Scritta nel giorno del suo compleanno dalla parte est di Kobane, Narin racconta alla madre la violenza della battaglia, i feriti, la nostalgia di casa. "Non so se tornerò mamma - scrive - forse un giorno tu visiterai l'ultima casa dove ho vissuto e dove ho lasciato una scritta col mio nome."
Sto bene mamma, ieri abbiamo festeggiato il mio 19esimo compleanno.
Il mio amico Azad ha cantato una bellissima canzone sulle madri. Mi sono
ricordato di te e ho pianto. Azad ha una voce molto bella, anche lui
piangeva mentre cantava. Non vede sua madre da un anno ed anche a lui
mancava. Ieri abbiamo aiutato un amico ferito. E’ stato colpito da due
proiettili. Non sapeva come si era procurato la seconda ferita quando ci
ha mostrato il proiettile conficcato nel petto. Sanguinava dal fianco,
gli abbiamo fasciato le ferite ed io gli ho dato il mio sangue.
Siamo nella parte est di Kobane mamma. Ci sono pochi chilometri tra
noi e loro. Le vediamo le loro bandiere nere, sentiamo le loro radio e a
volte non capiamo quello che dicono perché parlano lingue straniere ma
ti posso dire che hanno paura. Siamo in un gruppo di nove combattenti.
Il più giovane, Resho, viene da Afrin (governatorato di Aleppo ndr).
Siamo in una casa ai bordi di Kobane. Non ne sappiamo molto dei loro
abitanti. Ci sono delle foto di un vecchio e di un altro giovane con una
fascia nera che sembra essere un martire..c’è una foto di Qazi Mohamad
(leader del movimento autonomista iraniano giustiziato nel 1947 ndr), di
Mustafa Barzani (leader curdo, fondatore del partito democratico del
Kurdistan iracheno ndr), di Apo (Abudllah Öçalan, fondatore del PKK,
Partito dei Lavoratori del Kurdistan ndr) ed una vecchia carta
geografica ottomana che menziona il nome del Kurdistan.
in foto: Questa è
la guerrigliera Berivan Sason che ha usato l'ultimo proiettile contro
di sé pur di non essere catturata viva, violentata e decapitata
dall'ISIS.
Non beviamo caffè da tempo, ma ci siamo resi conto che la vita
continua anche senza caffè. Onestamente non ho mai bevuto un caffè più
buono del tuo mamma. Siamo qui per difendere una città pacifista. Non ci
siamo mai abbandonati al massacro di innocenti, al contrario abbiamo
dato rifugio a diversi feriti e rifugiati tra i nostri fratelli siriani.
Difendiamo una città musulmana che possiede decine di moschee. La
difendiamo da forze barbare.
Mamma verrò a trovarti ua volta che questa sporca guerra che ci è
stata imposta sarà terminata. Sarò lì con il mio amico Dersim che andrà a
Diyarbakir per vedere i suoi bambini. Le nostre famiglie ci mancano e
non vediamo l’ora di tornare ma questa guerra non conosce il significato
del verbo “mancare”. Forse non ritornerò mamma. Ma sappi che è da tanto
tempo che sogno di vederti anche se purtroppo fino ad ora non ne ho
avuto la possibilità. Lo so che un giorno tu visiterai Kobane e
cercherai la casa che avrà testimoniato i miei ultimi giorni…è una di
quelle che sorge nella parte est di Kobane. Una parte è distrutta, ha
una porta verde con numerosi fori di proiettile dovuti ai tiri dei
cecchini. Vedrai tre finestre, una che dà sul lato est a fianco alla
quale c’è scritto il mio nome con l’inchiostro rosso…dietro questa
finestra mamma, contando i miei ultimi istanti, sono rimasta a guardare
la luce del sole mentre penetra attraverso i fori dei proiettili…dietro
questa finestra Azad ha cantato la sua ultima canzone per sua madre,
aveva una voce magnifica quando ha detto “mamma mi manchi”.
Mamma mi manchi.
Tua figlia Narin
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