Proponiamo
la traduzione dell’intervento tenuto dal filosofo francese Alain Badiou
a Los Angeles, presso la University of California, sulle elezioni del 9
novembre. A giorni dall’elezione di Donald Trump, riteniamo che
nell’intervento ci siano degli spunti di analisi utili alla comprensione
del fenomeno al di là delle prime impressioni e delle facile categorie
dicotomiche tra città-campagna, bianchi-non bianchi, working
class-middle class. Per quanto siano affrettati alcuni parallelismi tra
le forme politiche del fascismo novecentesco ed i nuovi populismi,
l’analisi di Badiou coglie perfettamente il carattere globale ed
interconnesso dei populismi, la loro genealogia dalla crisi delle
vecchie oligarchie e della rappresentanza moderna, la non-contraddizione
che ha nei confronti del capitalismo per quanto sia in aperta
opposizione del neoliberalismo finanziario. L’assenza di una opzione
forte che nasce dal basso – e non tanto da una figura di un candidato
specifico, nonostante possa essere utile - e che prefigura
un’alternativa, ideale e pratica, alla distruzione del legame sociale è a
nostro avviso causa del nascere dei populismi, che riempiono
inesorabilmente un vuoto. Qui l'originale.
* * * *
La
posizione dello stato oggi è la stessa ovunque. È accettata per legge
dal governo francese, dal Partito Comunista cinese, dal potere di Putin
in Russia, dallo Stato Islamico in Siria, e naturalmente è anche una
legge del Presidente degli Stati Uniti.
Quindi, progressivamente –
e questa è la conseguenza più importante per quanto riguarda l’elezione
di Trump – progressivamente, tutte le politiche oligarchiche, tutte le
classi politiche, diventano lo stesso gruppo, a livello mondiale.
Repubblicani e Democratici, Socialisti e Liberali, Sinistra e Destra
sono gruppi di persone divise solo in teoria. Tutte le divisioni oggi
sono puramente teoriche e non reali, perché tutti i gruppi fanno parte
dello stesso contesto economico e politico. L’oligarchia politica del
mondo occidentale di oggi sta progressivamente perdendo il controllo
della macchina capitalista - questa è la realtà. Attraverso crisi,
soluzioni false, tutti i governi politici classici creano - sulla grande
scala della loro popolazione - frustrazione, incomprensione, rabbia e
oscure rivolte. Tutto ciò contro quella che è l’unica via proposta da
tutti i membri della classe politica oggi, con alcune differenze, ma
molto piccole. Fare politica oggi è la somma di differenze molto piccole
nella stessa situazione globale. Ma tutto ciò ha diversi effetti sulle
persone in generale; effetti di disorientamento, totale assenza di
orientamento o direzione della vita, nessuna visione strategica del
futuro dell’umanità, e in questo tipo di situazione gran parte delle
persone cercano nell’oscurità, nei narratori bugiardi, nelle visioni
irrazionali, e ritornano a tradizioni morte. Quindi, di fronte
all’oligarchia politica, compare un nuovo tipo di attivisti, di supporto
a demagogie violente e grossolane, e queste persone sono molto più
dalla parte dei gangster e della mafia che dalla parte di politici
istruiti. E quindi la scelta qui è stata la scelta tra quel tipo di
persona e il resto dei politici istruiti, e il risultato è stata la
scelta lecita della nuova forma di politica grossolana e qualcosa di
personalmente violento nella proposta politica.
In un certo
senso, queste nuove figure politiche – Trump, ma molti altri oggi –
sono vicine al fascista degli anni Trenta. C’è qualcosa di simile. Ma
ora senza, ahimè, i loro nemici deli anni Trenta, che erano i partiti
comunisti. È una sorta di fascismo democratico – una risoluzione
paradossale – una sorta di fascismo democratico che è, loro sono
all’interno del piano democratico, all’interno dell’apparato
democratico, ma suonano qualcosa di diverso, un’altra musica, in quel
contesto. E non credo che sia solo il caso di Donald Trump – razzista,
machista, violento e anche, che è una caratteristica fascista, senza
alcuna considerazione per la logica o la razionalità; perché il
discorso, il modo di parlare di quel fascismo democratico è precisamente
un modo di dislocare il linguaggio, che è la possibilità di dire tutto e
il contrario di tutto – non è un problema, il linguaggio non è il
linguaggio della spiegazione, ma il linguaggio che vuole smuovere
emotivamente; è un linguaggio emotivo che crea una falsa unità ma
un’unità pratica. E quindi abbiamo questo ora con Donald Trump, ma è
stato così anche in precedenza in Italia con Berlusconi. Berlusconi
potrebbe essere, credo, la prima figura di questa sorta di nuovo
fascismo democratico, con le stesse esatte caratteristiche: grossolano,
una relazione quasi patologica con le donne, e la possibilità di dire e
fare in pubblico cose che sono inaccettabili per gran parte degli esseri
umani oggi. Ma questo è anche il caso di Orbàn in Ungheria, e in molti
sensi, in Francia, è stato il caso di Sarkozy. Ed è progressivamente
anche il caso dell’India o delle Filippine, e anche della Polonia e
della Turchia. Quindi è veramente su scala mondiale, quest’apparizione
di una nuova figura di determinazione politica che è spesso all’interno
della costituzione democratica ma per altri versi ne è esterna. E penso
che possiamo chiamarli fascisti – perché è il caso degli anni Trenta,
dopotutto anche Hitler vinse le elezioni – quindi chiamo fascista quella
persona che è all’interno dello spazio democratico ma per altri versi
ne è esterno: interno e esterno. E’ interno per essere alla fine
esterno. Quindi è una novità in realtà, ma una novità che è inscritta
all’interno dell’immagine generale del mondo oggi perché è anche
qualcosa per molte persone, non una soluzione ma un nuovo modo per
essere nello spazio democratico, dove dalla parte dell’oligarchia
classica non c’è alcuna differenza. In un certo senso, il principale
effetto di Trump è un effetto di qualcosa di nuovo. Infatti, nei
dettagli, non c’è nulla di nuovo, perché è impossibile pensare che sia
nuovo essere razzisti, machisti e così via – sono cose molto, molto
vecchie. Ma nel conteso dell’oligarchia classica oggi, queste cose così
vecchie sembrano essere qualcosa di nuovo. E quindi Trump è nella
posizione di dire che Trump è la novità, nel momento in cui lui sta
dicendo cose che sono assolutamente primitive, vecchie, e fuori moda. E
quindi siamo anche in un momento in cui qualcosa come il ritorno alla
vecchia esistenza delle cose può apparire come qualcosa di nuovo. E
questa conversione del nuovo nel vecchio è una caratteristica di quel
genere di nuovo fascismo.
Tutto questo descrive, penso, la nostra
situazione presente per quanto riguarda la politica. Dobbiamo
considerare che siamo nella funesta discussione di quattro condizioni.
Primo,
la completa brutalità e cieca violenza del capitalismo oggi. D’accordo,
nel mondo occidentale non stiamo vedendo del tutto questa brutalità o
violenza, ma se sei in Africa, la vedi veramente, e anche se sei nel
Medio Oriente, e anche se sei in Asia. Quindi è una condizione, una
condizione fondamentale, del nostro mondo oggi. È il ritorno del
capitalismo al suo significato più vero, che è conquista selvaggia,
selvaggia lotta di tutti contro tutti per il dominio. Quindi la prima
condizione è la completa brutalità e la sanguinosa violenza del
selvaggio capitalismo di oggi.
Seconda
condizione: la disintegrazione dell’oligarchia classica. La
disintegrazione dei partiti classici – Democratico, Repubblicano,
Socialista e gli altri – in direzione dell’apparizione di una sorta di
nuovo fascismo. Non sappiamo il futuro di quest’apparizione: qual è il
futuro di Trump? In un certo senso non lo sappiamo, veramente, e forse
Trump stesso non ne ha idea. Era visibile nella notte delle elezioni.
Trump prima del potere e Trump al potere: spaventato, non del tutto
soddisfatto, perché sa che non può parlare liberamente come prima. E
parlare liberamente era proprio la potenza di Trump, ma ora con il
governo, l’amministrazione, l’esercito, gli economisti, i banchieri
ecc., è tutta un’altra storia. Quindi in una notte abbiamo visto Trump
passare da un copione ad un altro, da un palco ad un altro palco, e nel
secondo palco non era bravo come nel primo. Ma noi non sappiamo, sul
serio, quali sono le possibilità reali di una persona del genere quando
diventa Presidente degli Stati Uniti. In ogni caso, abbiamo un simbolo
della disintegrazione dell’oligarchia classica, e la nascita di una
nuova figura di un nuovo fascismo, con un futuro che non conosciamo, ma
credo che non sia un futuro molto interessante per le persone in
generale.
Terzo, abbiamo la
frustrazione popolare, la sensazione di un disordine oscuro,
nell’opinione pubblica di molte persone, e principalmente nei meno
abbienti, i cittadini degli stati di provincia, i contadini delle
campagne, negli operai senza lavoro e così via – tutta la popolazione,
che è progressivamente ridotta dalla brutalità del capitalismo, al
nulla, che non ha possibilità di esistere, e che resta, in alcuni
luoghi, senza lavoro, senza soldi, senza orientamento, senza una
direzione esistenziale. E questo terzo punto è una condizione molto
importante della situazione globale di oggi. La mancanza di direzione,
di stabilità, il senso di distruzione del loro mondo, senza la
costruzione di un altro mondo, quindi una sorta di vuoto disfacimento.
La
quarta condizione, l’ultima, è la mancanza, la completa mancanza di
un’altra via strategica; l’assenza oggi di un’altra via. Esistono
diverse esperienze politiche – non dico che non ci sia nulla da questa
parte. Sappiamo di nuove rivolte, di nuove occupazioni, nuove
mobilitazioni, una nuova determinazione ambientale e così via. Quindi
non è l’assenza di tutte le forme di resistenza, di protesta – no, non
dico questo. Ma la mancanza di un’altra via strategica, qualcosa che sia
allo stesso livello della convinzione contemporanea che il capitalismo è
l’unica via possibile. La mancanza di forza nell’affermazione di
un’altra via. E la mancanza di quella che io chiamo un’Idea, una grande
Idea. Una grande Idea che sia la possibilità di unificazione,
unificazione globale, unificazione strategica di tutte le forme di
resistenza e ingegno. Un’Idea è una specie di mediazione tra il soggetto
individuale e la sfida collettiva, storica e politica, ed è la
possibilità d’azione attraverso e assieme a diverse soggettività, ma per
la stessa Idea.
Questi quattro punti – il dominio generale del
capitalismo globale, la distruzione dell’oligarchia classica, il
disorientamento e la frustrazione popolare, la mancanza di un’altra via
strategica – compongono secondo me la crisi di oggi. Possiamo definire
il mondo contemporaneo nei termini di una crisi globale, che non è
riducibile alla crisi economica degli ultimi anni, ma che è molto di
più, io credo, una crisi soggettiva, perché il destino dell’essere umano
è di per sé sempre meno chiaro.
E quindi, che fare? La domanda di
Lenin. Io credo che, per quanto riguarda le elezioni presidenziali,
l’elezione di Trump, credo che dobbiamo affermare che una delle ragioni
del successo di Trump è che la vera contrapposizione oggi, la reale
contrapposizione, la contrapposizione più importante non può essere tra
due figure dello stesso mondo. Che è il mondo del capitalismo globale,
delle guerre imperialiste, e la mancanza di qualsiasi idea per quel che
riguarda il destino dell’umanità. So che Hillary Clinton e Donald Trump
sono molto diversi – non sto dicendo che dovremo identificare Trump e
Hillary Clinton, ma questa differenza, è la differenza tra il nuovo
fascismo e la vecchia politica oligarchica – e tutta la politica
oligarchica è meno orribile del nuovo fascismo, quindi capisco
perfettamente che alla fine preferiamo Hillary Clinton – ma non possiamo
dimenticare che questa differenza è all’interno dello stesso mondo. Non
è espressione di due diverse visioni strategiche del mondo. E credo che
il successo di Trump sia possibile solo perché le vere contraddizioni
del mondo non possono essere espresse, non possono essere rappresentate
dall’opposizione tra Hillary Clinton e Trump, perché Hillary Clinton e
Trump sono nello stesso mondo – molto diversi ma nello stesso mondo. E
quindi, infatti, durante tutta la preparazione delle elezioni, durante
le primarie, la vera contrapposizione è stata tra Trump e Bernie
Sanders. Era una vera contrapposizione. Possiamo dire che Trump sia
eccessivo, dalla parte di un uovo fascismo, e possiamo dire che Bernie
Sanders è in qualche modo di natura socialista e , infine , che Bernie
Sanders sia nella necessità di essere dalla parte della Clinton e così
via, ma io credo che a livello della rappresentazione, che è così
importante, la vera contrapposizione era rappresentata dall’opposizione
tra Trump e Bernie Sanders, e non dall’opposizione tra Trump e Hillary
Clinton, perché in Bernie Sanders, nella proposta di Bernie Sanders,
abbiamo qualcosa che va oltre il mondo com’è ora. E non abbiamo qualcosa
del genere nella proposta di Hillary Clinton. E quindi, abbiamo una
lezione di dialettica, che è, la teoria delle contrapposizione. In un
certo senso la contrapposizione tra Hillary Clinton e Trump era una
contrapposizione relativa e non assoluta, che è una contrapposizione
negli stessi parametri, nella stessa costruzione del mondo. Ma la
contrapposizione tra Bernie Sanders e Trump era l’inizio della
possibilità di una vera contrapposizione, che è una contrapposizione tra
un mondo e qualcosa oltre il mondo. In un certo senso Trump era dalla
parte della soggettività popolare oscura e reattiva, nel mondo così
com’è, ma Bernie Sanders era nella parte della soggettività popolare
razionale, attiva e trasparente, orientata oltre il mondo così com’è,
anche in qualcosa che era poco chiaro – poco chiaro ma oltre il mondo
così com’è.
Quindi il risultato delle elezioni è di natura
conservativa, è puramente conservativa, perché è il risultato di una
contrapposizione falsa, in un certo senso, una contrapposizione che non è
vera contrapposizione e che è anche, attraverso questo elezioni, a
continuazione della crisi di oggi, la crisi delle tre condizioni che ho
espresso prima. Oggi, contro Trump, non possiamo auspicare nella Clinton
o in qualcuno dello stesso tipo. Dobbiamo creare un ritorno, se è
possibile, alla vera contrapposizione, è la lezione di un simile
terribile evento. Dobbiamo proporre un orientamento politico che vada
oltre il mondo così com’è, anche se all’inizio sarà in modo poco chiaro.
Quando cominciamo qualcosa non abbiamo subito chiaro lo sviluppo di
quella cosa. Ma dobbiamo iniziare. Dobbiamo iniziare, questo è il punto.
Dopo Trump, dobbiamo cominciare. Non è solo per resistere, per opporsi.
Dobbiamo iniziare qualcosa, veramente, e questa domanda d’inizio è
l’inizio del ritorno alla vera contrapposizione, alla vera scelta, alla
vera scelta strategica per quanto riguarda la direzione dell’essere
umano. Dobbiamo ricostruire l‘idea che contro le mostruose
diseguaglianze del capitalismo attuale, contro anche i nuovi gangster
della politica classica, come Trump, è possibile creare, ancora una
volta, un campo politico con due direzioni strategiche e non solo una.
Il ritorno di quella che è stata l’occasione del grande movimento
politico del diciannovesimo secolo e dell’inizio del secolo scorso.
Dobbiamo, per dirla in maniera filosofica, andare oltre l’uno, in
direzione del due. Non una direzione ma due. A creazione di un nuovo
ritorno per una nuova scelta fondamentale come vera essenza della
politica. Infatti, se c’è solo una strategia possibile, la politica
progressivamente sparisce, e in un certo senso, Trump è il simbolo di
questa sparizione, perché, qual è la politica di Trump? Nessuno lo sa. È
più un dato, che una direzione politica. Quindi il ritorno alla
politica è necessariamente il ritorno all’esistenza di una scelta reale.
Quindi, infine, a livello filosofico generale, è il ritorno dialettico
al Due reale oltre l’Uno, e possiamo proporre dei nomi per questo tipo
di ritorno.
Come sapete, la mia visione è di proporre il corrotto
mondo del ‘Comunismo’, corrotto da esperienze sanguinarie e così via. Il
nome è solo un nome, siamo liberi di proporre altri nomi, non è un
problema. Ma c’è qualcosa di interessante nel significato primitivo di
questa vecchia e corrotta parola. E questo significato è fatto di
quattro punti, quattro principi, e questi principi possono essere da
supporto per la creazione di un nuovo campo politico con due direzioni
strategiche.
Il primo punto è che non è una necessità che la
chiave dell’organizzazione sociale sia nella proprietà privata e nelle
mostruoso disuguaglianze. Non è una necessità. Dobbiamo affermare che
non è una necessità. E possiamo organizzare esperienze limitate che
dimostrano che non è una necessità, che non è vero che la proprietà
privata e le mostruose disuguaglianze devono essere per sempre leggi
dell’essere umano. È il primo punto.
Il secondo punto è che non è
una necessità che i lavori siano divisi tra lavori nobili, come la
creazione intellettuale, o la direzione, o il governo, e dall’altra
parte il lavoro manuale e l’esperienza materiale comune. La
specializzazione dell’etichetta non è una legge eterna, in particolar
modo l’opposizione tra il lavoro intellettuale e quello manuale deve
essere eliminata a lungo termine. È il secondo principio.
Il terzo
è che non è necessario che gli essere umani siano divisi da confini
nazionali, razziali, religiosi o di genere. L’uguaglianza deve esistere
attraverso le differenze, quindi la differenza è di ostacolo all’equità.
L’equità dev’essere dialettica delle differenze, e dobbiamo rifiutare
che l’equità sia impossibile nel nome delle differenze. Quindi i
confini, il rifiuto dell’altro, in qualsiasi forma, deve scomparire. Non
è una legge naturale.
L’ultimo principio è che non è necessario che esista uno stato, nella forma del potere separato e corazzato.
Quindi
questi quattro punti possono essere riassunti così: collettivismo
contro proprietà privata, lavoratore polimorfico contro la
specializzazione, universalismo concreto contro le identità chiuse,
associazione libera contro lo Stato. Sono solo dei principi, non è un
programma. Ma con questi principi, possiamo giudicare tutti i programmi
politici, le decisioni, i partiti, le idee da questo punto di vista.
Prendi una decisione: devi vedere se questa decisione va nella direzione
dei quattro principi o meno. Se davvero è contro i principi, non è una
buona decisione, non è una buona idea, non è un buon programma. Dunque
abbiamo un principio di giudizio nell’ambito politico e nella
costruzione di un nuovo progetto strategico. Questo è in un certo senso
la possibilità di avere una visione veritiera di ciò che va realmente in
una nuova direzione, la nuova direzione strategica dell’umanità in
quanto tale.
Bernie Sanders propone di costruire un nuovo gruppo
politico dal titolo “Our Revolution”. Il successo di Trump deve aprire
ad una nuova possibilità per quel tipo di idea. Possiamo fidarci di lui
per il momento, possiamo giudicare se è davvero una proposizione che va
al di là del mondo attuale, possiamo giudicare se quanto è proposto sia
conforme con questi quattro principi. Possiamo fare qualcosa. E dobbiamo
fare qualcosa, perché se non facciamo niente, viviamo soltanto nella
fascinazione, la stupidità della fascinazione, del successo deprimente
di Trump. La nostra rivoluzione – perché no – contro la loro reazione,
la nostra rivoluzione, è una buona idea. In ogni caso, io sto da questa
parte.
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