Il dato è assolutamente da tenere d’occhio. Stando ai sondaggi EMG, Rivoluzione Civile di Antonio Ingoria si attesterebbe oltre il 5 per cento. Doppiato Casini (fermo al 3,4), superati anche Vendola (4,1) e Lega Nord (5 spaccato). Ecco perché ora Pd e M5S hanno cominciato a bersagliare (con modi anche bassi) il magistrato e la sua squadra: Bersani e Grillo temono che Ingroia continui a crescere “rubando” voti a democratici e 5 Stelle. Soprattutto vista la squadra autorevole che sta nascendo. Gli ultimi nomi sono quelli di Sandro Ruotolo, Ilaria Cucchi e Mario Riccio, il medico che accompagnò la morte di Piergiorgio Welby.
di Carmine Gazzanni, www.infiltrato.it
Silvio Berlusconi
continua ad occupare tutti i canali televisivi saltando da una rete
all’altra (ma il copione, sempre lo stesso, non sta dando i risultati
sperati); Mario Monti è ormai un politico a tutti gli effetti (di quelli da evitare) e lancia insulti e offese a destra e a manca; Pier Luigi Bersani, forse cosciente di una vittoria al momento scontata, se ne sta acquattato per non rischiare di aprir bocca e perdere voti; Beppe Grillo preferisce la strada dell’insulto facile a Giovanni Favia confondendosi, suo malgrado, con la bassa politica degli ultimi giorni.
Il teatrino insomma è ricominciato. Più basso che mai. Da Monti che insulta Berlusconi dandogli del “pifferaio magico”, allo stesso Cavaliere che risponde per le rime (“Che farà ora? Mi tasserà anche il piffero?”). Fino ai grillini che, per insultare l’ex Favia, ricorrono addirittura ai gretti mezzucoli della storpiatura dei nomi (da Ingroia a Ingoia). Non è il Bagaglino (anche se sarebbero stati tutti molto all’altezza). Più semplicemente è il palcoscenico politico italiano. Offese, battutine squallide, attacchi ad personam. Ma nel concreto nulla. Niente di niente. Si preferisce offendere. Un ottimo sistema per celare la mancanza di contenuti.
E,
d’altronde, il basso livello politico che sta caratterizzando
quest’inizio di campagna elettorale è evidente anche leggendo l’ultimo
sondaggio registrato da Ibi media. In pratica tutti i partiti stanno perdendo fette importanti di percentuali. Scende il Pd
pur rimanendo ben ancorato al posto di primo partito d’Italia (32,4 per
cento, meno 2 rispetto alla precedente rilevazione); cala pesantemente
il Movimento 5 Stelle (meno 4,5 per cento; ora è al 12 per cento). Perdono anche Sel, Udc e Lega Nord, tutti circa un punto percentuale in meno.
E il partito di Silvio Berlusconi? Lievemente in crescita: secondo i dati il consenso intorno al Cavaliere, grazie alle sua comparsate televisive, è cresciuto di due punti e mezzo (ora
è al 18,4 per cento). C’è però da dire come questo risultato, in
realtà, non sia affatto positivo: è fisiologico che il Pdl vada incontro
ad una crescita. Non si può negare d’altronde che ci sia un fondo di
verità nell’immagine secondo la quale l’Italia è un Paese fondamentalmente di centrodestra.
È dunque impensabile che la coalizione del Pdl rimanga sotto il 20 per
cento. Gran parte dell’ex elettorato berlusconiano è andato a rinfoltire
la schiera di coloro che si asterrebbero dal voto , altri sono emigrati
nel Movimento 5 Stelle, altri ancora (pochi per la verità) hanno
preferito la sobrietà del professore della Bocconi.
Fatto
sta che, con il ritorno del Cav, non è affatto da escludere che gli ex
decidano di tornare alla casa madre. Ecco i motivi per cui Silvio
Berlusconi vola di rete in rete: bisogna essere sempre presenti, fino alla noia, per recuperare voti. La strategia del Silvio bombing, però, non sta dando i risultati sperati: il Pdl è cresciuto di poco, la base leghista non condivide la scelta del vertice di allearsi con Berlusconi. In più, ormai, è quasi certo che entro la fine del mese arriverà anche la sentenza per il processo Ruby.
Insomma, non è da escludere che tutte queste variabili possano giocare
un brutto tiro al Cavaliere. Ecco perché, però, bisogna stare molto
attenti: è facile che Berlusconi stia già studiando, col suo team
capitanato da Paolo Bonaiuti, un colpo a sorpresa, un asso nella manica per ribaltare – così come fatto con l’ormai famosa letterina a Marco Travaglio – il tavolo del confronto.
Al momento, però, stando ai sondaggi, l’unico che si salverebbe dal mare magnum (et foetidum) della politica italiana è Antonio Ingroia. Il leader di Rivoluzione Civile, infatti, si attesterebbe al 5,2 per cento, il doppio di quanto prenderebbe Casini (3,4), ben oltre la Lega Nord (5) e Sel (4,1) e a soli quattro punti di distanza da Mario Monti (9 punti percentuali per il professore).
La partita, insomma, è tutt’altro che chiusa. Mai nessun partito, alla prima rilevazione, era arrivato a tanto.
Nemmeno Beppe Grillo. Il motivo di un così inaspettato consenso va
ricercato senz’altro nella linea diversa (e, contrariamente a quanto si
dica, questa sì realmente politica) adottata da Ingroia. Facili offese
lasciate agli altri, poche perdite di tempo e attenzione ai problemi, quelli veri, quelli reali, quelli sentiti dai cittadini.
Nessuna letterina, nessun pifferaio, nessuno slogan di cattivo gusto
lanciato sul web per screditare l’amico di ieri solo perché ha fatto
un’altra scelta e ora si ha paura possa rubare voti. Ma, invece, tanta concretezza.
Ecco spiegato, dunque, il motivo per cui tanto il Pd quanto il M5S
hanno cominciato a bersagliare a più non posso il magistrato sceso (o
salito) in politica. Ognuno con i suoi mezzi: Beppe
Grillo ricorrendo alla comicità (quella bassa, non da lui), i
democratici chiedendo, come emerso ieri, un passo indietro al Senato
perché si rischierebbe di non avere i seggi giusti per governare
tranquillamente.
Ingroia, insomma, comincia a far paura. Anche e soprattutto per la squadra che sta mettendo su. Dopo i primi nomi di Franco Latorre, Gabriella Stramaccioni e Flavio Lotti, gli ultimi sono quelli di Giovanni Favia, di Sandro Ruotolo, di Ilaria Cucchi
(la sorella del giovane Stefano morto in carcere dopo i maltrattamenti
subiti il 29 ottobre 2009), dell’operaio Fiom di Pomigliano D’Arco Antonio Di Luca e di Mario Riccio, il dottore che accompagnò la morte di Piergiorgio Welby, divenuto simbolo nella lotta contro l’accanimento terapeutico. Scelte ponderate. Ognuno di questi candidati rappresenta un simbolo, una lotta civile, politica e sociale.
Perlomeno, dunque, c’è questo: Ingroia ha ben chiaro quali saranno le sue battaglie. Difficilmente si potrebbe dire lo stesso di Bersani, Berlusconi o Monti.
Cosa farebbero i tre per risolvere la questione del sovraffollamento carceri? Non si sa. Ingroia – e la candidatura di Ilaria Cucchi è eloquente – un’idea ce l’ha.
Quale atteggiamento avere nei confronti dell’accanimento terapeutico? Dei tre non si sa. Ingroia – e la candidatura di Riccio è eloquente – un’idea ce l’ha.
Cosa fare sul tema del lavoro? Dei tre non si sa (lo stesso Monti ieri, dopo averla tanto difesa, ha detto che la riforma Fornero potrebbe essere cambiata). Ingroia – e la candidatura di Antonio Di Luca è eloquente – un’idea ce l’ha.E si potrebbe andare avanti ancora per molto
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