domenica 1 maggio 2016

DI MAIO: QUANDO È TROPPO È TROPPO

[ 1 maggio ]

Roberto Fico, uno dei cinque membri del Direttorio di M5S, il 24 aprile scorso, sul Blog BeppeGrillo.it, così commentava la partecipazione della ministra Boschi ad una riunione romana con la Trilaterale:
«Nel 2012 era il Bilderberg, oggi è la Trilaterale, riunita per tre giorni a Roma sotto la protezione di un imponente apparato di sicurezza. Forse è il caso di ricordare cosa sia la Trilaterale, quanto questa organizzazione delle élite economiche abbia influito sulle politiche dei Paesi occidentali. La dottrina della Trilaterale è riassunta nel Rapporto del 1975: la democrazia entra in crisi quando ci sono troppi cittadini coinvolti e attivi; i cittadini non hanno gli strumenti per governare la cosa pubblica; troppa domanda politica e partecipazione ostacolano il funzionamento del sistema. Il fondamento della dottrina della Trilaterale è insomma la netta separazione fra potere (kratos) e popolo (demos): un pensiero antidemocratico penetrato nella società attraverso i media e realizzato progressivamente dagli esecutivi occidentali. Quando si comprimono i diritti perché altrimenti “non sono sostenibili”, quando si allentano i contrappesi della Costituzione e si restringono gli spazi di partecipazione perché “ci vuole governabilità”, dietro tutto questo c’è la dottrina della Trilaterale. Il Ministro Boschi convocato alla riunione dei potenti non è che il simbolo di un Governo senza autonomia, una misera pedina al servizio di interessi altri, non della volontà popolare. Tutto questo con il beneplacito di un Presidente della Repubblica che ha accolto serenamente una riunione della quale non ci è dato sapere nulla, perché non c’è uno straccio di giornalista che possa o voglia (come il Presidente della Rai) raccontare nulla. Questa vicenda non può essere chiusa sotto silenzio, utilizzeremo ogni strumento per vederci più chiaro».
Parole chiare, parole sacrosante.

Peccato che proprio mentre Fico denunciava quanto sopra, Luigi Di Maio (anche lui membro del Direttorio e Presidente del Consiglio in pectore) partecipava a Milano, esattamente il 22 aprile, ad un pranzetto (lunch talk) promosso dall'ISPI.

L’Ispi è il think tank più autorevole sulla politica internazionale, conta come presidente onorario l’ex capo dello Stato e golpista Giorgio Napolitano e come vice presidente Mario Monti. Non è tutto. 

Da notare chi c'era tra i compagni di merende: il professor Carlo Secchi (già rettore della Bocconi e presidente della berlusconiana Mediolanum), Mario Monti, i vertici di aziende e istituzioni tra i quali Pirelli, Intesa Sanpaolo, A2A, Eni, Dalmine”. C'era infine Paolo Magri, presidente della sezione italiana della Trilateral Commission.
Del pranzetto ne dava notizia, il 23 aprile, proprio il sito dell'ISPI, con un articolo accompagnato dalla foto di cui sopra. Il 30 aprile il fattaccio rimbalzava su IL FATTO QUOTIDIANO, con un articolo dal titolo: Prove da candidato: Di Maio al pranzo con i membri italiani della Trilateral. [foto a destra]

Che dire? 
Avevamo già denunciato il maxi-summit di Di Maio con gli ambasciatori e, pochi giorni dopo, la visita a Londra in cui il Nostro ha condannato la Brexit.
I dirigenti di M5S, sentendo aria di elezioni anticipate, confortati da sondaggi che li danno vincenti, stanno facendo l'anticamera, cercando di ottenere il lasciapassare per Palazzo Chigi da parte dei poteri forti. 
Che questi poteri forti tentino non solo di sondare il terreno ma di addescare i massimi esponenti di M5S al fine di normalizzarli e di corromperli, è nell'ordine delle cose. Ci stanno riuscendo? Forse sì.
Del resto, siamo nell'Italia dei gattopardi, degli inciuci e dei trasformismi dove, movimenti sorti fuori dal perimetro oligarchico come espressione dell'indignazione popolare, man mano che si avvicinano al potere, si liberano della loro radicalità per diventare ruote di scorta dei dominanti, finendo per essere nuovi strumenti del regime.

Proviamo a cambiare due parole di quanto scriveva lo stesso Fico e abbiamo:
«Luigi Di Maio, convocato alla riunione dei potenti non è che il simbolo di un movimento senza autonomia, una misera pedina al servizio di interessi altri, non della volontà popolare».
Del resto, dei balbettii e degli zig-zag di M5S, della sua incoerenza, della sua insipienza, di un cretinismo parlamentare fuori tempo, ne abbiamo avuto prova sulla questione dell'uscita dall'euro. Uscita declamata a quattro venti, salvo rimangiarsi il tutto sotto l'attacco della "casta".
Per cambiare davvero questo Paese occorrono idee chiare, una visione strategica, coerenza e coraggio. Tutte qualità che evidentemente non abitano dalle parti di Di Maio e del Direttorio.

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