Intervista a Vladimiro Giacché di Fabio Sebastiani -
Le parole di Draghi e della Bce non sono per niente rassicuranti. Tra
l’altro, il sistema creditizio rimane come incagliato dentro la sua
stessa trama. E la Bce non sembra darsi molta pena.
Continua a prodursi una divaricazione nei diversi paesi dell’Unione, con diversi trend negativi, tra cui il nostro. Tutto sommato, la situazione nel 2013 è del tutto simile a quella del 2012 per quanto riguarda la recessione. In una situazione come questa è normale che le banche restringano il credito. Sofferenze e tassi di copertura sono a livelli di guardia. Viceversa, con paesi con Pil positivi gli istituti bancari sono messi peggio. E quindi se ne deduce che la differenza la fa il livello dei titoli di Stato.
Continua a prodursi una divaricazione nei diversi paesi dell’Unione, con diversi trend negativi, tra cui il nostro. Tutto sommato, la situazione nel 2013 è del tutto simile a quella del 2012 per quanto riguarda la recessione. In una situazione come questa è normale che le banche restringano il credito. Sofferenze e tassi di copertura sono a livelli di guardia. Viceversa, con paesi con Pil positivi gli istituti bancari sono messi peggio. E quindi se ne deduce che la differenza la fa il livello dei titoli di Stato.
Le banche italiane però ora cominciano a soffrire proprio per la
recessione e non solo per il differenziale tra i tassi legati al debito
tra l’Italia e gli altri paesi…
Si certo, i problemi delle banche italiane derivano dalla recessione
degli ultimi anni. Il punto è che questi fattori vanno visti nel loro
rapporto. La divaricazione tra i vari paesi è causata dalla recessione, e
aggravata dall’austerity.
Dalle tue parole capisco che a fare la differenza in questa crisi è
stata la scelta della Germania di esportare la crisi verso i paesi più
deboli…
Guarda, all’origine della crisi in Europa c’è sicuramente l’arrocco
della Germania. Molti dimenticano che all’esplodere della crisi negli
Usa è corrisposto il fallimento di una banca tedesca, finita anch’essa
nelle maglie dei derivati, che aveva acquistato in grande quantità. Come
negli anni ’30 tra Usa e Germania, si produce subito una precisa
posizione della Germania nei confronti della Grecia. I tedeschi per non
rischiare fanno rientrare centinaia di miliardi peggiorando di fatto la
situazione dei paesi periferici. Ad un certo punto la situazione
precipita per le troppe esitazioni dell’Europa.
Torniamo per un attimo al discorso sulla divaricazione tra i vari paesi…
Le condizioni macroeconomiche si stanno divaricando per tutti, e
questo per una Europa che dice di essere unita sotto una stessa moneta è
esiziale. Anche l’Olanda rischia la recessione. Nel frattempo però c’è
stata una massiccia distruzione della capacità produttiva dei paesi
periferici. La torta si restringe e la lotta non è più soltanto tra
capitale e lavoro ma tra capitali. Certo, l’Italia ha ancora qualche
cartuccia da sparare, soprattutto per quanto riguarda l’export. Ma anche
qui c’è da dire che se aumenta è perché diminuisce l’import. La verità è
che il crollo lo stanno subendo quei settori che producono per il
mercato interno. Nel rapporto tra economie forti in Europa e paesi
periferici si sta replicando quello che è accaduto tra la Germania
dell’Ovest e quella dell’Est dopo la caduta del muro, ovvero un
indebolimento straordinario che di fatto rende il paese più debole
economicamente dipendente.
Draghi ha sorvolato sul piano B. Eppure è sempre più all’ordine del giorno.
Quello che sta succedendo da dopo le elezioni è la dimostrazione che
il miglior programma era quello di Rivoluzione civile: lotta alla
corruzione e all’evasione fiscale, non rispetto del fiscal compact e
rinegoziazione delle condizioni. Soprattutto su questo ultimo punto, se
non si riesce ad andare avanti è chiaro che la fine dell’euro è
prossima. E non per una scelta di questo o quel partito politico ma per
una tendenza oggettiva. Per dirla in breve, diciassette paesi con
economie divergenti non stanno nella stessa moneta.
A quale soluzione si potrebbe pensare?
E’ molto tardi per rimettere insieme i cocci. L’euro potrebbe
ritrovare una sua strada attraverso il deprezzanto, ma il punto è che i
tedeschi non ci pensano proprio. Bisogna che qualcuno cominci a
svegliarsi. E un po’ l’hanno fatto i sindacati tedeschi che parlano di
un nuovo piano Marshall. Resta da vedere quanto questo conterà nelle
elezioni in Germania il prossimo settembre.
Valutata da punto di vista delle ricette per uscire dalla crisi, quanto è inadeguata la nostra classe politica?
Abbiamo per la prima volta un Parlamento che ha una totale identità
di vedute senza più distinzioni apprezzabili. Guarda quello che è
accaduto sull’articolo 18. E’ chiaro che stanno sbagliando le priorità.
Ritenere che il problema sia la cosiddetta casta politica e non la
costruzione di un orizzonte per le imprese del Paese non sta né in cielo
né in terra. C’è da dire che stanno indietro perfino rispetto a
Confindustria che comincia a ricredersi rispetto all’austerity. In
questo va detto che anche il sindacato ha sbagliato completamente la
mira. Basta con questo collateralismo che di fatto ha portato alla
paralisi del ruolo dei lavoratori.
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