Niente
è più ridicolo e irritante di quelli che cadono dal pero. Le
esternazioni di Monti, il convitato di pietra delle prossime elezioni
che sta imperversando su televisioni e radio pubbliche, stanno
suscitando preoccupazioni anche tra alcuni suoi sponsor.
Colpisce il “candore” con il quale il notista del Corriere della Sera, Massimo Franco, invita Monti a non esagerare perchè questo avvantaggerebbe il bipolarismo tra Bersani e Berlusconi. Il presidente della Commissione di vigilanza Rai, Zavoli, denuncia la sovraesposizione mediatica di Monti e invoca la par condicio (quando i buoi però sono già scappati).
Ma colpisce ancora di più l'ingenuità di Gian Enrico Rusconi su un altro giornale filo-montiano – La Stampa – quando lamenta l'assenza delle tematiche sulle libertà civili dall'agenda Monti, troppo inclinata sulle priorità economiche. Rusconi è l'esempio di quella intellettualità borghese che ha sempre ritenuto la connessione tra democrazia e liberismo un automatismo. I diritti civili sono stati usati spesso come una clava per destrutturare sistemi sociali avversi, ma diventano immediatamente una derivata secondaria di fronte alla supremazia dell'homo economicus e degli spiriti animali del capitalismo. Meravigliarsi che oggi non siano al centro dell'agenda Monti non può che apparire stupefacente. Van Hayek, il suo stimato "maestro", non se ne curava punto; se non entro i limiti oltre cui la rabbia dei poveri poteva diventare un pericolo.
Infine, nell'elenco dei caduti dal pero va segnalato il segretario del Pd, Bersani, il quale dopo aver fedelmente servito il Monti premier durante il suo esecutivo, lo riscopre oggi come un avversario che gli chiede esplicitamente di “essere coraggioso e silenziare un po’ la parte conservatrice del partito”. Tagliare le ali è indispensabile per essere compatibili con le coordinate della troika Bce-Ue-Fmi.
Troppi finti tonti viene voglia di dire.
E' difficile credere che editorialisti o leader politici non abbiano avuto, in questi tredici mesi di governo Monti, l'occasione di riflettere sul “mostro” che hanno coccolato e sostenuto. O forse hanno ragionato come i presidenti statunitensi che definivano il dittatore nicaraguense Somoza “un figlio di puttana, ma comunque il nostro figlio puttana”.
Non nascondiamo di aver giudicato dei coglioni coloro che erano andati a festeggiare sotto il Quirinale per la caduta del Cavaliere e l'avvento del Professore. Non era difficile intuire che la ricetta indicata fosse più grave della malattia che si intendeva curare.
L'incubazione, la realizzazione e la gestione del governo Monti, sono stati un continuo orrore politico e democratico, Eppure, i volenterosi carnefici sociali del paese in nome dei diktat dell'Unione Europea e dei poteri forti che l'hanno costituita, hanno alimentato consapevolmente l'idea che l'imposizione dell'esecutivo tecnico fosse il dovuto prezzo da pagare per togliersi dalle scatole Berlusconi e “ridare credibilità all'Italia all'estero”.
Monti ha potuto godere di una maggioranza parlamentare bulgara, del sostegno acritico di stampa e televisioni, di complicità sindacali che Berlusconi poteva solo sognarsi... ed ha potuto realizzare in pochi mesi quello che stavano cercando di realizzare da venti anni: destrutturare la coesione sociale di un intero paese e piegarne l'intera struttura agli interessi delle multinazionali e del capitale finanziario plasmatosi dentro l'Unione Europea.
I risultati sono davanti agli occhi di tutti: un massacro sociale che ancora non è terminato e che annuncia di voler continuare sulla base di meccanismi resi “oggettivi” come il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio in Costituzione.
Monti dunque non sta “esagerando”, sta dando invece continuità al mandato ricevuto nel novembre del 2011 dai poteri forti sovranazionali e da una parte di quelli nazionali. I finti tonti di oggi, quelli che cadono dal pero, ne sono pienamente corresponsabili e di questa responsabilità devono pagare dazio. Non sarà di alcuna consolazione un loro ridotto consenso elettorale (Monti nonostante tutto non sfonda nei sondaggi), perchè le elezioni del 24 febbraio appaiono già oggi taroccate e ipotecate dal convitato di pietra che hanno contribuito a rafforzare.
Colpisce il “candore” con il quale il notista del Corriere della Sera, Massimo Franco, invita Monti a non esagerare perchè questo avvantaggerebbe il bipolarismo tra Bersani e Berlusconi. Il presidente della Commissione di vigilanza Rai, Zavoli, denuncia la sovraesposizione mediatica di Monti e invoca la par condicio (quando i buoi però sono già scappati).
Ma colpisce ancora di più l'ingenuità di Gian Enrico Rusconi su un altro giornale filo-montiano – La Stampa – quando lamenta l'assenza delle tematiche sulle libertà civili dall'agenda Monti, troppo inclinata sulle priorità economiche. Rusconi è l'esempio di quella intellettualità borghese che ha sempre ritenuto la connessione tra democrazia e liberismo un automatismo. I diritti civili sono stati usati spesso come una clava per destrutturare sistemi sociali avversi, ma diventano immediatamente una derivata secondaria di fronte alla supremazia dell'homo economicus e degli spiriti animali del capitalismo. Meravigliarsi che oggi non siano al centro dell'agenda Monti non può che apparire stupefacente. Van Hayek, il suo stimato "maestro", non se ne curava punto; se non entro i limiti oltre cui la rabbia dei poveri poteva diventare un pericolo.
Infine, nell'elenco dei caduti dal pero va segnalato il segretario del Pd, Bersani, il quale dopo aver fedelmente servito il Monti premier durante il suo esecutivo, lo riscopre oggi come un avversario che gli chiede esplicitamente di “essere coraggioso e silenziare un po’ la parte conservatrice del partito”. Tagliare le ali è indispensabile per essere compatibili con le coordinate della troika Bce-Ue-Fmi.
Troppi finti tonti viene voglia di dire.
E' difficile credere che editorialisti o leader politici non abbiano avuto, in questi tredici mesi di governo Monti, l'occasione di riflettere sul “mostro” che hanno coccolato e sostenuto. O forse hanno ragionato come i presidenti statunitensi che definivano il dittatore nicaraguense Somoza “un figlio di puttana, ma comunque il nostro figlio puttana”.
Non nascondiamo di aver giudicato dei coglioni coloro che erano andati a festeggiare sotto il Quirinale per la caduta del Cavaliere e l'avvento del Professore. Non era difficile intuire che la ricetta indicata fosse più grave della malattia che si intendeva curare.
L'incubazione, la realizzazione e la gestione del governo Monti, sono stati un continuo orrore politico e democratico, Eppure, i volenterosi carnefici sociali del paese in nome dei diktat dell'Unione Europea e dei poteri forti che l'hanno costituita, hanno alimentato consapevolmente l'idea che l'imposizione dell'esecutivo tecnico fosse il dovuto prezzo da pagare per togliersi dalle scatole Berlusconi e “ridare credibilità all'Italia all'estero”.
Monti ha potuto godere di una maggioranza parlamentare bulgara, del sostegno acritico di stampa e televisioni, di complicità sindacali che Berlusconi poteva solo sognarsi... ed ha potuto realizzare in pochi mesi quello che stavano cercando di realizzare da venti anni: destrutturare la coesione sociale di un intero paese e piegarne l'intera struttura agli interessi delle multinazionali e del capitale finanziario plasmatosi dentro l'Unione Europea.
I risultati sono davanti agli occhi di tutti: un massacro sociale che ancora non è terminato e che annuncia di voler continuare sulla base di meccanismi resi “oggettivi” come il Fiscal Compact e il pareggio di bilancio in Costituzione.
Monti dunque non sta “esagerando”, sta dando invece continuità al mandato ricevuto nel novembre del 2011 dai poteri forti sovranazionali e da una parte di quelli nazionali. I finti tonti di oggi, quelli che cadono dal pero, ne sono pienamente corresponsabili e di questa responsabilità devono pagare dazio. Non sarà di alcuna consolazione un loro ridotto consenso elettorale (Monti nonostante tutto non sfonda nei sondaggi), perchè le elezioni del 24 febbraio appaiono già oggi taroccate e ipotecate dal convitato di pietra che hanno contribuito a rafforzare.
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