31 maggio.
a
leggere i giornali di oggi si riceve l’impressione che la discussione
non stia partendo sul piede giusto. Come sapete io non aderisco al
Movimento, di cui però mi considero un compagno di strada e, se qualcuno
potrebbe giustamente obiettarmi che, essendo un esterno, non devo
interferire nella discussione, però questa mia posizione mi dà, forse,
il vantaggio di vedere le cose con più distacco e dare un contributo,
spero, utile. Ed, allora, prima di tutto, penso si possa essere
d’accordo su una cosa: al M5s non servono processi ed imputati da
portare alla fucilazione, ma una discussione politica pacata, seria,
profonda, alla ricerca degli errori che possono aver prodotto questo
cattivo risultato. E non serve cercare giustificazioni, anche perché, se
ci sono errori soggettivi si può sempre cercare di correggerli, se
invece non ci sono errori ed è tutto il frutto delle avverse
circostanze, c’è solo da prendere atto che la battaglia è impari e
occorre arrendersi. Ma, se si vuol continuare a combattere, è necessario
capire cosa non ha funzionato e cosa va corretto.
Anche se poi nella vicenda hanno pesato altri elementi come l’assenza di Casaleggio che è stato fuori combattimento sino alla vigilia del comizio romano, il che ha avuto un suo peso e come!
Più che erranti, vanno cercati gli errori. E partiamo da una cosa molto facile: qui bestialità sono state fatte da tutti in questo anno. Anche da Grillo e Casaleggio (quando si perde, lo Stato Maggiore è sempre il primo a doverne rispondere), ma anche dai gruppi parlamentari, dagli addetti alla comunicazione ed anche dai militanti che sono stati troppo subalterni e non hanno alzato sempre la voce quando avrebbero dovuto. ecce cc. Ma la cosa è anche normale: in politica come nella vita si fanno un sacco di sciocchezze, è inevitabile, l’importante è riconoscerle in tempo e correggerle. Anche perché qui non siamo alla disfatta di Watterloo e neppure a Caporetto, siamo ad una sconfitta consistente, ma onorevolissima e suscettibile di ripresa. Per cui non facciamo psicodrammi.
Capisco che a un movimento politico giovane e fatto da giovani ed inesperti, la prima sconfitta sembri un fatto terribile e irreparabile, ma cari amici, imparerete che in politica si prendono un sacco di cazzotti in faccia, l’importante è non andare al tappeto e contrattaccare. Se mi consentite, da vecchio sessantottino, ho una certa pratica in materia di sconfitte e so dirvi che ci si può rialzare.
Allora, se lo spirito è questo, il metodo più corretto è quello per cui ciascuno parta dall’analisi dei propri errori, prima di parlare di quelli degli altri. Questo vale per tutti: dai parlamentari ai singoli militanti e per Beppe e Gianroberto che, troppe volte, si sono comportanti un po’ da primedonne insofferenti alle critiche. E, invece, un leader politico che sa accogliere le critiche ed ammettere i suoi errori non perde di autorevolezza, ne acquista.
E per essere coerente con quello che ho appena detto, non mi chiamo fuori ed inizierò dall’ammissione delle mie responsabilità: anche se in diverse occasioni ho criticato Grillo dalle pagine di questo blog, non l’ho fatto abbastanza e sono stato un po’ troppo indulgente. Ed anche io, pur non essendo fra i più scatenati, ho creduto in una facile vittoria, ero convinto di un risultato intorno al 27% e, soprattutto, non ho valutato adeguatamente le potenzialità di espansione del Pd che davo al 31-33%. Di conseguenza, anche io ho assecondato aspettative eccessive che oggi hanno un pesante effetto boomerang.
Gad Lerner mi ha gratificato di un post in cui mi definisce “demenziale azzeccagarbugli” con uno stile offensivo che non gli conoscevo e mi ha stupito; poco male: non sono permaloso e non me la prendo. Di tutte le cose che dice, su una ha ragione: quando mi rimprovera di non aver fatto subito presente, già in campagna elettorale, che la minaccia di Grillo, di farsi da parte se non avesse vinto, era una inutile sbruffonata perché si sarebbe trovato nella impossibilità di dar corso a quell’impegno. Giusto: non ho dato alla cosa il peso che avrebbe dovuto avere e non l’ho segnalata, sbagliano. Magari oggi sarebbe carino che Grillo ammettesse di essersi sbagliato, spiegando perché resta. Sono contrario alle sue “dimissioni”, ma, insomma, non è che si possa far finta di niente e continuare senza un briciolo di giustificazione.
Come vedete, anche da collaterale ho le mie responsabilità, che ammetto. Ora vediamo se questo lo fa anche chi non è collaterale ma è dentro. Ognuno si assuma la sua quota di responsabilità senza giocare al rinfaccio di colpe vere o presunte.
Soprattutto, per cortesia, abbassate i toni e siate tutti realisti: il M5s oggi non è in grado di sopravvivere senza Grillo (per lo meno non ancora), ma è anche vero che se Beppe non si fa un po’ di lato, lasciando spazio agli altri, il M5s non crescerà mai. Cattivi allievi quelli che non cercano di superare il maestro, ma pessimo maestro quello che non lavora per il suo superamento.
Peraltro, che tutti evitino di portare il dibattito al limite della rottura: è autolesionistico chiedere a Grillo di farsi da parte, ma basta anche con le espulsioni alla prima parola storta contro il “Capo”. Si discuta laicamente di tutto senza isterismi. Andare in Tv? Parliamone. Cambiare i toni della comunicazione? Si può ma che nuovi registri adottare? Criticare Grillo o Casaleggio? Si ma senza astio da una parte e risentimenti dall’altra. Si può parlare di tutto. Soprattutto se non si urla.
Credo anche che sarebbe bene discutere della forma organizzativa che, così com’è, non convince per niente. La soluzione del simbolo e sigla proprietà di una società di poche persone non è una novità: più o meno la stessa cosa avevano fatto molto prima Berlusconi e Di Pietro, che, però, non mi sembrano esempi da imitare.
Lo so che Grillo non usa questo suo potere, ad esempio, per fare le liste, ma questo del partito “personale” diventa un argomento degli avversari che si può togliere dalle loro mani. Dunque, sarebbe il caso di formalizzare l’esistenza del movimento, magari di dotarlo di organi dirigenti, i più snelli del mondo, sia chiaro, ma comunque certificati da atti formali.
Dopo di che, oltre che cercare errori, è il caso di individuare obiettivi e target: a chi vuole rivolgersi il M5s? In che aree sociali di elettorato vuol fare breccia? Che proposte offre e che battaglie intende fare in loro favore? Fra un anno ci saranno le amministrative, che sono un test sempre sfavorevole al M5s che prende regolarmente una metà o un terzo del suo elettorato delle politiche. Attenzione perché questo sarà servito come la prova del declino inarrestabile del movimento e, dunque, occorre uno sforzo straordinario per reggere l’impatto.
E voglio farla io una proposta: il M5s esca dal chiuso del blog, delle stanze di Montecitorio, di Palazzo Madama o di via Morone, vada in piazza, promuova assemblee popolari, mandi i suoi parlamentari nei posti di lavoro, nelle facoltà, nei circoli di quartiere, nel caso anche nei bar dello sport, per chiedere alla gente, faccia a faccia, “Cosa ti aspetti dal M5s? Cosa vorresti che facesse? Cosa non ti convince nel M5s? Come vorresti che parlasse?” E cominci di lì la consultazione per la ripresa. Un confronto forse più faticoso, ma certamente meno velenoso e più produttivo delle faide interne.
Dopo di che si riprenda il confronto interno senza arrocchi settari ma anche senza autolesionismi. Ultimissima cosa e perdonatemi la lunghezza: l’Ukip di Farange non è un gruppo fascista, come Alba dorata, siamo d’accordo, ma è un gruppo ultranazionalista, xenofobo, nuclearista e reazionario. Cosa ha a che fare il M5s con un gruppo così? Temo che fare gruppo insieme a Strasburgo costerebbe una paccata di voti al M5s. Pensateci bene.
Mi rendo conto che ci sono pochi giorni e che se si finisce nel gruppo misto, per il demenziale regolamento del Parlamento europeo, non si ha neppure diritto di parola e di proposta, ma solo di voto, per cui occorre fare gruppo con qualcuno. Ma non sarebbe meglio cercare verso i Verdi o la lista Tsipras? Magari escogitando qualche formula tecnica particolare (avrei delle idee in proposito). Capisco che neanche Verdi e Tsipras siano la stessa cosa del M5s, ma, insomma, mi pare siano complessivamente ben più simili di Farange.
Scusate la lunghezza, ma vi assicuro che da amico non vi tacerò mai nessuna critica, anche aspra, quando lo meriterete. Quelli che dicono sempre di si non sono gli amici veri, sono i lacchè ed i carrieristi.
Anche se poi nella vicenda hanno pesato altri elementi come l’assenza di Casaleggio che è stato fuori combattimento sino alla vigilia del comizio romano, il che ha avuto un suo peso e come!
Più che erranti, vanno cercati gli errori. E partiamo da una cosa molto facile: qui bestialità sono state fatte da tutti in questo anno. Anche da Grillo e Casaleggio (quando si perde, lo Stato Maggiore è sempre il primo a doverne rispondere), ma anche dai gruppi parlamentari, dagli addetti alla comunicazione ed anche dai militanti che sono stati troppo subalterni e non hanno alzato sempre la voce quando avrebbero dovuto. ecce cc. Ma la cosa è anche normale: in politica come nella vita si fanno un sacco di sciocchezze, è inevitabile, l’importante è riconoscerle in tempo e correggerle. Anche perché qui non siamo alla disfatta di Watterloo e neppure a Caporetto, siamo ad una sconfitta consistente, ma onorevolissima e suscettibile di ripresa. Per cui non facciamo psicodrammi.
Capisco che a un movimento politico giovane e fatto da giovani ed inesperti, la prima sconfitta sembri un fatto terribile e irreparabile, ma cari amici, imparerete che in politica si prendono un sacco di cazzotti in faccia, l’importante è non andare al tappeto e contrattaccare. Se mi consentite, da vecchio sessantottino, ho una certa pratica in materia di sconfitte e so dirvi che ci si può rialzare.
Allora, se lo spirito è questo, il metodo più corretto è quello per cui ciascuno parta dall’analisi dei propri errori, prima di parlare di quelli degli altri. Questo vale per tutti: dai parlamentari ai singoli militanti e per Beppe e Gianroberto che, troppe volte, si sono comportanti un po’ da primedonne insofferenti alle critiche. E, invece, un leader politico che sa accogliere le critiche ed ammettere i suoi errori non perde di autorevolezza, ne acquista.
E per essere coerente con quello che ho appena detto, non mi chiamo fuori ed inizierò dall’ammissione delle mie responsabilità: anche se in diverse occasioni ho criticato Grillo dalle pagine di questo blog, non l’ho fatto abbastanza e sono stato un po’ troppo indulgente. Ed anche io, pur non essendo fra i più scatenati, ho creduto in una facile vittoria, ero convinto di un risultato intorno al 27% e, soprattutto, non ho valutato adeguatamente le potenzialità di espansione del Pd che davo al 31-33%. Di conseguenza, anche io ho assecondato aspettative eccessive che oggi hanno un pesante effetto boomerang.
Gad Lerner mi ha gratificato di un post in cui mi definisce “demenziale azzeccagarbugli” con uno stile offensivo che non gli conoscevo e mi ha stupito; poco male: non sono permaloso e non me la prendo. Di tutte le cose che dice, su una ha ragione: quando mi rimprovera di non aver fatto subito presente, già in campagna elettorale, che la minaccia di Grillo, di farsi da parte se non avesse vinto, era una inutile sbruffonata perché si sarebbe trovato nella impossibilità di dar corso a quell’impegno. Giusto: non ho dato alla cosa il peso che avrebbe dovuto avere e non l’ho segnalata, sbagliano. Magari oggi sarebbe carino che Grillo ammettesse di essersi sbagliato, spiegando perché resta. Sono contrario alle sue “dimissioni”, ma, insomma, non è che si possa far finta di niente e continuare senza un briciolo di giustificazione.
Come vedete, anche da collaterale ho le mie responsabilità, che ammetto. Ora vediamo se questo lo fa anche chi non è collaterale ma è dentro. Ognuno si assuma la sua quota di responsabilità senza giocare al rinfaccio di colpe vere o presunte.
Soprattutto, per cortesia, abbassate i toni e siate tutti realisti: il M5s oggi non è in grado di sopravvivere senza Grillo (per lo meno non ancora), ma è anche vero che se Beppe non si fa un po’ di lato, lasciando spazio agli altri, il M5s non crescerà mai. Cattivi allievi quelli che non cercano di superare il maestro, ma pessimo maestro quello che non lavora per il suo superamento.
Peraltro, che tutti evitino di portare il dibattito al limite della rottura: è autolesionistico chiedere a Grillo di farsi da parte, ma basta anche con le espulsioni alla prima parola storta contro il “Capo”. Si discuta laicamente di tutto senza isterismi. Andare in Tv? Parliamone. Cambiare i toni della comunicazione? Si può ma che nuovi registri adottare? Criticare Grillo o Casaleggio? Si ma senza astio da una parte e risentimenti dall’altra. Si può parlare di tutto. Soprattutto se non si urla.
Credo anche che sarebbe bene discutere della forma organizzativa che, così com’è, non convince per niente. La soluzione del simbolo e sigla proprietà di una società di poche persone non è una novità: più o meno la stessa cosa avevano fatto molto prima Berlusconi e Di Pietro, che, però, non mi sembrano esempi da imitare.
Lo so che Grillo non usa questo suo potere, ad esempio, per fare le liste, ma questo del partito “personale” diventa un argomento degli avversari che si può togliere dalle loro mani. Dunque, sarebbe il caso di formalizzare l’esistenza del movimento, magari di dotarlo di organi dirigenti, i più snelli del mondo, sia chiaro, ma comunque certificati da atti formali.
Dopo di che, oltre che cercare errori, è il caso di individuare obiettivi e target: a chi vuole rivolgersi il M5s? In che aree sociali di elettorato vuol fare breccia? Che proposte offre e che battaglie intende fare in loro favore? Fra un anno ci saranno le amministrative, che sono un test sempre sfavorevole al M5s che prende regolarmente una metà o un terzo del suo elettorato delle politiche. Attenzione perché questo sarà servito come la prova del declino inarrestabile del movimento e, dunque, occorre uno sforzo straordinario per reggere l’impatto.
E voglio farla io una proposta: il M5s esca dal chiuso del blog, delle stanze di Montecitorio, di Palazzo Madama o di via Morone, vada in piazza, promuova assemblee popolari, mandi i suoi parlamentari nei posti di lavoro, nelle facoltà, nei circoli di quartiere, nel caso anche nei bar dello sport, per chiedere alla gente, faccia a faccia, “Cosa ti aspetti dal M5s? Cosa vorresti che facesse? Cosa non ti convince nel M5s? Come vorresti che parlasse?” E cominci di lì la consultazione per la ripresa. Un confronto forse più faticoso, ma certamente meno velenoso e più produttivo delle faide interne.
Dopo di che si riprenda il confronto interno senza arrocchi settari ma anche senza autolesionismi. Ultimissima cosa e perdonatemi la lunghezza: l’Ukip di Farange non è un gruppo fascista, come Alba dorata, siamo d’accordo, ma è un gruppo ultranazionalista, xenofobo, nuclearista e reazionario. Cosa ha a che fare il M5s con un gruppo così? Temo che fare gruppo insieme a Strasburgo costerebbe una paccata di voti al M5s. Pensateci bene.
Mi rendo conto che ci sono pochi giorni e che se si finisce nel gruppo misto, per il demenziale regolamento del Parlamento europeo, non si ha neppure diritto di parola e di proposta, ma solo di voto, per cui occorre fare gruppo con qualcuno. Ma non sarebbe meglio cercare verso i Verdi o la lista Tsipras? Magari escogitando qualche formula tecnica particolare (avrei delle idee in proposito). Capisco che neanche Verdi e Tsipras siano la stessa cosa del M5s, ma, insomma, mi pare siano complessivamente ben più simili di Farange.
Scusate la lunghezza, ma vi assicuro che da amico non vi tacerò mai nessuna critica, anche aspra, quando lo meriterete. Quelli che dicono sempre di si non sono gli amici veri, sono i lacchè ed i carrieristi.
Cordialmente vostro
* Fonte: Aldo Giannuli