La Ministra della Difesa del governo
giallonero, Elisabetta Trenta, ha rilasciato un'intervista alla rivista
americana specializzata Defense News, nella quale, oltre a confermare
l'impegno italiano nel programma F35 (con tanti saluti ai pentastellati
che facevano l'opposizione pacifista), ribadisce che l'Italia punta a
raggiungere l'obiettivo Nato di spesa per la Difesa del 2% del prodotto
interno lordo entro il 2024. Il Parlamento se ne farà una ragione.
La Difesa in Italia costa già tantissimo,
attualmente 64 milioni al giorno, eppure il governo "del cambiamento"
vuole raddoppiare le spese militari nei prossimi sette anni: sulla
proiezione di aumento, stando alle stime ufficiali della Difesa, si
tratterebbe di ulteriori 16 miliardi annui, che sommati ai reali 23
attuali farebbero oltre 39 miliardi all'anno!
Portare la spesa militare al 2% del PIL
significherebbe dunque arrivare a quasi 40 miliardi all'anno, cioè a più
di 100 milioni al giorno. Una spesa insostenibile: dove pensano di
trovarli questi soldi aggiuntivi? Tagliando le pensioni di tutti i
lavoratori (oltre che i vitalizi) e aumentando le tasse?
La richiesta, perentoria, che l'Italia
aumenti le spese militari fino al 2% del PIL, viene direttamente dalla
NATO, ed è stata ribadita da Trump (in realtà è un accordo politico
informale e non sarebbe vincolante), ma l'attuale governo italiano vuole
essere il primo della classe.
La ministra della Difesa ha citato il suo
incontro con il consigliere per la sicurezza nazionale di Trump, John
Bolton: "Gli Stati Uniti sono il nostro storico alleato, non ne abbiamo
mai dubitato".
L'Italia, secondo i dati dell'autorevole
Istituto SIPRI (confermati dall'Osservatorio sulle spese militari Milex)
spende già l'1,4%, in media con i Paesi NATO (USA esclusi).
La maggior parte dei Paesi europei spende
molto meno del 2% : la Germania è all'1,2%, come la Spagna e l'Olanda.
Ci sono Paesi come il Canada all'1%. Solo la Grecia spende ben oltre il
2% del Pil (obbligata dagli accordi internazionali di "salvataggio") ma
sappiamo bene in quale drammatica situazione economica si trovi il
governo di Atene.
In Italia si spende sempre di più in
armamenti "tradizionali" come cacciabombardieri, missili, carri armati e
navi da guerra (+85 per cento in 10 anni). I fondi specifici per nuovi
sistemi d'arma sono al 28% del totale, superiori addirittura alla media
europea che è del 20% e degli Stati Uniti che sono al 25%. Questo
avviene perché si comprano sempre più armamenti, a partire dagli F-35,
che costano 14 miliardi, senza pensare ai costi successivi necessari per
la loro manutenzione (il nuovo governo, dice la Ministra, non taglierà
gli ordini, ma allungherà il piano di acquisto perchè "intende valutare i
vantaggi industriali e tecnologici per l'Italia, gli interessi
nazionali").
C'è poi la nuova flotta navale, circa 5,4
miliardi di euro o gli 800 nuovi carri armati per oltre 5 miliardi.
Proporzionalmente spendiamo già più di tutti: un aumento (in termini
reali) di oltre il 10% della spesa per le forze armate, a fronte di
aumenti del 3% della Germania, dello 0,6% della Francia e 0,7% della
Gran Bretagna. Un incremento maggiore persino rispetto a Stati Uniti
(+1,7%), Russia (+5,9%) e Cina (+5,4%).
E la nuova Ministra, che fa? Dice che bisogna fare ancora di più.
Ora si capisce cosa intendevano dire i
due Capi politici firmatari del "contratto per il governo del
cambiamento" quando nello striminzito capitolo dedicato alla Difesa
hanno scritto "È imprescindibile la tutela dell'industria italiana del
comparto difesa"; intendevano dire "aumento delle spese militari". Ecco
il cambiamento: da 23 miliardi a 40 miliardi all'anno. Bel cambiamento!
I dati citati sono tratti dagli studi del Sipri e dell'Osservatorio Mil€x
www.milex.org
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