in corso tra i parlamentari, le scomuniche quotidiane, il desiderio di espellere i «peccatori», fino a negare l'autonomia del mandato parlamentare, è la schiuma nerastra che emerge. Rischiando di distruggere un'esperienza politica importante, positiva, che andrebbe aiutata a maturare, e soprattutto difesa dal pensiero unico del suo piccolo padre.
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