Inadeguati. La prima parola che mi viene in mente è questa, dopo i risultati che sanciscono l'uscita dalla UE della Gran Bretagna. Inadeguata l'Europa, come inadeguata è la lettura di ciò che è accaduto, perché ancora oggi tutti i commentatori sono attenti solo a due questioni: da un lato, l'analisi ossessiva e continua di ciò che sta succedendo alle borse di tutto il mondo e dall'altro, la lagnanza un po' aristocratica sul fatto che "su questi temi non si vota".
In sostanza, i media dicono che il popolo è bue e non può scegliere. Lo stesso discorso lo hanno fatto per settimane sul referendum greco dello scorso luglio. Alla crisi della democrazia vorrebbero rispondere con una ulteriore contrazione della democrazia. Tutto andrebbe bene se si abolissero le elezioni o le consultazioni popolari per 5 o 6 anni. Ma andrebbe tutto bene per chi?
Il cuore del problema e il problema dell'Europa sta proprio qui: molta attenzione ai mercati finanziari, nessuna riflessione su che diavolo stia accadendo e soprattutto perché, nella pancia e nella testa delle classi più deboli. Votano "Brexit" i ceti popolari e la piccola borghesia, i più colpiti dalla crisi, quelli che stanno progressivamente perdendo tutto: il lavoro, la tutela, la prospettiva per sé e per i propri figli. E votano "Brexit" mutuando la retorica e il linguaggio della destra che monta sulla paura e la rivolge verso un nemico semplice, lo straniero. Che, si badi bene, in Gran Bretagna non è solo ed esclusivamente il nord africano, o il siriano, ma anche il lavoratore che arriva dal Sud Europa. Sono i nostri figli, i nostri nipoti, i nostri amici, quelli con cui facciamo le chiamate Skype almeno una volta a settimana.
Cosa accade nella pancia degli operai di Manchester? Più o meno la stessa cosa che succede da anni nella pancia del piccolo commerciante di Roma, o del disoccupato a Quarto Oggiaro, a Milano. Questa è la domanda che oggi tutti dovrebbero farsi e su cui si dovrebbe discutere. O almeno dovrebbe farlo la Sinistra, in Italia e in Europa, se ancora ritiene che le classi subalterne siano la stella polare cui fare riferimento e se ancora ritiene che il capitalismo finanziario delle élite europee sia il male da combattere.
Siamo di fronte alla disgregazione dell'Europa, è certo. Ma non per la Brexit. Avremmo avuto la disgregazione anche con il "Remain" visto che le condizioni poste dalla Gran Bretagna all'UE per la permanenza erano tutte in senso anti-UE. Siamo di fronte alla disintegrazione, ma non da oggi. Questo è il punto. È accaduto e le conseguenze non possiamo prevederle perché non era ancora accaduto. Invece che esercitarsi su previsioni esoteriche occorre comprenderne le ragioni, nominare le responsabilità e agire di conseguenza. La responsabilità è delle oligarchie tecnocratiche e finanziarie. Il voto di ieri è il risultato della separazione crescente e conflittuale tra oligarchie e democrazia, tra sviluppo del capitalismo finanziario e democrazia. Più banalmente, tra poveri e ricchi di questa Europa, in cui i poveri sono sempre di più e i ricchi sempre di meno e sempre più ricchi.
Un monito che la Sinistra ripete da anni. Inascoltata. E allora, la verità è che non ce la caviamo con la retorica degli Stati Uniti d'Europa. Non funziona più. Come non funziona il richiamo alla "generazione Erasmus". Perché è falsa. Perché non vede che accanto alla generazione che gira l'Europa c'è una parte di società e di quella stessa generazione che è sempre più esclusa. Fra l'Europa delle banche, accompagnata dalla globalizzazione dei mercati finanziari, e un salto nel buio, hanno scelto il salto nel buio.
L'unica via di uscita è la democrazia: fare carta straccia degli attuali trattati su cui si è fondato un patto sbagliato e anti-popolare e subito costruire un patto nuovo. Al posto del pareggio di bilancio, la nuova Europa tuteli i diritti dei cittadini, il potere d'acquisto dei loro salari, o la possibilità di avere un reddito e una casa, a prescindere dal paese in cui nasci e vivi. Serve un processo costituente dal basso vero, che consenta agli europei (oggi categoria mitica) di scegliere anche il governo europeo, sulla base di proposte politiche chiare e nette.
In tutto questo, c'è anche una possibilità della Sinistra che ha la responsabilità di essere rimasta per troppo tempo afona. O si risponde alla crisi dal basso, con una buona dose di conflitto sociale che sappia nominare le vere responsabilità del disastro cui stiamo assistendo, che non sono certo i lavoratori (siano essi italiani in Inghilterra, o africani in Italia) oppure questo ennesimo salto della Storia potrebbe avere esiti davvero imprevedibili. Per paradosso, le classi dirigenti europee dovrebbero guardare con attenzione e benedire la capacità conflittuale che il popolo francese sta dimostrando e mettendo in pratica, contro la Loi Travail. Potrebbe essere anche la loro ancora di salvezza.
Il cuore del problema e il problema dell'Europa sta proprio qui: molta attenzione ai mercati finanziari, nessuna riflessione su che diavolo stia accadendo e soprattutto perché, nella pancia e nella testa delle classi più deboli. Votano "Brexit" i ceti popolari e la piccola borghesia, i più colpiti dalla crisi, quelli che stanno progressivamente perdendo tutto: il lavoro, la tutela, la prospettiva per sé e per i propri figli. E votano "Brexit" mutuando la retorica e il linguaggio della destra che monta sulla paura e la rivolge verso un nemico semplice, lo straniero. Che, si badi bene, in Gran Bretagna non è solo ed esclusivamente il nord africano, o il siriano, ma anche il lavoratore che arriva dal Sud Europa. Sono i nostri figli, i nostri nipoti, i nostri amici, quelli con cui facciamo le chiamate Skype almeno una volta a settimana.
Cosa accade nella pancia degli operai di Manchester? Più o meno la stessa cosa che succede da anni nella pancia del piccolo commerciante di Roma, o del disoccupato a Quarto Oggiaro, a Milano. Questa è la domanda che oggi tutti dovrebbero farsi e su cui si dovrebbe discutere. O almeno dovrebbe farlo la Sinistra, in Italia e in Europa, se ancora ritiene che le classi subalterne siano la stella polare cui fare riferimento e se ancora ritiene che il capitalismo finanziario delle élite europee sia il male da combattere.
Siamo di fronte alla disgregazione dell'Europa, è certo. Ma non per la Brexit. Avremmo avuto la disgregazione anche con il "Remain" visto che le condizioni poste dalla Gran Bretagna all'UE per la permanenza erano tutte in senso anti-UE. Siamo di fronte alla disintegrazione, ma non da oggi. Questo è il punto. È accaduto e le conseguenze non possiamo prevederle perché non era ancora accaduto. Invece che esercitarsi su previsioni esoteriche occorre comprenderne le ragioni, nominare le responsabilità e agire di conseguenza. La responsabilità è delle oligarchie tecnocratiche e finanziarie. Il voto di ieri è il risultato della separazione crescente e conflittuale tra oligarchie e democrazia, tra sviluppo del capitalismo finanziario e democrazia. Più banalmente, tra poveri e ricchi di questa Europa, in cui i poveri sono sempre di più e i ricchi sempre di meno e sempre più ricchi.
Un monito che la Sinistra ripete da anni. Inascoltata. E allora, la verità è che non ce la caviamo con la retorica degli Stati Uniti d'Europa. Non funziona più. Come non funziona il richiamo alla "generazione Erasmus". Perché è falsa. Perché non vede che accanto alla generazione che gira l'Europa c'è una parte di società e di quella stessa generazione che è sempre più esclusa. Fra l'Europa delle banche, accompagnata dalla globalizzazione dei mercati finanziari, e un salto nel buio, hanno scelto il salto nel buio.
L'unica via di uscita è la democrazia: fare carta straccia degli attuali trattati su cui si è fondato un patto sbagliato e anti-popolare e subito costruire un patto nuovo. Al posto del pareggio di bilancio, la nuova Europa tuteli i diritti dei cittadini, il potere d'acquisto dei loro salari, o la possibilità di avere un reddito e una casa, a prescindere dal paese in cui nasci e vivi. Serve un processo costituente dal basso vero, che consenta agli europei (oggi categoria mitica) di scegliere anche il governo europeo, sulla base di proposte politiche chiare e nette.
In tutto questo, c'è anche una possibilità della Sinistra che ha la responsabilità di essere rimasta per troppo tempo afona. O si risponde alla crisi dal basso, con una buona dose di conflitto sociale che sappia nominare le vere responsabilità del disastro cui stiamo assistendo, che non sono certo i lavoratori (siano essi italiani in Inghilterra, o africani in Italia) oppure questo ennesimo salto della Storia potrebbe avere esiti davvero imprevedibili. Per paradosso, le classi dirigenti europee dovrebbero guardare con attenzione e benedire la capacità conflittuale che il popolo francese sta dimostrando e mettendo in pratica, contro la Loi Travail. Potrebbe essere anche la loro ancora di salvezza.