Intervista di Alba Vastano a Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Prc da La Città Futura
Siamo
in campagna elettorale, inizia il testa a testa di routine fra i
partiti concorrenti nella corsa a governare il Paese, fra promesse
astruse di alcuni rappresentanti e verità pronunciate da altri. Pensiamo
che le uniche verità sul dopo elezioni vengano dette con trasparenza da
“Potere al Popolo”, una lista della sinistra radicale, nel cui
contenitore si amalgamano, o stanno tentando di farlo, forme partito e
antipartito. A prescindere dal raggiungimento della soglia del 3%
fissata per la lista Potere al Popolo cosa accadrà nel dopo elezioni per
questa nuova formazione? Ne parliamo con Maurizio Acerbo, segretario
nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, in un’intervista in
esclusiva per la Città futura.
D: La
diffidenza delle nuove generazioni che trovano obsoleta la classica
forma partito, considerandola antipolitica (essendo in pieno liberismo)
fa sì che aleggi, in alcune occasioni, un contrasto (come si manifesta
anche nelle assemblee) con la partecipazione di Rifondazione nella lista
di Potere al popolo. Quale segretario nazionale del Partito della
Rifondazione, come si pone rispetto a questo problema che potrebbe
inibire o limitare, dopo il 4 marzo, lo sviluppo del programma di Palp e
il suo radicamento delle lotte sui territori?
R: L’ideologia
antipartito è senso comune per motivi storicamente determinati
abbastanza comprensibili. Ed è anche giustificata dalle vicende
politiche italiane. Bisogna tenerne conto con pazienza. Alla fine
lavorando con noi anche i più antipartitisti superano i loro pregiudizi e
preconcetti. Il problema – va detto è anche inverso – cioè ci sono
compagni dei partiti che pensano di saperne di più di chi viene da altri
percorsi. Io per dirla con Gramsci penso che bisogna evitare la “boria
di partito” e anche quella degli “antipartito”. Si tratta di
contraddizioni in seno al popolo da superare nella pratica. E mi pare
che siamo sulla buona strada.
D: Il progetto politico del Brancaccio, a cui Rifondazione ha aderito (nonostante alcune perplessità sorte
all’interno del Partito per i precedenti fallimenti di analoghi
tentativi), ponendo dei paletti contro il Pd e il centrosinistra, si
esprimeva soprattutto come linea antiliberista, non marcando l’aspetto
dell’anticapitalismo. In fondo una linea molto affine a quella scaturita
dall’ultimo congresso di Rifondazione. È così?
R: Certo
altrimenti non avremmo aderito al percorso. E non abbiamo fatto accordi
con Mdp proprio perché non li riteniamo una forza coerentemente
antiliberista, anzi molti di loro sono stati i protagonisti della
conversione al liberismo della sinistra italiana nel corso degli anni
’90.
D: Sembra
che Potere al Popolo con la connessione fra l’art. 3 della Costituzione
e la democrazia dal basso (diretta) intenda superare la rigida forma
Partito. Rifondazione in questa sfida come si pone e cosa propone per il
raggiungimento degli obiettivi, a prescindere dal risultato elettorale?
R: Tutte
cose che Rifondazione Comunista propone da anni e quindi non posso che
vederle positivamente. Da tempo sosteniamo che una soggettività unitaria
può crearsi soltanto attraverso pratiche democratiche dal basso.
D: Potere
al Popolo potrebbe essere considerato propedeutico alla riunificazione
dei comunisti in Italia. La iniziale convergenza dentro Potere al popolo
di organizzazioni di ispirazione anticapitalista può aiutare a
rafforzare non solo l’antiliberismo, ma anche l’anticapitalismo? Quindi
Potere al popolo si può considerare un’esperienza più avanzata rispetto
al Brancaccio?
R: Potere
al popolo è già una forma di riunificazione anche tra comunisti. Il
tasso di anticapitalismo non si misura da quante volte maledici il
capitale ma da quanto sei capace di cambiare i rapporti di forza. Quindi
se riusciamo a contrastare le politiche neoliberiste dominanti avremo
fatto del buon anticapitalismo non astratto. Marx insegnava che lo
sviluppo delle sette e quello del movimento reale sono inversamente
proporzionali.
D: Da
questo bisogno di democrazia dal basso (espresso nelle lotte dei
lavoratori) e la mancata riunificazione dell’unità di classe ne
scaturisce una contraddizione. Nella formazione delle candidature, ad
esempio, per Potere al popolo queste contraddizioni si sono a volte
palesate (nelle assemblee intergruppi si sono spartiti con qualche mal di pancia le
candidature). A fronte di queste contraddizioni generate dalla
compresenza nelle liste di strutture organizzate e non, come pensa che
possa proseguire questa esperienza, sia nel raggiungimento della soglia
del 3%, sia non dovesse questa essere superata?
R: Innanzitutto
vorrei far notare che Potere al popolo è riuscita in un miracolo. Le
liste sono state tutte il frutto delle assemblee. Dentro le assemblee si
è proceduto col metodo del consenso che non significa spartizione. C’è
stato qualche casino, qualche spaccatura con votazioni contrapposte e
clima acceso, ma quasi sempre si sono trovate soluzioni condivise. È la
prima volta che le liste in tutta Italia per le politiche vengono decise
sui territori. Certo il tutto avendo qualche settimana in più si poteva
fare meglio. Ma la fretta di dover raccogliere le firme ci ha costretto
a muoverci a tappe forzate. Ma siamo di fronte davvero a un miracolo di
cui andare fieri. E posso dire con orgoglio che Rifondazione ha posto
dall’inizio la condizione che le candidature si decidessero dal basso
con solo al limite consigli o arbitraggio da parte del coordinamento
nazionale.
D: Di conseguenza, in riferimento alle candidature, non ritiene che la sua candidatura, quale “leader”
del partito della Rifondazione, pur costituendo garanzia ed
affidabilità per il prosieguo del radicamento sui territori, possa
costituire una delle contraddizioni?
R: Prima
di tutto eviterei di usare espressioni come “leader” che dovrebbero
essere espunte dal nostro vocabolario. Io sono un compagno che è stato
eletto segretario da uno dei pochi soggetti politici che hanno una vita
democratica in questo paese, cioè il PRC. Non ritengo che vi sia
problema per la mia candidatura come non c’è per quelle di un compagno
come Cremaschi per la rete Eurostop o del segretario del
PCI Alboresi ecc. perché non siamo il M5S e non siamo qualunquisti.
Credo che il manifesto di Potere al popolo sia chiarissimo al riguardo.
D: Riguardo
alcune liste regionali per Potere al popolo, in particolare per il
Lazio, ci sono alcuni settori del Prc che continuano ad interpretare
queste esperienze all’interno di una subalternità con altre forze
politiche. Sinistra italiana, ad esempio, la quale è attualmente
attraversata da un conflitto in Liberi e Uguali. Si deve dare ancora
fiducia (allo scopo di allargare la lista Potere al popolo) a esponenti
di SI che aspirano ad essere eletti, come dirigenti, in questa lista?
E, nell’ambito di questa perplessità, ad esempio, è quindi opportuno
affidare la funzione di capolista/Presidente, e non di semplice
candidata, nella lista Potere al popolo regionale a Elisabetta Canitano,
proveniente da Sinistra italiana,nonostante sia un merito inconfutabile
il suo essere esponente dell’importante movimento Nudm?
R: Non
vedo nessuna subalternità, semmai il rifiuto del settarismo. Se ci sono
compagne/i che rompono con SI e LeU perché sono come noi per
un’alternativa netta al PD sono benvenuti. La compagna Canitano mi
sembra che abbia una storia di militanza a sinistra e nei movimenti
riconosciuta e anche competenze da spendere. Si occupa di sanità che
costituisce l’80% delle competenze regionali. L’essere candidata
presidente tra l’altro è un ruolo di servizio dato che alle regionali il
candidato presidente non viene eletto in quanto tale (la legge è
diversa da quella dei comuni). Il movimento non una di meno è una delle
realtà più importanti degli ultimi anni.
D: Infine,
segretario, non crede che all’interno di Rifondazione, occorra
urgentemente riaprire la discussione teorica su come reintrodurre forme
statutarie per il ripristino del centralismo democratico? Centralismo
inteso come espressione del leninismo, così come avviene in altri
Partiti comunisti in Europa (PCP-KKE ecc.)? Fermo restando che il
centralismo democratico non si debba evocare solo quando conviene e non
solo quindi, in occasione delle candidature per una lista elettorale.
R: Il
comunismo del KKE non è il nostro. Non ci chiameremmo Rifondazione
altrimenti. Personalmente non mi iscriverei a un KKE italiano.
Ovviamente quello greco è una cosa a suo modo seria, in Italia mi sembra
che siano in circolazione solo caricature. Tra l’altro sarebbe anche
impossibile su quelle basi fare Potere al popolo. Dubito che si possa
definire leninista se con l’aggettivo si fa riferimento a ciò
che Lenin ha detto e fatto e non a quello che altri hanno costruito
successivamente. Reintroducendo il centralismo democratico avrei meno
rogne nel partito e voi non fareste questo giornale da iscritti al
partito. Ricordo che il PCI espulse i compagni che avevano fondato la
rivista il Manifesto nel 1969. Senza fare una storia del concetto direi
che la pubblicità del dissenso e il diritto di esprimerlo non hanno
impedito ai bolscevichi di fare la Rivoluzione d’Ottobre e quindi non
vedo perché non tenerceli stretti. Credo che invece nella storia di
Rifondazione sia stata data una risposta sbagliata alla questione del
pluralismo dando troppo spazio a pratiche correntizie che sono
distruttive e soprattutto hanno costretto la vita del partito entro
binari che la isteriliscono e diventano respingenti. Vanno superate
innanzitutto nella pratica.
D: E
un’ultimissima domanda. Come interpreta il nome della lista “Potere al
popolo”. Quale accezione dà alle parole Potere e popolo, oltre a quello
più ovvio contenuto nella parola “Democrazia”?
R: È un nome impegnativo. Forte. Era lo slogan delle Pantere Nere. Il poder popular è
un concetto chiave per la sinistra latinoamericana. Da troppi anni in
Italia non è più in campo uno schieramento, una forza che sia
espressione delle classi popolari. Ovviamente non decliniamo il concetto
di popolo in termini nazionalistici, di destra o interclassisti.
Parliamo delle classi subalterne, della maggioranza sociale di questo
paese, di una composizione di classe frammentata. E il nostro popolo non
è fatto solo di maschi bianchi dato che le donne sono anche di più e
gli immigrati ne sono componente. E non è solo eterosesuale
naturalmente. Avanti popolo, alla riscossa!
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