Come volevasi dimostrare: l'approdo di Sel sarà nel PDL'avevamo scritto
in tempi non sospetti, che con la sottoscrizione della «Carta dei
principi» della coalizione bersaniana, Sel si era ormai acconciata al
ruolo di corrente interna del Pd. Ed ora che gli elettori sono stati
anche più impietosi del previsto, con il modesto 3,2% di febbraio,
Vendola non può far altro che tirare le somme verso un approdo già
abbastanza chiaro fin dal 2008.
Lo fa con un'intervista all'Huffington Post
che non lascia spazio a dubbi. In essa egli afferma tre cose: che la
confluenza nel Pd, chiamata presuntuosamente «rimescolamento», si può
fare purché non sia una «fusione a freddo»; che il sostegno di Sel a
Bersani resta superiore a quello che il segretario del Pd trova nel suo
partito; che comunque anche Renzi va benissimo, che anzi è addirittura
un «valore aggiunto del centrosinistra».
Al contrario di quel che può pensare un Claudio Grassi - ancora all'illusoria ricerca di un'unione con Vendola, in nome di una specie di confederazione dei sinistrati uniti più che altro dall'essere stati messi alla porta dal Pd - il ragionamento del governatore pugliese ha una sua logica. Sel non è mai stata un partito, il suo leader ha misurato alle primarie il suo peso reale, ed ora non ha molte alternative al definitivo traghettamento nel Pd.
Il motivo di questa accelerazione è infatti piuttosto evidente: gli interessi della ditta. Abbiamo detto che Sel non è un partito, ma come ditta esiste eccome. E, grazie al Porcellum, lo scarso fatturato in termini di voti ha però prodotto utili assai elevati in termini di seggi. Come difendere questo piccolo patrimonio nelle acque tempestose della politica italiana? Innanzitutto - è qui che quelli come Grassi toppano alla grande - si tratta proprio di evitare di farsi mettere alla porta dal Pd, neppure nell'eventualità, tutt'altro che remota, di una leadership conquistata da Renzi.
Ecco allora che il disonesto incantatore di serpenti anticipa astutamente la mossa. Altro che farsi ricacciare nell'inferno dell'opposizione! Meglio, molto meglio, entrare per tempo nel Pd. Così nessuno, neppure il cattura-gonzi fiorentino, potrà metterli alla porta. Ma, siccome è sempre bene esser prudenti, ecco l'incredibile apertura di credito: «Considero Renzi un valore aggiunto del centrosinistra».
Così, papale papale, senza nessun accenno alle posizioni ultraliberiste del personaggio, non a caso assai più amato dai finanzieri delle Cayman che dai cittadini di Firenze. Formalmente Vendola non molla per il momento Bersani. Anzi, esagerando come suo costume, così conclude l'intervista: «Dopo l’elezione del presidente della Repubblica, abbiamo una straordinaria carta per ridare speranza e prospettiva: si chiama Pier Luigi Bersani».
Certo, con una «carta straordinaria» come Bersani, ed un «valore aggiunto» come Renzi in panchina, nessuna squadra tremerebbe... Possibile che certi tromboni, sempre ignari del senso del ridicolo, non si rendano mai conto delle castronerie che vanno dicendo? Oltretutto i due non si amano troppo, al punto che (magari esagerando) perfino qualche giornale amico arriva oggi ad evocare la scissione.
Ma per Vendola non ci sono problemi. O con l'uno o con l'altro la confluenza s'ha da fare. Confluenza? Non sia mai detto: fusione suona meglio, anche se uno ha il 25% e l'altro il 3%. Ma che non sia una «fusione fredda». La fusione ha da essere calda: sai che piacere il caldo abbraccio con i capi del partito che ha appoggiato Monti, rassicurato la Merkel, votato il Fiscal Compact, giurato sull'euro...
D'altronde, sull'asservimento di Vendola alle oligarchie euriste c'è ben poco da aggiungere a quanto da lui sottoscritto nel programma del centrosinistra: «La prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla senza l'Europa». Ora, la maggioranza non l'hanno presa, ma la bussola è sempre la stessa.
Chi ci segue sa qual è la nostra considerazione di Vendola. Ora i fatti si sono incaricati di fare definitivamente giustizia di questo funambolico turlupinatore di anime semplici. Con la non piccola soddisfazione di vedere però il numero dei turlupinati in calo deciso e costante.
Al contrario di quel che può pensare un Claudio Grassi - ancora all'illusoria ricerca di un'unione con Vendola, in nome di una specie di confederazione dei sinistrati uniti più che altro dall'essere stati messi alla porta dal Pd - il ragionamento del governatore pugliese ha una sua logica. Sel non è mai stata un partito, il suo leader ha misurato alle primarie il suo peso reale, ed ora non ha molte alternative al definitivo traghettamento nel Pd.
Il motivo di questa accelerazione è infatti piuttosto evidente: gli interessi della ditta. Abbiamo detto che Sel non è un partito, ma come ditta esiste eccome. E, grazie al Porcellum, lo scarso fatturato in termini di voti ha però prodotto utili assai elevati in termini di seggi. Come difendere questo piccolo patrimonio nelle acque tempestose della politica italiana? Innanzitutto - è qui che quelli come Grassi toppano alla grande - si tratta proprio di evitare di farsi mettere alla porta dal Pd, neppure nell'eventualità, tutt'altro che remota, di una leadership conquistata da Renzi.
Ecco allora che il disonesto incantatore di serpenti anticipa astutamente la mossa. Altro che farsi ricacciare nell'inferno dell'opposizione! Meglio, molto meglio, entrare per tempo nel Pd. Così nessuno, neppure il cattura-gonzi fiorentino, potrà metterli alla porta. Ma, siccome è sempre bene esser prudenti, ecco l'incredibile apertura di credito: «Considero Renzi un valore aggiunto del centrosinistra».
Così, papale papale, senza nessun accenno alle posizioni ultraliberiste del personaggio, non a caso assai più amato dai finanzieri delle Cayman che dai cittadini di Firenze. Formalmente Vendola non molla per il momento Bersani. Anzi, esagerando come suo costume, così conclude l'intervista: «Dopo l’elezione del presidente della Repubblica, abbiamo una straordinaria carta per ridare speranza e prospettiva: si chiama Pier Luigi Bersani».
Certo, con una «carta straordinaria» come Bersani, ed un «valore aggiunto» come Renzi in panchina, nessuna squadra tremerebbe... Possibile che certi tromboni, sempre ignari del senso del ridicolo, non si rendano mai conto delle castronerie che vanno dicendo? Oltretutto i due non si amano troppo, al punto che (magari esagerando) perfino qualche giornale amico arriva oggi ad evocare la scissione.
Ma per Vendola non ci sono problemi. O con l'uno o con l'altro la confluenza s'ha da fare. Confluenza? Non sia mai detto: fusione suona meglio, anche se uno ha il 25% e l'altro il 3%. Ma che non sia una «fusione fredda». La fusione ha da essere calda: sai che piacere il caldo abbraccio con i capi del partito che ha appoggiato Monti, rassicurato la Merkel, votato il Fiscal Compact, giurato sull'euro...
D'altronde, sull'asservimento di Vendola alle oligarchie euriste c'è ben poco da aggiungere a quanto da lui sottoscritto nel programma del centrosinistra: «La prossima maggioranza dovrà avere ben chiara questa bussola: nulla senza l'Europa». Ora, la maggioranza non l'hanno presa, ma la bussola è sempre la stessa.
Chi ci segue sa qual è la nostra considerazione di Vendola. Ora i fatti si sono incaricati di fare definitivamente giustizia di questo funambolico turlupinatore di anime semplici. Con la non piccola soddisfazione di vedere però il numero dei turlupinati in calo deciso e costante.
Intervista a Nichi Vendola: E' ora di costruire la sinistra, rimescoliamoci con il Pd, ma niente fusioni a freddo e tra ceti politici. Renzi? Innovatore, ma rottama la rottamazione...
di Angela Mauro, huffingtonpost.it
Il Giovane Turco Matteo Orfini immagina Sel dentro il Pd già al prossimo congresso. E’ una prospettiva verosimile?
Se noi non rincorriamo formule magiche o scorciatoie organizzativistiche, abbiamo un problema davanti a noi che è la costruzione del soggetto politico della sinistra del futuro. L’inadeguatezza dei contenitori attuali e anche la crisi storica della forma partito ci consegnano una ricerca che ha diversi ingredienti per diventare non un’operazione da laboratorio. Ecco gli interrogativi che ci troviamo davanti: come si ricostruisce l’agire collettivo capace di rifondare esperienze di comunità solidali? Come si libera il campo della sinistra dalle micidiali ipoteche della cultura liberista? Come si aggredisce il nodo del disfacimento del sogno europeista e come si pratica concretamente una democrazia di genere attraversata dalla contraddizione feconda del pensiero della differenza? Io credo che Sinistra ecologia e libertà sia nata proponendosi in partenza il tema della propria inadeguatezza. Ci siamo sempre posti come strumento a disposizione, abbiamo detto fin dall’inizio che più che un partito, volevamo riaprire la partita. Questa è la bussola che ci orienta e che ci rende più pesanti sulla scena pubblica di quanto non dica il consenso elettorale che abbiamo. Non c’è confluenza o una fusione a freddo, ma un problema che riguarda la natura e i nodi da sciogliere sulla natura del Pd. E poi ci sono le questioni di una formazione come Sel che non punta all’autosufficienza, ma alla costruzione di un luogo grande, che consenta non solo di dare casa a tutte le sinistre, una casa popolare, innovativa, accogliente e plurale ma che consenta il rimescolamento di tutte le culture politiche, una felice convivenza del riformismo e del radicalismo e il duplice superamento, da un lato, del radicalismo massimalista e testimoniale, e dall’altro, di quel riformismo che ha rappresentato la resa culturale della sinistra.
Sel e Pd insieme anche con Renzi segretario dei Democratici? O magari con Fabrizio Barca, pronto ormai a candidarsi alla leadership del partito...
Bisogna andare oltre, trascendere l’attuale configurazione delle forze politiche collocate a sinistra. Dobbiamo essere in grado di immaginare un percorso che non è fatto di assimilazione di frammenti di ceto politico. Non sto pensando a un fatto politicistico, sono decenni che ci arrovelliamo sulla crisi della sinistra e oggi ci accorgiamo che la crisi è foriera di crisi sociale e crisi democratica. L’egemonia politica culturale del centrodestra in Europa sta producendo lo schianto dell’Europa penso alla ricostruzione dell’Europa e alla ricostruzione della sinistra. Nella mia testa sono lo stesso problema. Dobbiamo chiedere a ciascuno di mettere a disposizione il proprio bagaglio di esperienze, storie e passioni per un’operazione che è fondamentale. Se non fossi sospettabile di reiterare un leitmotiv retrò, direi battiamo il muso tutti sul tema gramsciano del moderno principe e vorrei ricordare che il principe gramsciano era alternativa all’Italia senza nazione, centrifugata in tanti particolarismi. Lo cito perché credo che il tema dell’Italia oggi sia la sparizione del suo racconto civile, l’inesistenza di un collante che la unifichi.
Quirinale. Bersani parla di larga condivisione perché ha l’esigenza di tenere unito il partito. Ma si può chiudere un’intesa con il Pdl senza scontentare il M5s e voi di Sel?
Credo che attribuire a Bersani intenzioni inciuciste sia quanto di più falso e ingeneroso si possa fare. Bersani sta affermando un concetto ovvio, e cioè che il capo dello Stato deve essere scelto come l’uomo che rappresenti la nazione. Ma mi permetto un’interpretazione del pensiero di Bersani: si sta pensando a un nome che non sia garante delle nomenclature, ma che risponda al popolo italiano e alla sua domanda di cambiamento e che sia un capo dello Stato custode sia dell’unità che dei valori della Costituzione. E’ questo il profilo che va cercato. Se qualcuno pensa che l’unità sia da un lato e la Costituzione dall’altro, se qualcuno pensa che siano birilli da abbattere, non ci siamo. Dobbiamo invece cercare un punto alto di rappresentazione dei compiti costituzionali di chi siede sullo scranno più alto delle istituzioni.
A sinistra è molto gradito il nome di Stefano Rodotà, che piacerebbe anche ai grillini. E poi girà il candidato Romano Prodi, anche di lui si dice che piaccia ai 5 stelle…
Non mi sento di fare nomi. Chi lo fa, fa un giochino carico di perfidia. E con questo ho detto tutto.
Torniamo a Renzi e il Pd. Chi è Matteo per Nichi?
Considero Renzi un valore aggiunto del centrosinistra. E con questo spirito non ho capito molto la sua sortita. Penso che siamo in una fase molto delicata e drammatica della vita nazionale e c’è il rischio che in poche settimane il paese possa precipitare nel caos. Quindi, non capisco questa cattiva real politik per cui si vede solo un bivio: o il governissimo o le elezioni anticipate e non si vede un’occasione straordinaria di far saltare disegni e giochi di tutte le nomenclature. Per un attimo, ho avuto la sensazione che Renzi rottamasse la rottamazione e per questa via precipitasse in un realismo che è inadeguato alla sua personalità. Oggi c’è bisogno di curiosità, coraggio e innovazione, caratteristiche che riconosciamo a Renzi. Per questo mi spiace che vengano meno proprio ora che ce n’è bisogno.
Ci crede ancora nell’idea del governo di cambiamento maturata con Bersani? E’ finita sotto gli attacchi di Renzi o può essere ancora scongelata dopo l’elezione del prossimo capo dello Stato?
Dopo l’elezione del presidente della Repubblica, abbiamo una straordinaria carta per ridare speranza e prospettiva: si chiama Pier Luigi Bersani.
Nessun commento:
Posta un commento