Fca, i lavoratori Usa bocciano l'accordo sul contratto. Vince il no con il 65%. Schiaffo a Sergio Marchionne
Niente accordo tra i lavoratori Usa di Fca e l'azienda. I
dipendenti americani del Lingotto hanno bocciato l'intesa sul contratto
di lavoro. Il 65% dei dipendenti ha detto no, ha spiegato il United Auto
Workers. "Non riteniamo la bocciatura dell'accordo una sconfitta.
Riteniamo il voto dei nostri membri parte del processo" ha detto il
presidente del United Auto Workers (Uaw), Dennis Williams. Il Uaw
rappresenta 40.000 lavoratori Fca.
Dal canto suo Fca Us - la
divisione americana di Fiat Chrysler Automobiles - si dice "delusa" che i
membri del sindacato americano dell'auto uaw "abbiano votato per non
ratificare l'accordo di principio" sul contratto, accordo siglato a metà
dello scorso mese da Dennis Williams, il presidente di Uaw, e Sergio
Marchionne, a.d. del gruppo auto.
Il feticcio Marchionne travolto dagli operai americani
Giordano Sivini *
Bocciata la proposta del sindacato per il rinnovo del contratto
Gli operai delle fabbriche FCA degli Stati Uniti hanno bocciato la
proposta di rinnovo del contratto quadtriennale di lavoro presentata
dall’UAW e da Marchionne. Una dopo l’altra dalle grandi fabbriche è
arrivata la conferma, nonostante l’insistenza dell’UAW di non ammettere
la sconfitta. I margini sono rilevanti, dal 72 per cento di no degli
operai di linea e al 65 per cento degli specializzati a Sterling Heights
(3 mila dipendenti), all’87 e rispettivamente l’80 per cento di Toledo
(5 mila dipendenti), al 77 e 65 per cento di Kokomo/Tipton con livelli
che acquistano il significato di un’ondata di protesta liberatoria.
L’ultima fabbrica, su cui l’UAW contava per evitare la disfatta, è stata
Belvidere con 6 mila votanti: 65 per cento no tra gli operai di linea e
70 tra gli specializzati.
Il contratto avrebbe dovuto introdurre elementi che Marchionne ha definito trasformativi. In realtà la portata
trasformativa è nascosta nelle pieghe della proposta, e riguarda i
punti sui quali gli operai, nelle assemblee, hanno più insistito: ‘equal
work, equal pay’, e ‘alternative work schedules’. Se l’UAW fosse
riuscito a mettere una pietra tombale nei termini della proposta su
queste due rivendicazioni di fondo, l’una salariale, l’altra relativa
alle condizioni di lavoro, il proposito trasformativo di Marchionne si
sarebbe realizzato.
Eguale lavoro, eguale paga è una richiesta pressante. Si tratta di eliminare i due livelli salariali che dividono
i “veterans” dai lavoratori “in progression”. Al primo livello i
‘veterans’ assunti prima del 2007 hanno un salario di 28 dollari
all’ora; al secondo livello i lavoratori ‘in progression’, 15-16
dollari, per lo stesso lavoro dei veterans. L’accordo bocciato prevede
per i primi un aumento del salario del 3 per cento subito e di un altro 3
per cento al terzo anno, più 4 per cento una tantum al secondo e al
quarto anno; per i secondi una progressione salariale da 17 a 25 dollari
in sei anni.
La portata trasformativa perseguita da Marchionne e denunciata dai lavoratori, sta nel fatto che la proposta
non solo realizza l’obiettivo del salario eguale per eguale lavoro, ma
conduce ad un abbassamento generalizzato dei salari, quando i veterans
vanno, magari incentivati, in pensione.
Nell’accordo contrattuale del 2011 questa possibilità era ben presente al sindacato, tanto che per evitarla aveva imposto un limite al numero di lavoratori al secondo livello. Nella proposta di accordo questo limite non c’è più.
Finora il limite per la Chrysler era del 40 per cento (anche se è giunta al 43). Con questo contratto era previsto
che sarebbe stato portato al 25, all’incirca allineato alla Ford e alla
GM (29 e 20 per cento). Questo limite già costringe la Ford ad ogni
nuova assunzione a passare un dipendente dal secondo al primo livello.
Se alla Chrysler fosse stato introdotto il limite di 25, circa 7 mila
lavoratori avrebbero dovuto passare al prinmo livello.
Sul piano salariale ci sono altri problemi irrisolti. Per i lavoratori della Mopar che si occupano dei pezzi di ricambio
è previsto un terzo livello slariale, di 22 dollari. Inoltre, non
vengono reintrodotti vari elementi salariali aggiuntivi sospesi con gli
accordi precedenti, come l’adeguamento del costo della vita, che ora
sarebbero assorbiti da premi di produttività commisurati ai margini
annuali di profitti realizzati nel Nord America.
Sul miglioramento delle condizioni di lavoro non c’è traccia nell’accordo. Si dà per scontato l’attuale generalizzato sistema di turnazioni 3-2-120, a proposito del quale nelle assemblee si erano levate proteste: aumenta lo sfruttamento al limite della sostenibilità fisica, e scardina le relazioni sociali fuori dall a fabbrica.
Le giornate lavorative di 10 ore (più mezz’ora di pausa non retribuita) si succedono su quattro giorni. Nell’arco
della giornata due turni su orari complementari, l’uno di giorno
l’altro di notte, assicurano l’efficienza continua degli impianti dal
lunedì al sabato. Nei due turni tre gruppi di lavoratori realizzano 120
ore settimanali, senza lavoro straordinario. Un gruppo lavora di giorno
da lunedì a giovedì, un altro di notte da mercoledì a sabato, un terzo
gruppo lavora di giorno venerdì e sabato e di notte lunedì e martedì
della settimana successiva. L’orario di lavoro diurno va dalle 6 alle
16.30, quello notturno dalle 18 alle 4.30 del giorno dopo. Alla domenica
il lavoro è obbligatorio, ma retribuito come straordinario.
Quello delle condizioni di lavoro è un punto che il Detroit News del 25 settembre segna tra quelli che hanno generato insoddisfazione.
La proposta di contratto infatti non se ne occupa se non per annunciare
che il sabato sarà pagato un quarto in più. Viceversa annuncia che
commissioni congiunte UAW e FCA verificheranno in ogni fabbrica le
condizioni di competitività per migliorare la qualità e l’efficienza,
superando nei fatti la divisione di competenze tra ciò che di norma è
oggetto del master agreement e rispettivamente dei local agreements a
livello di fabbrica.
L’UAW, a differenza del passato, rinuncia con questa proposta di contratto a negoziare l’assetto produttivo
della Chrysler. Marchionne ha promesso investimenti per 5,3 miliardi di
lire, ed ha fatto sapere che intende trasferire in Messico la
produzione delle autovetture, lasciando agli stabilimenti statunitensi
sono suv, pick-up, e jeep. E’ prevista anche una riallocazione di alcune
linee di produzione tra questi stabilimenti. Il costo del lavoro nel
Nord America si aggira sui 60 dollari all’ora, in Messico è meno di 10.
Tutto questo è stato comunicato dall’UAW verbalmente nelle assemblee di
fabbrica, e la mancanza di indicazioni contrattuali circa la sicurezza
occupazionale sembra, in alcuni contesti, aver pesato non poco sulla
decisione di voto.
Infine c’è un altro grosso tema che desta preoccupazioni. Il passaggio del sistema sanitario dalle competenze
dell’azienda a quelle di un costituendo ente mutualistico gestito
dall’UAW. E’ una soluzione che dovrebbe rientrare tra i propositi
trasformativi di Marchionne. Con una cessione una tantum al neo
costituendo ente si libererebbe del peso crescente del sistema
sanitario, che attualmente grava sul bilancio aziendale per 600 milioni.
L’UAW si troverebbe a gestire il nuovo ente mutualistico su cui
dovrebbero confluire i lavoratori occupati di tutte e tre le case
automobilistiche di Detroit. Si affiancherebbe all’altro ente
mutualistico, noto come Veba, dei lavoratosi in pensione, con
l’obiettivo di abbassare i costi degli interventi.
L’iniziativa è collegata all’entrata in vigore nel 2018 dell’Affordable Care Act con cui Obama ha generalizzato
l’assicurazione sanitaria, facendo ricadere l‘onere su coloro che si
avvalgono dei cosidetti Cadillac plans, che erogano prestazioni i cui
costi sono superiori a 10.200 dollari nel caso di individui e 27.500 nel
caso di famiglie. Le eccedenze di costo rispetto a questa cifra sono
soggette ad una tassa del 40 per cento, ed è la situazione in cui si
trovano i lavoratori Chrysler di primo livello.
Nel
2013 molti dirigenti sindacali avevano avvertito Obama che la legge,
allora in discussione, avrebbe smantellato diritti conquistati dai
lavoratori. L’UAW si era invece schierata con Obama. “Cieca ideologia
politica”, come venne scritto, o prospettiva di più lungo periodo?
La costituzione del nuovo ente mutualistico è una delle top priorities del contratto, ha dichiarato Dennis Williams, presidente dell’UAW, al Detroit Free
Press il 22 agosto scorso. Con 140 mila lavoratori e d’intesa con
l’ente mutualistico dei pensionati che conta 900 mila iscritti, potrebbe
comprimere i costi dell’assistenza al di sotto della soglia Cadillac.
Lo stesso Williams non è certo di riuscirci, ma per l’UAW è un'altra
struttura economica di rilevante importanza, e per Marchionne un modo
per liberarsi, con una qualche somma forfettaria ancora non definita, di
un costo di 600 milioni che va crescendo. La proposta di contratto è
una delega in bianco richiesta ai lavoratori da Marchionne e dall’UAW,
che non ha preso in considerazione altre possibili alternative
contrattuali.
Dennis Williams e Marchionne insieme hanno dato l’annuncio dell’intesa contrattuale convocando una conferenza
che la stampa ha definito senza precedenti. Hanno dato rassicurazioni
circa la soluzione dei problemi di fondo ed hanno riaffermato
l’allineamento degli interessi del sindacato e dell’azienda, dando per
scontata l’approvazione dei lavoratori. Marchionne ha anche inviato loro
un messaggio personale, sottolineando l’importanza di un loro maggiore e
più diretto coinvolgimento per la costruzione del comune futuro,
confermando in particolare il superamento dei due livelli salariali e il
rilievo della costituzione del nuovo ente mutualistico per la salute
dei dipendenti.
Ma la proposta di contratto è bocciata. Che cosa potrebbe succedere? Norwood Jewell, vice presidente dell’UAW che si occupa della Chrysler, aveva detto agli operai: “Sul tavolo non c'erano
altro che questi soldi. Se pensate un minuto che Chrysler possa
continuare ad investire in questo paese per aumentare i nostri salari
così tanto da non poter competere, i conti non tornano”.
La caparbietà di Marchionne è nota, ed è improbabile che voglia abbassare ulteriormente la credibilità dell’UAW
mettendo sul piatto altri soldi. Del resto, “perché dovrebbe aver
fretta di sedersi e discutere di un contratto ancora più costoso?” si
chiede un analista di Detroit Free Press
il 25 settembre. ”Marchionne è ampiamente considerato come un
negoziatore scaltro che sa come usare la pressione come leva”. La
risposta dimentica che questa volta c’è la possibilità di smuoverlo con
uno sciopero. L’ultima volta che i lavoratori della Chrysler hanno
scioperato fu nel 2007, ed era uno hollwood strike.
L’UAW ha già il mandato per dichiararlo, ma si troverebbe in una
situazione davvero imbarazzante, considerata la complessità dei rapporti
con Marchionne.
Potrebbe ancora schierarsi con Marchionne e mantenere in vita l’attuale contratto. Avrebbe il vantaggio di tener
legati i lavoratori all’UAW e incassare le loro quote, dal momento che
la legge del Michigan e dell’Indiana che hanno recepito il principio del
right to work è
applicabile solo a partire dal nuovo contratto. Fino ad allora i
dipendenti della Chrysler devono, salvo complesse procedure, stare
iscritti all’UAW pena il licenziamento.
L’abbraccio
del presidente dell’UAW con Marchionne è stato oggetto di ripetute
rappresentazioni. E’ un messaggio dato ai propri iscritti nel tentativo
di erigere Marchionne a feticcio, rassicurandolo della capacità del
sindacato di mantenere nelle fabbriche la disciplina e di contenere i
costi. “Stanno nello stesso letto”, è stato osservato. Ma nell’amplesso con Marchionne l’UAW ha perso il rapporto con i lavoratori.
L’amplesso si è stretto il 20 gennaio 2014 quando l’ente mutualistico dei lavoratori pensionati controllato
dall’UAW ha venduto alla Fiat il 41,5 per cento della proprietà
dell’azienda, che deteneva dal 2009 in base agli accordi legati alla
bancarotta. Ha incassato 4,35 miliardi di dollari, meno di quello che
aveva fino a quel momento energicamente preteso. Era sembrato un
cedimento, in realtà un mese dopo Marchionne ha versato all’ente
mutualistico in un’unica soluzione altri 5 miliardi di dollari, quelli
che, in base agli accordi legati alla bancarotta, avrebbe potuto
rateizzare fino al 2023.
Con un accordo separato ma contestuale, ha anche garantito direttamente al sindacato, da anni in crisi finanziaria,
altri 700 milioni di dollari, in 4 rate annuali di 175 milioni, la
prima subito, le altre all’inizio dei tre anni successivi fino al 2017.
Come contropartita l’UAW si è vincolata a collaborare con il management
delle fabbriche nell’implementazione dei programmi di World Class
Manufacturing, partecipando attivamente alle attività collegate di benchmarking e contribuendo al raggiungimento del piano industriale.
Il rifiuto della proposta di contratto indica che la pace sociale in fabbrica, che l’UAW ha pensato di poter svendere a Marchionne, è un obiettivo socialmente non negoziabile.
L’ultimo affare che l’UAW ha messo in campo con Marchionne è la creazione del nuovo ente mutualistico. Ma l’intesa
tra Marchionne e l’UAW potrebbe non fermarsi qua. Marchionne punta alla
fusione con General Motors e l’UAW Retiree Medical Benefit Trust è il
più importante investitore istituzionale della General Motors, di cui
detiene l’8,9 per cento delle azioni. Non gli è data, in base a vincoli
esistenti, la possibilità di agire in favore di Marchionne, ma su Automotive News
del 21 settembre è ventilata l’ipotesi che Exor, la finanziaria che
possiede FCA, potrebbe acquistarle e farne la punta di diamante per la
conquista della General Motors.
di Giordano Sivini
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