Pubblichiamo la lettera con la quale Giovanni Caporale si
dimette da segretario provinciale di Sinistra italiana di Cosenza. Il
testo è indirizzato al segretario regionale della Calabria di Sinistra
Italiana, Angelo Broccolo, al presidente dell’assemblea regionale della
Calabria di Sinistra Italiana, Domenico Panetta, al presidente
dell’assemblea provinciale di Cosenza Mario Caferro e ai componenti
della segreteria provinciale di Cosenza Antonio Astorino, Emma Caferro,
Francesco Capano, Antonio Cofone, Nicola Corbino, Raffaella Fortunato,
Francesco Imbrogno, Franca Maritato e Alessandro Mazzotta.
Carissimi compagni,
ho condiviso profondamente la strada fin qui percorsa dal partito di Sinistra Italiana: costruire un progetto di società visto da sinistra, alternativo alle politiche di centro sinistra praticate in passato con scarso costrutto in alleanza con il partito democratico.
Mi avrete sentito dire molte volte, e lo ripeto anche oggi, che la necessità di un partito della sinistra nasce dall'osservazione che dal punto di vista dei dati economici nell'ultimo quarto di secolo il divario poveri - ricchi è aumentato sia che governasse il centro sinistra, sia che governasse la destra. L'altro obiettivo che c'eravamo posti era l'unità delle forze della sinistra, anch'esso condiviso pienamente. Grande entusiasmo aveva destato in me l'energia profusa dal partito nel sostegno al NO alla riforma Costituzionale, così come la partecipazione all'esperienza del teatro Brancaccio, sembrava davvero la strada giusta per coinvolgere tutto quel mondo che è sostanzialmente di sinistra ma che non si riconosce nei partiti, non senza buone ragioni.
Il passaggio del Brancaccio è cruciale. Infatti, attraverso un meccanismo democratico e partecipato si potevano integrare tutte le forze della sinistra, sempre che fossero disponibili a mettersi realmente in gioco, senza percentuali di seggi garantite e senza accordi spartitori e ferma restando la totale alternatività del progetto rispetto a quello del Partito Democratico. Per essere chiari, all'interno di questo percorso e a queste condizioni la presenza di Mdp era, a mio avviso, non solo gradita ma addirittura necessaria: l'unità della sinistra significa che tutte le culture di sinistra devono ritrovarsi. E' del tutto evidente che chi avesse contribuito agli errori del passato in maniera determinante, non doveva essere escluso ma, mostrando di aver scelto un'altra strada, avrebbe potuto dare il suo contributo come “padre nobile”.
Mi sembra che, dopo molti passi fatti nella direzione giusta, si sia abbandonato il percorso intrapreso, percorrendo la strada dell'accordo di vertice e dell'abbandono del progetto inclusivo costruito dal basso. La posizione di Mdp sulla quale convergiamo non mi pare sia dotata della chiarezza necessaria. È ragionevolmente certo che non alle prossime elezioni non saremo alleati del Pd. Però quello che succede dopo non è sufficientemente chiaro: non è escluso che il nostro progetto politico, alternativo al Pd, serva a portare in parlamento una forza politica che poi costituirà un'alleanza con il Pd. Insomma, aldilà dei proclami, di fatto rafforzeremmo un governo di cui ci dichiariamo fieri oppositori.
Peggio è il percorso delle assemblee in corso, non prendiamoci in giro: non sono assemblee aperte ma sono la sanzione di accordi con percentuali prestabilite fra l'altro non a nostro vantaggio. Siamo i soci di minoranza.
Si è passati da un progetto che ci vedeva leader di una sinistra autonoma e autorevole, all'essere gregari di un progetto complementare all'azione del governo. Non si può dubitare che parte rilevante dei nostri alleati limiti la propria ragion d'essere all'influenza che potrebbero avere sulle vicende interne del Pd e sulle politiche del Pd.
Chi scrive ha abbandonato il Pd anni fa perché non ne condivideva più il progetto fondamentale, sia perché con i governi sostenuti da spezzoni del centro destra o dall'intero centro destra, il progetto fondamentale era radicalmente cambiato, sia perché ci si è resi conto che la visione fin dal principio proposta era inefficace a mutare gli assetti fondamentali economici internazionali: non si proponeva una visione diversa di economia e di società ma ci si limitava a cercare di arginare il capitalismo finanziario dilagante senza combatterlo apertamente. Non ci si deve stupire che il capitalismo finanziario e il liberismo abbiano stravinto negli ultimi decenni.
Sinistra Italiana deve rappresentare un'alternativa a questo disegno politico, stiamo invece supportando un progetto politico che è parte di questo quadro, proponendo sostanzialmente un “ritorno al passato”, cioè alle politiche fallimentari del centrosinistra. La soluzione agli errori del passato non è ripeterli ma cambiare. L'unità della sinistra deve essere attuata sulla linea del cambiamento. Le classi dirigenti responsabili delle politiche del centrosinistra possono partecipare, costituendo comunque un'esperienza storica di sinistra, ma cambiando politica.
Pare invece che il cambiamento lo pretendano da noi e noi non abbiamo la forza di imporci nei numeri e nelle idee. Mi pare evidente che ci sia il terrore di non arrivare in Parlamento, ma chi pensa che basti arrivare in Parlamento per salvare il progetto, non si rende conto che questo significa “tagliare il ramo su cui si è seduti”: rimarrà un seggio ma il progetto non avrà più la credibilità necessaria per convincere la società civile e soprattutto i moltissimi che non votano.
A livello regionale la situazione è anche più grave.
Già da tempo il nostro partito ha formulato un giudizio nettamente negativo sul Governo Regionale in Calabria con il quale non intendiamo collaborare, una scelta che fra l’altro ci ha privato di rappresentanza in consiglio regionale, un prezzo pagato senza battere ciglio perché un partito che nasce deve dimostrare la sua credibilità.
Non si è credibili se, il giorno stesso in cui si partecipa a una protesta contro il governo regionale, si subisce passivamente l’ingresso nella compagine che andrà a costituire il partito unitario della sinistra di consiglieri sostenitori di Oliverio e ex assessori regionali, di cui ci sfugge la presa di distanza rispetto alla inettitudine politica dimostrata dal governo regionale.
Qui in Calabria celebriamo in questi giorni un matrimonio con Mdp, così come in tutta Italia, ci sembra il minimo che il nostro consenso debba passare da una richiesta di chiarezza sul loro punto di vista sulla giunta Oliviero. Non è possibile celebrare matrimoni a scatola chiusa, poco importa che oggi si parli di questioni nazionali, qui in Calabria agli elettori dobbiamo mostrarci con delle prese di posizione chiare o la nostra credibilità, unico patrimonio in assenza di pacchetti di voti e notabili, ne verrà irrimediabilmente lesa.
Chi scrive, non si riconosce nel percorso intrapreso nell'ultimo mese dal partito. Chiede con forza la riapertura del percorso del Brancaccio, abbandonando pratiche antiche di accordi a tavolino che cadono dall'alto, ma accettando i rischi di rivolgersi a platee più ampie anche se incerte. Ci vuole coraggio.
Poiché è del tutto evidente che il percorso politico attuale non va in questa direzione, mi dimetto da segretario provinciale per Cosenza di Sinistra Italiana, non ritenendomi idoneo a rappresentarne la linea politica. Confidando in un cambio di rotta, continuerò a rimanere all'interno del partito esprimendo le mie posizioni in autonomia, certo che non sarò il solo.
Rimane immutata la mia stima per tutti i compagni di viaggio incontrati nel percorso di costruzione dei partito, non farò mancare il mio impegno pur mantenendo le posizioni che ho sopra indicato.
ho condiviso profondamente la strada fin qui percorsa dal partito di Sinistra Italiana: costruire un progetto di società visto da sinistra, alternativo alle politiche di centro sinistra praticate in passato con scarso costrutto in alleanza con il partito democratico.
Mi avrete sentito dire molte volte, e lo ripeto anche oggi, che la necessità di un partito della sinistra nasce dall'osservazione che dal punto di vista dei dati economici nell'ultimo quarto di secolo il divario poveri - ricchi è aumentato sia che governasse il centro sinistra, sia che governasse la destra. L'altro obiettivo che c'eravamo posti era l'unità delle forze della sinistra, anch'esso condiviso pienamente. Grande entusiasmo aveva destato in me l'energia profusa dal partito nel sostegno al NO alla riforma Costituzionale, così come la partecipazione all'esperienza del teatro Brancaccio, sembrava davvero la strada giusta per coinvolgere tutto quel mondo che è sostanzialmente di sinistra ma che non si riconosce nei partiti, non senza buone ragioni.
Il passaggio del Brancaccio è cruciale. Infatti, attraverso un meccanismo democratico e partecipato si potevano integrare tutte le forze della sinistra, sempre che fossero disponibili a mettersi realmente in gioco, senza percentuali di seggi garantite e senza accordi spartitori e ferma restando la totale alternatività del progetto rispetto a quello del Partito Democratico. Per essere chiari, all'interno di questo percorso e a queste condizioni la presenza di Mdp era, a mio avviso, non solo gradita ma addirittura necessaria: l'unità della sinistra significa che tutte le culture di sinistra devono ritrovarsi. E' del tutto evidente che chi avesse contribuito agli errori del passato in maniera determinante, non doveva essere escluso ma, mostrando di aver scelto un'altra strada, avrebbe potuto dare il suo contributo come “padre nobile”.
Mi sembra che, dopo molti passi fatti nella direzione giusta, si sia abbandonato il percorso intrapreso, percorrendo la strada dell'accordo di vertice e dell'abbandono del progetto inclusivo costruito dal basso. La posizione di Mdp sulla quale convergiamo non mi pare sia dotata della chiarezza necessaria. È ragionevolmente certo che non alle prossime elezioni non saremo alleati del Pd. Però quello che succede dopo non è sufficientemente chiaro: non è escluso che il nostro progetto politico, alternativo al Pd, serva a portare in parlamento una forza politica che poi costituirà un'alleanza con il Pd. Insomma, aldilà dei proclami, di fatto rafforzeremmo un governo di cui ci dichiariamo fieri oppositori.
Peggio è il percorso delle assemblee in corso, non prendiamoci in giro: non sono assemblee aperte ma sono la sanzione di accordi con percentuali prestabilite fra l'altro non a nostro vantaggio. Siamo i soci di minoranza.
Si è passati da un progetto che ci vedeva leader di una sinistra autonoma e autorevole, all'essere gregari di un progetto complementare all'azione del governo. Non si può dubitare che parte rilevante dei nostri alleati limiti la propria ragion d'essere all'influenza che potrebbero avere sulle vicende interne del Pd e sulle politiche del Pd.
Chi scrive ha abbandonato il Pd anni fa perché non ne condivideva più il progetto fondamentale, sia perché con i governi sostenuti da spezzoni del centro destra o dall'intero centro destra, il progetto fondamentale era radicalmente cambiato, sia perché ci si è resi conto che la visione fin dal principio proposta era inefficace a mutare gli assetti fondamentali economici internazionali: non si proponeva una visione diversa di economia e di società ma ci si limitava a cercare di arginare il capitalismo finanziario dilagante senza combatterlo apertamente. Non ci si deve stupire che il capitalismo finanziario e il liberismo abbiano stravinto negli ultimi decenni.
Sinistra Italiana deve rappresentare un'alternativa a questo disegno politico, stiamo invece supportando un progetto politico che è parte di questo quadro, proponendo sostanzialmente un “ritorno al passato”, cioè alle politiche fallimentari del centrosinistra. La soluzione agli errori del passato non è ripeterli ma cambiare. L'unità della sinistra deve essere attuata sulla linea del cambiamento. Le classi dirigenti responsabili delle politiche del centrosinistra possono partecipare, costituendo comunque un'esperienza storica di sinistra, ma cambiando politica.
Pare invece che il cambiamento lo pretendano da noi e noi non abbiamo la forza di imporci nei numeri e nelle idee. Mi pare evidente che ci sia il terrore di non arrivare in Parlamento, ma chi pensa che basti arrivare in Parlamento per salvare il progetto, non si rende conto che questo significa “tagliare il ramo su cui si è seduti”: rimarrà un seggio ma il progetto non avrà più la credibilità necessaria per convincere la società civile e soprattutto i moltissimi che non votano.
A livello regionale la situazione è anche più grave.
Già da tempo il nostro partito ha formulato un giudizio nettamente negativo sul Governo Regionale in Calabria con il quale non intendiamo collaborare, una scelta che fra l’altro ci ha privato di rappresentanza in consiglio regionale, un prezzo pagato senza battere ciglio perché un partito che nasce deve dimostrare la sua credibilità.
Non si è credibili se, il giorno stesso in cui si partecipa a una protesta contro il governo regionale, si subisce passivamente l’ingresso nella compagine che andrà a costituire il partito unitario della sinistra di consiglieri sostenitori di Oliverio e ex assessori regionali, di cui ci sfugge la presa di distanza rispetto alla inettitudine politica dimostrata dal governo regionale.
Qui in Calabria celebriamo in questi giorni un matrimonio con Mdp, così come in tutta Italia, ci sembra il minimo che il nostro consenso debba passare da una richiesta di chiarezza sul loro punto di vista sulla giunta Oliviero. Non è possibile celebrare matrimoni a scatola chiusa, poco importa che oggi si parli di questioni nazionali, qui in Calabria agli elettori dobbiamo mostrarci con delle prese di posizione chiare o la nostra credibilità, unico patrimonio in assenza di pacchetti di voti e notabili, ne verrà irrimediabilmente lesa.
Chi scrive, non si riconosce nel percorso intrapreso nell'ultimo mese dal partito. Chiede con forza la riapertura del percorso del Brancaccio, abbandonando pratiche antiche di accordi a tavolino che cadono dall'alto, ma accettando i rischi di rivolgersi a platee più ampie anche se incerte. Ci vuole coraggio.
Poiché è del tutto evidente che il percorso politico attuale non va in questa direzione, mi dimetto da segretario provinciale per Cosenza di Sinistra Italiana, non ritenendomi idoneo a rappresentarne la linea politica. Confidando in un cambio di rotta, continuerò a rimanere all'interno del partito esprimendo le mie posizioni in autonomia, certo che non sarò il solo.
Rimane immutata la mia stima per tutti i compagni di viaggio incontrati nel percorso di costruzione dei partito, non farò mancare il mio impegno pur mantenendo le posizioni che ho sopra indicato.
Giovanni Caporale