Il significato generale di una lotta - non ancora
conclusa, peraltro - che ha rivelato nuove e insospettate energie
conflittuali.
OLTRE ALL’IKEA, UN MOVIMENTO DI LOTTA
Non c’è ancora
l’intesa tra il Si Cobas e le controparti padronali, cooperative e
Ikea, dopo l’incontro di lunedì 7 presso il comune di Piacenza, ma
indubbiamente la sintesi proposta dal sindaco che prevede il rientro dei
9 lavoratori nel magazzino segna, qualora venga confermata, la vittoria
di questa battaglia per la dignità e oltremodo un successo perché
capace di fermare il tentativo di espellere i lavoratori più attivi e
sindacalizzati.
Un risultato importante, se lunedi 14 gennaio
verrà confermato il rientro, che ha anche forti implicazioni politiche:
innanzitutto perché ha visto il protagonismo diretto di molti lavoratori
del comparto logistico organizzati dal Si cobas (Ikea, Tnt, Gls,
Ortofin, Dhl) a stretto contatto con la solidarietà attiva di militanti
venuti da Milano, Torino, Genova, Bologna, Piacenza; secondo perché
lancia un segnale a tutti i lavoratori, del settore e non, che si stanno
cimentando con vertenze difficili; vertenze a volte affrontate con
metodologie di lotta autolesioniste che risultano inefficaci rispetto
alla posta in gioco.
Ma quanto successo a Piacenza nello
stabilimento Ikea non rappresenta un caso isolato. Sono oramai quattro
anni che i lavoratori del settore della logistica stanno conducendo
battaglie dure e importanti e che stanno ottenendo, nella quasi totalità
dei casi, importanti successi. Lotte che non si fermano all’ottenimento
dell’accordo specifico ma che continuano trasformandosi in solidarietà
attiva tra i diversi comitati di lotta dei vari stabilimenti della
logistica indipendentemente dalla filiera di appartenenza. Era successo
nel milanese con l’appoggio reciproco dei lavoratori Tnt, Sda, Gls,
Esselunga. E’ successo ,con la stessa capacità di unità, a Piacenza.
Tutto ciò per un semplice motivo: ogni lotta è la lotta di tutti ed
ogni lotta deve essere concreta ed efficace. Per questo sono stati
rimessi in moto forme di resistenza spesso (volutamente) dimenticati da
chi, cgil-cisl-uil, dice di rappresentare i lavoratori. Si tratta
dell’uso dello strumento dello sciopero vero e proprio nelle varie forme
temporali (ore oppure a oltranza a seconda casi e delle necessità)
accompagnato da presidi dei lavoratori e dei solidali davanti ai
cancelli e/o presso i luoghi dove si svolge la trattativa. Una
mobilitazione realmente efficace che ha lo scopo concreto di rallentare o
fermare la produzione e, con ciò, fare veramente pressione sull’azienda
e (nel caso specifico della logistica) sulla committente.
Ovviamente, di fronte alla resistenza operaia, la controparte padronale
e le forze istituzionali e di polizia hanno messo in campo i loro
classici strumenti repressivi per fermare o svilire la lotta: dai
procedimenti disciplinari e tentativi di licenziamento, ai manganelli e
ai lacrimogeni, al tentativo di isolare culturalmente e ideologicamente
chi lotta (casi di razzismo in primis), fino all’opportunismo viscerale
di cgil cisl e uil (firme di accordi pessimi, raccolte di firme per
dividere i lavoratori). In ultimo l’uso della giustizia borghese con
procedimenti che spesso hanno basi discutibili pure nel senso del
principio (non nostro) dello stato di diritto.
Il tutto perché si ha paura del movimento di lotta delle cooperative.
Paura per la capacità combattiva dei lavoratori; paura del fatto che i
migranti (normalmente sotto mille ricatti) alzano la testa; paura del
collante tra i vari comparti della logistica e della diffusione a
macchia d’olio (lombardia, veneto, emilia e oggi lazio); paura
dell’esempio della metodologia di lotta e della possibile unificazione
delle lotte con altri lavoratori di altri settori; infine paura per il
rapporto politico con realtà dell’opposizione sociale.
Ma la
loro paura è la nostra forza: significa che la strada che stiamo
seguendo è quella giusta. Primo perché i risultati arrivano e dimostrano
che la lotta paga. Secondo perché significa che il laboratorio politico
messo in campo, basato sul dato concreto della lotta, è in grado di
mettere in gioco ogni singolo lavoratore e militante e ogni singola
realtà di lotta sindacale e politica indipendentemente dall’area di
appartenenza. Con lo scopo precipuo di comprendere, imparare e
soprattutto invertire la tendenza alla frammentazione sociale imposta
dalla classe padronale (e dai loro ruffiani) in questi decenni.
I risultati stanno arrivando. Che il padrone sia una multinazionale o
un mafioso (quale differenza reale se il profitto arriva dallo
sfruttamento dei lavoratori) non conta. La vertenza Ikea ha certamente
superato i confini nazionali, ma lancia soprattutto un segnale a chi
lotta e a tutta la classe lavoratrice con la consapevolezza che per fare
dei passi avanti generali e complessivi occorre non rimanere nel
singolo orticello. Un segnale di solidarietà e di disponibilità al
confronto che vuole raggiungere tutti coloro che si vogliono mettere in
gioco:dall’Ilva di Taranto, alla Ginori di Firenze e a quanti altri
stanno lottando o stanno per lottare.
E’ in tal senso che
vogliano lanciare per inizio febbraio un assemblea di confronto (a
Piacenza?) che sia capace di fare il punto sulle lotte sociali, partendo
dalla specificità delle cooperative per arrivare ad un confronto
generale con i vari comitati di lotta in grado di fare un passo avanti
verso la messa in rete delle varie forme di conflitto.
Ogni lotta per i diritti e per la dignità è la lotta di tutti
Coordinamento in sostegno delle lotte delle cooperative
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