lunedì 7 marzo 2016

In campo con una lista civica a Milano per sfidare i due dioscuri delle privatizzazioni di Curzio Maltese

 
Sono contrario per principio alle candidature che arrivano prima di un programma. La personalizzazione della politica, in assenza di visioni e valori, produce soltanto trasformismi e pessimo governo, come dimostrano il fenomeno Berlusconi e il sottostante renzismo. Quindi non ho mai candidato me stesso a sindaco di Milano, ma un'idea. Sono comunque contento che l'aver preso un'iniziativa abbia finalmente avviato una discussione in città sull'importanza di costruire una lista civica, alla guida della quale sono emerse varie disponibilità. Fra queste, se si potesse votare (ormai è tardi), io sceglierei Gherardo Colombo, che ho personalmente invitato ad accettare, mettendo a disposizione il ritiro immediato della mia candidatura, diventata reale grazie ai media e ai sondaggi).
La posta in gioco è troppo alta per ridurla a una questione di nomi. Milano ha il dovere e il diritto di guardare a un futuro da grande capitale europea, come aveva cominciato a fare con la giunta Pisapia, dopo anni di pessimo governo cittadino. Bisogna costruire un programma ispirato agli esempi più virtuosi di capitali europee, da alcune del Nord alle nuove giunte di sinistra a Madrid e Barcellona.
Al contrario, centrosinistra e centrodestra a Milano riesumano il bolso, rovinoso mito anni Ottanta del manager liberista, con due candidati gemelli. Giuseppe Sala e Stefano Parisi hanno già (mal) governato Milano da city manager con le giunte Moratti e Albertini, le peggiori dal dopoguerra. Chiunque vinca fra i candidati gemelli, il futuro di Milano sarà comunque quello di una città immensamente ricca abitata da cittadini sempre più poveri, a vantaggio di una piccola oligarchia d'affaristi.
Contro e in alternativa a questo destino deciso dalle segreterie politiche romane, a Milano è necessario costruire fuori dai partiti una lista civica che non perda tempo a mettere d'accordo le tante e al solito divise anime della sinistra radicale, con Sel che già sostiene Sala sindaco, ma sia capace di rivolgersi a tutti i milanesi e contendere la vittoria ai due dioscuri delle privatizzazioni.
Sarebbe un segnale importante per la città e per l'Italia. E' evidente che Milano rappresenta, come spesso nella storia, un test e un laboratorio politico. In questo caso, delle prossime elezioni nazionali che si svolgeranno con una legge elettorale incostituzionale e in un quadro politico inquietante per la democrazia italiana. Da una parte il Partito della Nazione di Renzi, incarnato a Milano dalla lista Sala, un puro contenitore trasformistico di potere che va dagli amici di Verdini a Comunione e Liberazione agli ex bersaniani fino a pezzi di Sel, tutti uniti sotto la bandiera del liberismo manageriale benedetto dai comitati d'affari.
Dall'altra una destra impresentabile mascherata dietro un candidato moderato, alla quale il trasformismo del Pd rischia di riconsegnare prima Milano e poi il Paese. Come terza forza, esclusa in partenza dal ballottaggio, un Movimento 5 Stelle che, come testimonia la scelta del candidato milanese (nominato con 74 clic sul computer), non riesce a fare il salto da _ gestito con metodi da setta _ a forza credibile di governo. Fuori da questa mediocre offerta esistono milioni di cittadini non rappresentati, la parte migliore del Paese, una maggioranza sociale che non è ancora maggioranza politica. Il Partito della Nazione di Renzi vuole, con le elezioni di primavera e poi col referendum costituzionale in autunno, togliere sovranità ai cittadini per decidere tutto all'interno di un grumo di potere. Dobbiamo impedirglielo e, insieme, possiamo.

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