Una
volta lo insegnavano alle elementari: la spedizione dei bersaglieri in
Crimea fu il primo atto concreto dell’unificazione della penisola,
perché la partecipazione del piccolo regno di Sardegna alla conferenza
di pace, permise a Cavour di mettere sul tappeto la questione italiana e
la sua liberazione dal giogo straniero, come si diceva allora. Sarebbe
molto singolare, uno scherzo del destino, che il Paese perdesse del
tutto la sua sovranità effettiva per partecipare a una nuova campagna di
Crimea.
Il pericolo è tutt’altro che remoto perché gli eventi in Ucraina che
hanno visto l’appoggio dell’Europa a un colpo di stato attuato
servendosi di formazioni paramilitari di stampo nazista, scopre una
nuova e inquietante dimensione della Ue, di fatto condotta dalla
Germania a uno scontro con la Russia. Non è un mistero che proprio
Berlino sia stato il complice più fedele degli Usa in questa operazione e
che ora il presidente del Parlamento di Strasburgo, Martin Schulz,
futuro candidato della Merkel alla presidenza della commissione Ue,
mentre sociademocraticheggia per acchiappare citrulli in vista delle
elezioni, rivela che occorre mettersi d’accordo con i nazisti ucraini
riuniti sotto la sigla Svoboda, quelli che per inciso stanno dando
inizio ad una nuova campagna antisemita. Comincio a pensare che
dopotutto Berlusconi sia stato inconsapevolmente profetico a dargli del
Kapò.
Ma quella di Schultz non è certo una voce isolata: alla conferenza
per la sicurezza di Monaco svoltasi poche settimane fa sono stati i
ministri tedeschi della Difesa e degli Esteri a sostenere che per
diventare una potenza globale occorre utilizzare lo strumento militare,
invitando ad aumentare in termini di uomini e mezzi la presenza in
Africa, cominciando a mandare 250 uomini . E persino l’ex ministro degli
Esteri Joska Fischer, pacifista e ambientalista, ha dichiarato in un
intervista al Corriere che “la relazione con Mosca sarebbe molto più
semplice se l’Unione Europea fosse più forte e assertiva. Al Cremlino si
capiscono sempre meglio i rapporti di forza”.
La vicenda Ucraina insomma sembra fatta apposta per dare concretezza a
queste tesi dell’Europa tedesca che passa prima per l’impoverimento e
la marginalizzazione degli altri Paesi per poi andare alla ricerca del
proprio lebensraum forte di un continente che segue a strascico. Una
strategia che si situa nell’ambito delle dottrine Usa e che è molto
utile per distrarre l’attenzione dai problemi sociali che anche in
Germania non mancano di certo. Gioco elementare, tanto più che molta
della sinistra cosiddetta riformista ormai completamente accecata
dall’europeismo di maniera, ultimo lacerto di aspirazioni sepolte sotto
la terra del pensiero unico, sembra plaudire all’esibizione di
muscolarità, ancora di più degli stessi conservatori. Basti pensare al
povero Hollande, socialista guerrafondaio, che grida forte nella
speranza di far nascondere la propria subalternità.
Comunque sia è chiaro che ci si trova di fronte a una mutazione
totale dell’idea europeista, non solo dell’idea sociale che era alla sua
radice, ma anche del pacifismo nel nome del quale era nata. Qualcosa a
cui bisognerebbe resistere a tutti i costi e che invece nemmeno viene
preso in considerazione. Ecco perché sono molto sospettoso nei confronti
di operazioni che si definiscono di sinistra, ma che ostentatamente
vogliono lasciare all’avversario tutte le armi economiche per infierire
sui ceti popolari e che tacciono sull’ annunciata strategia di portare
il continente in una fase di scontro e di contrapposizioni geopolitiche.
Il silenzio totale e imbarazzato sulla vicenda ucraina di firmatari e
organizzatori della lista alla greca e del suo stesso leader Tsipras che
pure aveva lanciato l’allarme sui neonazismo nel proprio Paese, è un
pessimo segnale. Sembra che nulla sia accaduto, che niente si possa
leggere negli scontri di Kiev. E, che dire, gli analfabeti volontari non
riscuotono la mia simpatia.
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