venerdì 20 febbraio 2015

La postilla e il mobbing legalizzato di Alessandro Gilioli

Nel decreto legislativo di attuazione del Jobs Act è stata inserita, in cauda, una postilla che modifica anche l'articolo 13 dello Statuto dei Lavoratori: quello che impediva il demansionamento e che recita: «Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto».
Questa modifica non si applica solo ai lavoratori che saranno assunti dal primo marzo, ma a tutti. In sostanza, è retroattiva. E permette a qualunque azienda di modificare in peggio in modo unilaterale le mansioni del dipendente, in caso di «modifica degli assetti organizzativi», che ovviamente può autodichiarare l'azienda stessa.
In altre parole, per esempio, se siete un quadro o un impiegato e quale che sia la vostra funzione, da domani la vostra azienda può mettervi a fare le fotocopie.
È, in sostanza, la legalizzazione del mobbing, tema su cui in passato ho scritto due libri basandomi su casi reali e le cui dinamiche concrete quindi un po' conosco. Una delle modalità del mobbing (non l'unica) avviene quando un dipendente poco gradito al capo diventa per questo suo obiettivo in azienda. Ciò può accadere per svariatissimi motivi - caratteriali, professionali, ma anche politico-sindacali o per rifiuti di avance sessuali - e fino a oggi l'articolo 13 impediva, nella più parte dei casi, che ciò si trasformasse in un demansionamento; quando avveniva, c'era la possibilità di ricorrere al magistrato.
Con la postilla, da domani, il mobbing è di fatto legalizzato.

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