Quello
che davvero colpisce non sono le bugie di Letta e Saccomanni sulla
“ripresina”: in fondo la menzogna, anche la più smaccata e incredibile è
stata uno dei metodi di governo degli ultimi decenni. Così possiamo
anche sorridere amaramente sul fatto che questo spaccio di stupefacenti
si appoggia sulla circostanza che nel secondo trimestre di quest’anno la
diminuzione del Pil sia stata del meno 0,20% invece che del meno 0,26%
previsto dall’Ocse. Libiamo nei lieti calici, tanto più che questa
ottimistica idiozia viene usata per tentare di mettere un po’ di malta
sulla sabbia bagnata del governo Letta che rischia di essere asciugata
dal calor bianco della condanna del Cavaliere.
Ciò che invece emerge con chiarezza inequivocabile è la totale
inadeguatezza del sistema politico alla situazione che stiamo
attraversando: dovremmo fare con dei nani il lavoro dei giganti. Ed è in
ogni caso un lavoro di lungo periodo che contrasta con l’ambigua e
tormentata episodicità delle larghe intese volute da Napolitano già nel
2011. O con il carattere falsamente emergenziale di convergenze
politiche che si dicono legate al momento particolarmente duro che
stiamo attraversando e che invece denunciano una disgregazione di idee e
di rappresentanza.
Senza contare la diminuzione di Pil che sarà portata fin dall’anno
prossimo dal fiscal compact, così stupidamente firmato, senza contare i
problemi radicali posti dall’euro, senza contare la perdita di
sovranità, anche se da oggi la nostra economia ripartisse dopo un
opportuno viaggio a Lourdes e mostrasse una crescita simile a quella del
quindicennio precrisi, intorno all’ 1,1 per cento, non
riusciremo mai, a recuperare il tempo perduto e a riagganciare la curva
di sviluppo così bruscamente interrotta nel 2007. Per riuscire a farlo
in circa 60 anni dovremmo crescere più del 1,5%
all’anno, Se invece crescessimo del 2% all’anno – cifra del tutto fuori
questione vista la permanenza nell’euro, l’ubbidienza al telecomando di
altri Paesi, ai diktat dei poteri finanziari e dentro una fase di rapida
deindustrializzazione – ci vorrebbero 20 anni, a
cominciare dal 2015. E’ semplice, desolante aritmetica che ci testimonia
come sia faticoso anche il migliore dei mondi possibili e di come anche
semplici ed ovvi calcoli vengano tenuti ben nascosti.
Quindi la balla estiva di Letta e Saccomanni è nulla in confronto
all’inganno radicale al quale è esposta l’opinione pubblica del Paese,
grazie anche alla fattiva collaborazione dei media: la diffusione della
leggenda e della speranza che, passata la buriana, tutto sia destinato a
risolversi nel giro di tre o quattro anni. Invece non è assolutamente
vero: tutto ciò che è stato falcidiato nel welfare in questi due ultimi
anni, tutto ciò che è stato fatto per cancellare i diritti del lavoro e
rendere stabile la precarietà, tutto ciò che si è perso e tutto ciò che
andremo a perdere nel prossimo futuro, rimarrà come una cicatrice non
rimarginata molto, ma molto a lungo. Quelli che perdono qualcosa si
tolgano dalla testa che si tratti di una misura temporanea … durerà
tutta la loro vita e probabilmente anche quella dei loro figli.
Così è chiaro che senza soggetti politici nuovi e radicalmente
differenti dagli attuali, compresi i più recenti, senza una inversione
di 180 gradi della rotta, senza spazzare via l’esistente marcito e
infestato dalle termiti, tutti gli equilibri e gli equilibrismi , i
contorcimenti non sono altro che i patetici tentativi di una classe
dirigente di rimanere al potere e anzi di acquisire ancor più potere
grazie alla crisi e al vulnus che essi intendono infliggere alla
democrazia. Altro che Epifani, Renzi, il mostro botulinico di Arcore o
i proclami da qualche villaggio vacanze: questo deve diventare presto
solo il passato per evitare che i fantasmi si approprino definitivamente
del nostro futuro.
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