La notizia della probabile candidatura di Ilaria Cucchi, sorella di
Stefano - il giovane morto in carcere a seguito dei maltrattamenti
subiti - con la lista Rivoluzione Civile sta velocemente facendo il giro
del Web e trova molto apprezzamento tra i giovani militanti delle lista
di Ingroia e non solo. La notizia diffusa questa mattina dal Fatto
Quotidiano già girava da alcuni giorni, ed oggi trova finalmente
conferma. Qui di seguito l'articolo del Fatto quotidiano.
Elezioni, i professori lasciano Ingroia. Che per le liste punta sulla società civile
Il sociologo Marco Revelli e Livio Pepino di "Cambiare si può"
rinunciano, mentre l'ex pm punta sui nomi della società civile. Lunedì
il leader incontrerà Ilaria Cucchi, che si è già detta "onorata" della
possibilità di correre alle elezioni. Tra i candidati anche Franco La
Torre, figlio di Pio, dirigente del Pci ucciso dalla mafia
di Enrico Fierro
“Antonio non c’è, torna domenica dal Guatemala”. Antonio è Ingroia,
il leader di “Rivoluzione civile”, il nuovo movimento che si è posto
l’obiettivo pazzesco (quasi un tentato suicidio politico, per molti
osservatori) di mettere insieme società civile, partiti della sinistra
estrema e di conquistare una buona pattuglia di parlamentari. Il tutto
in poche settimane. I ragazzi dello staff aspettano il suo ritorno per
definire liste, strategie e programmi. Per il momento non c’è neppure
una sede ufficiale (“ci stiamo arrangiando”), le cose cambieranno dalla
prossima settimana quando l’ex pm palermitano avrà un quartier generale
nel centro di Roma, ma c’è ottimismo.
Gli attivisti guardano con entusiasmo alle continue adesioni sul web
(“25mila negli ultimi due giorni”), con scaramantica fiducia ad alcuni
sondaggi che oscillano dal 5 al 7%, con preoccupazioni ad altri.
L’ultimo vedrebbe la coalizione rosso-arancione sotto la soglia di
sbarramento. Intanto circolano già i nomi dei possibili candidati.
Antonio Ingroia sarà capolista in tutte le circoscrizioni, il 60-70% dei
posti in lista sarà riservato alla società civile e ai movimenti, tra
cui “Cambiare si può”, il resto lo sceglieranno i vertici di Idv,
Federazione della sinistra e Verdi di Bonelli. Sarà direttamente Ingroia
a dire l’ultima parola sui candidati valutando non solo la fedina
penale (“non devono avere neppure una multa”, è la regola), ma anche la
loro storia di impegno civile.
Le candidature - Ilaria Cucchi, la sorella del giovane Stefano morto
in carcere dopo i maltrattamenti subiti il 29 ottobre 2009, si sarebbe
già detta “onorata” per la proposta di candidatura (lunedì inconterà
Ingroia a Roma per decidere) insieme a Franco La Torre, figlio del
dirigente del Pci Pio, ucciso dalla mafia, Gabriella Stramaccioni,
direttrice di Libera, e Flavio Lotti, da sempre impegnato nei movimenti
per la pace. “Ma nei prossimi giorni potremo pubblicare i nomi di altre
personalità della società civile pronte a metterci la faccia”, dicono
dal quartier generale di Rivoluzione civile. Antonio Di Luca, operaio
della Fiat di Pomigliano D’Arco, tra i più attivi nella Fiom di Landini,
è pronto a firmare la candidatura, mentre continuano le pressioni sul
giornalista Sandro Ruotolo e la ricerca di candidature di prestigio in
realtà difficili come la Calabria.
“Qui – ci dicono dallo staff – vogliamo puntare su personalità che in
questi anni si sono impegnate nella lotta alla ’ndrangheta e alle sue
commistioni con la politica e sui sindaci che hanno dimostrato che si
può governare senza sporcarsi le mani con gli affari e i boss”. Insomma,
grande è ancora la confusione sotto il cielo del nuovo movimento.
Ingroia ha due problemi di fronte, il primo è il rapporto con l’altra
branca del movimento arancione, il gruppo di “Cambiare si può” dell’ex
magistrato Livio Pepino, del sociologo Marco Revelli e del profesor Paul
Ginsborg. Il movimento si è spaccato sulla scelt dell’alleanza con Idv,
Rifondazione, Verdi e Pdci. I partiti non presentano simboli, l’unico è
quello di Rivoluzione civile, ma candidano i segretari e dirigenti.
“Cambiare si può” ha sottoposto a referendum la scelta lo scorso 31
dicembre. Risultato: su 13200 aventi diritto hanno votato per via
telematica in 6908, e il 64,7% (4468) ha detto sì all’alleanza con la
lista Ingroia. La conseguenza finale sono state le dimissioni di Chiara
Sasso, Livio Pepino e Marco Revelli, dal vertice del movimento. “Il
nostro mandato si è concluso e per quanto ci riguarda non è più
rinnovabile”.
Ma il problema più spinoso è quello del rapporto con i partiti, basta
seguire le discussioni sui social network per accorgersi che la scelta
di lasciare spazio a loro candidature crea più di un maldipancia.
“Attenti ai riciclati. No ai vecchi tromboni di Di Pietro. Basta con gli
ex”. Per Antonio Di Pietro c’è poco da allarmarsi: “Saremo una
rappresentanza simbolica e non saremo nelle prime fasce”. Si vedrà a
liste presentate. C’è poi l’incognita del programma. In questi giorni
più di un commentatore ha rimproverato ad Ingroia il suo essere
monotematico: lotta alla mafia e basta.
Il programma - “Non è così”, dicono i collaboratori dell’ex pm,
mostrando la bozza che sarà il manifesto della campagna elettorale.
Spesa pubblica, non si toccano sanità e istruzione. Via 94mila auto blu e
7mila consigli di amministrazione inutili. Scioglimento delle Province e
no agli aerei F35. No ai 47 miliardi di tagli imposti dal
fiscal-compact perché “questo comporta la distruzione dello stato
sociale”. Ingroia annuncia “una proposta rivoluzionaria appena entreremo
in Parlamento”. Sull’economia punta su “produttività del sistema” e
sull’innovazione. Torni il falso in bilancio e una patrimoniale giusta
sulle grandi ricchezze”. Questa è la rivoluzione civile di Antonio
Ingroia.
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