martedì 30 gennaio 2018

Avanti Popolo, alla riscossa!


Potere_al_popolo

Intervista di Alba Vastano a Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Prc da La Città Futura

Siamo in campagna elettorale, inizia il testa a testa di routine fra i partiti concorrenti nella corsa a governare il Paese, fra promesse astruse di alcuni rappresentanti e verità pronunciate da altri. Pensiamo che le uniche verità sul dopo elezioni vengano dette con trasparenza da “Potere al Popolo”, una lista della sinistra radicale, nel cui contenitore si amalgamano, o stanno tentando di farlo, forme partito e antipartito. A prescindere dal raggiungimento della soglia del 3% fissata per la lista Potere al Popolo cosa accadrà nel dopo elezioni per questa nuova formazione? Ne parliamo con Maurizio Acerbo, segretario nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, in un’intervista in esclusiva per la Città futura.

D:  La diffidenza delle nuove generazioni che trovano obsoleta la  classica forma partito, considerandola antipolitica (essendo in pieno liberismo) fa sì che aleggi, in alcune occasioni, un contrasto (come si manifesta anche nelle assemblee) con la partecipazione di Rifondazione nella lista di Potere al popolo.  Quale segretario nazionale del Partito della Rifondazione, come si pone rispetto a questo problema che potrebbe inibire o limitare, dopo il 4 marzo, lo sviluppo del programma di Palp e il suo radicamento delle lotte sui territori?
R: L’ideologia antipartito è senso comune per motivi storicamente determinati abbastanza comprensibili. Ed è anche giustificata dalle vicende politiche italiane. Bisogna tenerne conto con pazienza. Alla fine lavorando con noi anche i più antipartitisti superano i loro pregiudizi e preconcetti. Il problema – va detto è anche inverso – cioè ci sono compagni dei partiti che pensano di saperne di più di chi viene da altri percorsi. Io per dirla con Gramsci penso che bisogna evitare la “boria di partito” e anche quella degli “antipartito”. Si tratta di contraddizioni in seno al popolo da superare nella pratica. E mi pare che siamo sulla buona strada.
D: Il progetto politico del Brancaccio, a cui Rifondazione ha aderito (nonostante alcune perplessità sorte all’interno del Partito per i precedenti fallimenti di analoghi tentativi), ponendo dei paletti contro il Pd e il centrosinistra, si esprimeva soprattutto come linea antiliberista, non marcando l’aspetto dell’anticapitalismo. In fondo una linea molto affine a quella scaturita dall’ultimo congresso di Rifondazione. È così?
R: Certo altrimenti non avremmo aderito al percorso. E non abbiamo fatto accordi con Mdp proprio perché non li riteniamo una forza coerentemente antiliberista, anzi molti di loro sono stati i protagonisti della conversione al liberismo della sinistra italiana nel corso degli anni ’90.
D: Sembra che Potere al Popolo con la connessione fra l’art. 3 della Costituzione e la democrazia dal basso (diretta) intenda superare la rigida forma Partito. Rifondazione in questa sfida come si pone e cosa propone per il raggiungimento degli obiettivi, a prescindere dal risultato elettorale?
R: Tutte cose che Rifondazione Comunista propone da anni e quindi non posso che vederle positivamente. Da tempo sosteniamo che una soggettività unitaria può crearsi soltanto attraverso pratiche democratiche dal basso.
D: Potere al Popolo potrebbe essere considerato propedeutico alla riunificazione dei comunisti in Italia. La iniziale convergenza dentro Potere al popolo di organizzazioni di ispirazione anticapitalista può aiutare  a rafforzare non solo l’antiliberismo, ma anche l’anticapitalismo? Quindi Potere al popolo si può considerare un’esperienza più avanzata rispetto al Brancaccio?
R: Potere al popolo è già una forma di riunificazione anche tra comunisti. Il tasso di anticapitalismo non si misura da quante volte maledici il capitale ma da quanto sei capace di cambiare i rapporti di forza. Quindi se riusciamo a contrastare le politiche neoliberiste dominanti avremo fatto del buon anticapitalismo non astratto. Marx insegnava che lo sviluppo delle sette e quello del movimento reale sono inversamente proporzionali.
D: Da questo bisogno di democrazia dal basso (espresso nelle lotte dei lavoratori) e la mancata riunificazione dell’unità di classe ne scaturisce una contraddizione. Nella formazione delle candidature, ad esempio, per Potere al popolo queste contraddizioni si sono a volte  palesate (nelle assemblee intergruppi si sono spartiti con qualche mal di pancia le candidature). A fronte di queste contraddizioni generate dalla compresenza nelle liste di strutture organizzate e non, come pensa che possa proseguire questa esperienza, sia nel raggiungimento della soglia del 3%,  sia non dovesse questa essere superata?
R: Innanzitutto vorrei far notare che Potere al popolo è riuscita in un miracolo. Le liste sono state tutte il frutto delle assemblee. Dentro le assemblee si è proceduto col metodo del consenso che non significa spartizione. C’è stato qualche casino, qualche spaccatura con votazioni contrapposte e clima acceso, ma quasi sempre si sono trovate soluzioni condivise. È la prima volta che le liste in tutta Italia per le politiche vengono decise sui territori. Certo il tutto avendo qualche settimana in più si poteva fare meglio. Ma la fretta di dover raccogliere le firme ci ha costretto a muoverci a tappe forzate. Ma siamo di fronte davvero a un miracolo di cui andare fieri. E posso dire con orgoglio che Rifondazione ha posto dall’inizio la condizione che le candidature si decidessero dal basso con solo al limite consigli o arbitraggio da parte del coordinamento nazionale.
D:  Di conseguenza, in riferimento alle candidature, non ritiene che la sua candidatura, quale “leader” del partito della Rifondazione, pur costituendo garanzia ed affidabilità per il prosieguo del radicamento sui territori, possa costituire una delle contraddizioni?
R: Prima di tutto eviterei di usare espressioni come “leader” che dovrebbero essere espunte dal nostro vocabolario. Io sono un compagno che è stato eletto segretario da uno dei pochi soggetti politici che hanno una vita democratica in questo paese, cioè il PRC. Non ritengo che vi sia problema per la mia candidatura come non c’è per quelle di un compagno come Cremaschi per la rete Eurostop o del segretario del PCI Alboresi ecc. perché non siamo il M5S e non siamo qualunquisti. Credo che il manifesto di Potere al popolo sia chiarissimo al riguardo.
D: Riguardo alcune liste regionali per Potere al popolo, in particolare per il Lazio, ci sono alcuni settori del Prc che continuano ad interpretare queste esperienze all’interno di una subalternità con altre forze politiche. Sinistra italiana, ad esempio, la quale è attualmente attraversata da un conflitto in Liberi e Uguali. Si deve dare ancora fiducia (allo scopo di allargare la lista Potere al popolo)  a esponenti di SI che aspirano ad essere eletti, come dirigenti,  in questa lista? E, nell’ambito di questa perplessità, ad esempio, è quindi opportuno affidare la funzione di capolista/Presidente, e non di semplice candidata, nella lista Potere al popolo regionale a Elisabetta Canitano, proveniente da Sinistra italiana,nonostante sia un merito inconfutabile il suo essere esponente dell’importante movimento Nudm?
R: Non vedo nessuna subalternità, semmai il rifiuto del settarismo. Se ci sono compagne/i che rompono con SI e LeU perché sono come noi per un’alternativa netta al PD sono benvenuti. La compagna Canitano mi sembra che abbia una storia di militanza a sinistra e nei movimenti riconosciuta e anche competenze da spendere. Si occupa di sanità che costituisce l’80% delle competenze regionali. L’essere candidata presidente tra l’altro è un ruolo di servizio dato che alle regionali il candidato presidente non viene eletto in quanto tale (la legge è diversa da quella dei comuni). Il movimento non una di meno è una delle realtà più importanti degli ultimi anni.
D: Infine, segretario, non crede che all’interno di Rifondazione, occorra urgentemente riaprire la discussione teorica su come reintrodurre forme statutarie per il ripristino del centralismo democratico? Centralismo inteso come espressione del leninismo, così come avviene in altri Partiti comunisti in Europa (PCP-KKE ecc.)? Fermo restando che il centralismo democratico non si debba evocare solo quando conviene e non solo quindi, in occasione delle candidature per una lista elettorale.
R: Il comunismo del KKE non è il nostro. Non ci chiameremmo Rifondazione altrimenti. Personalmente non mi iscriverei a un KKE italiano. Ovviamente quello greco è una cosa a suo modo seria, in Italia mi sembra che siano in circolazione solo caricature. Tra l’altro sarebbe anche impossibile su quelle basi fare Potere al popolo. Dubito che si possa definire leninista se con l’aggettivo si fa riferimento a ciò che Lenin ha detto e fatto e non a quello che altri hanno costruito successivamente. Reintroducendo il centralismo democratico avrei meno rogne nel partito e voi non fareste questo giornale da iscritti al partito. Ricordo che il PCI espulse i compagni che avevano fondato la rivista il Manifesto nel 1969. Senza fare una storia del concetto direi che la pubblicità del dissenso e il diritto di esprimerlo non hanno impedito ai bolscevichi di fare la Rivoluzione d’Ottobre e quindi non vedo perché non tenerceli stretti. Credo che invece nella storia di Rifondazione sia stata data una risposta sbagliata alla questione del pluralismo dando troppo spazio a pratiche correntizie che sono distruttive e soprattutto hanno costretto la vita del partito entro binari che la isteriliscono e diventano respingenti. Vanno superate innanzitutto nella pratica.
D: E un’ultimissima domanda. Come interpreta il nome della lista “Potere al popolo”. Quale accezione dà alle parole Potere e popolo, oltre a quello più ovvio contenuto nella parola “Democrazia”?
R: È un nome impegnativo. Forte. Era lo slogan delle Pantere Nere. Il poder popular è un concetto chiave per la sinistra latinoamericana. Da troppi anni in Italia non è più in campo uno schieramento, una forza che sia espressione delle classi popolari. Ovviamente non decliniamo il concetto di popolo in termini nazionalistici, di destra o interclassisti. Parliamo delle classi subalterne, della maggioranza sociale di questo paese, di una composizione di classe frammentata. E il nostro popolo non è fatto solo di maschi bianchi dato che le donne sono anche di più e gli immigrati ne sono componente. E non è solo eterosesuale naturalmente. Avanti popolo, alla riscossa!

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