Invece,
c’è una certa coerenza tra la Lega anti romana e anti meridionale di
qualche anno fa e quella di adesso, nazionalista e tricolore.
Sì, c’è una notevole coerenza.
Vedete, io me li ricordo bene gli
immigrati dal Sud Italia in Lombardia, negli anni Sessanta e Settanta.
Arrivavano a centinaia di migliaia e parlavano una lingua che noi non
capivamo. Facevano i mestieri più bassi – spesso pagati di meno – e
quindi i milanesi li accusavano di rubare loro il lavoro. Si mettevano
in fila per le case popolari e grazie ai loro redditi inferiori salivano
nelle graduatorie più dei locali. Si riunivano nei loro bar ed erano
guardati con sospetto dagli altri. Avevano talvolta setto-otto figli che
arrivavano nelle nostre scuole elementari e medie senza capire cosa
dicesse l’insegnante – quindi le madri dei miei compagni li accusavano
di tenere indietro tutta la classe.
Questa era l’immigrazione a Milano,
negli anni Settanta. E in questo mix di disprezzo e paura verso i nuovi
arrivati ha pesantemente intinto – nei suoi primi tempi – la Lega
Lombarda, poi ribattezzata Lega Nord. Si rivolgeva ai penultimi della
società – gli autoctoni proletari e sottoproletari – mettendoli in
conflitto con gli ultimi, quelli da poco arrivati.
Ha funzionato – e pure a lungo. In fondo
non è molti anni fa che Salvini cantava “napoletani colerosi”. Ha
funzionato soprattutto nelle periferie e nei centri più piccoli, come
Varese, Lecco, Bergamo. Meno a Milano, per vari motivi, ma un po’ anche
lì, per un po’.
Comunque, la leadership della Lega non è
mai stata milanese – Bossi, Maroni, Speroni, Calderoli, Castellazzi etc
– fino all’arrivo di Matteo Salvini. Che, complici i cambiamenti
avvenuti nel Paese, ha capito che all’antimeridionalismo si poteva più
proficuamente sostituire un’altra conflittualità verso il basso, più
contemporanea e potenzialmente molto più ampia per consenso. Infatti
oggi i nuovi ultimi non sono più i meridionali, ma gli immigrati
extracomunitari e i rom.
Così è nata la nuova Lega di Salvini.
Esattamente con le stesse dinamiche di prima: convincere i penultimi che
la causa dei loro mali sono gli ultimi; e insegnare loro a odiarli.
Del resto, proprio come i migranti dal
mezzogiorno italiano quarant’anni fa, i nuovi arrivati dall’Africa e
dall’Asia sono brutti e malvestiti, parlano un lingua diversa, ci
sopravanzano nelle graduatorie delle case popolari, ci ingrossano la
fila negli ospedali, ci “rubano il lavoro” – e così via.
Oggi, se non ci fossero i migranti non
ci sarebbe neppure la Lega. Un partito che vive quasi esclusivamente di
quell’odio lì. Il più contento, quando arrivano i barconi, è proprio
colui che a parole dice di non volerli, cioè Salvini. Perché sa bene che
così si alimenta il meccanismo dei penultimi scagliati contro gli
ultimi. Cioè si alimenta il consenso della Lega. Che applica lo stesso
meccanismo identico dei suoi primordi, solo cambiandone l’oggetto di
conflitto.
Alessandro Gilioli
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