giovedì 8 giugno 2017

Verso il 18 giugno per uscire tutti dall’angolo. di Alfonso Gianni

 
L’appello lanciato da Anna Falcone e Tommaso Montanari per un’alleanza popolare per la democrazia e l’uguaglianza irrompe in un dibattito attorno alle prossime scadenze elettorali che si stava avvitando su sé stesso e cerca di spezzarne le logiche negative e ripetitivamente politiciste. Un tentativo quindi da sostenere con convinzione e con generosità. Da parte di tutti coloro, e sono molti ma finora dispersi, che ritengono che il problema nel nostro paese non sia la ricostruzione di un centrosinistra con o senza Renzi, ma di una sinistra politica strettamente intrecciata con una sinistra di popolo. Se la prima non esiste in modo sufficiente a reggere lo scontro, la seconda ha avuto modo di manifestarsi ogni volta che le si è data la possibilità di farlo. E’ successo il 4 dicembre, quando quella sinistra ha saputo sviluppare un momento egemonico su tutto il variegato schieramento che ha determinato la vittoria del No - di per sé non tutto ascrivibile al campo della sinistra - grazie ai contenuti democratico progressivi e sociali del nostro testo costituzionale. E’ successo nella partecipazione alla raccolta delle firme per i referendum sui voucher, violentato dall’incredibile decisione governativa di riproporli sottraendoli tanto al giudizio popolare quanto a quello della Corte di Cassazione che avrebbe dovuto valutare la congruità del nuovo testo a soddisfare il quesito referendario (e ovviamente avrebbe detto di no con la conseguenza che il referendum si sarebbe tenuto nei tempi previsti). Lo si è visto nel nuovo protagonismo dei movimenti femminili, in particolare nello sciopero internazionale dell’8 marzo, che ha segnato un punto di svolta qualitativa per tutte e per tutti. Si è manifestato anche quando il voto delle lavoratrici e dei lavoratori ha saputo respingere il ricatto - “o così o chiudo” - cui i sindacati avevano purtroppo piegato il capo, come nel caso Alitalia. Questa sinistra di popolo senza ancora una consistente e articolata soggettività politica non può e non deve trovarsi privata almeno di una rappresentanza istituzionale a causa di una legge elettorale che con il combinato disposto del voto congiunto e dello sbarramento al 5% intende celebrare i fasti del voto utile a vantaggio della esclusiva presenza dei quattro partiti maggiori in Parlamento. Né può essere vittima della incapacità dei vari gruppi dirigenti di quel tanto o di quel poco di sinistra organizzata che c’è di trovare un’intesa politico e programmatica che garantisca un esito non autodistruttivo nella presentazione elettorale.
Ci sono due modi sicuri per ottenere un simile risultato negativo, che peraltro non sarebbe una novità e per questo ancor più grave. Il primo è ritenere che una singola forza possa farcela da sola, o al massimo allargando un poco delle maglie della propria organizzazione a qualche ospite di passaggio. In altri luoghi della nostra Europa vicende recenti e recentissime dimostrano esattamente il contrario. Non è correndo verso il centro e omologando conseguentemente programmi e profili che si vince. Il secondo è quello di riproporre logiche, nei contenuti – il ritorno al centrosinistra e alle politiche che ha generato in splendido stile social liberista, dal Jobs act ai decreti Minniti-Orlando, per limitare gli esempi – e nelle modalità – gli accordi con il bilancino per la composizione delle liste. Spesso le due modalità si trovano assieme per fare il massimo danno. Falcone e Montanari centrano la loro proposta sul tema del contrasto alle diseguaglianze. Ed hanno ragione. Questione del nostro tempo, come amplissimamente documentato, e termometro sicuro per misurare il grado di infelicità che coinvolge la stragrande maggioranza delle persone. Tema che parla al singolo come al molteplice. Che può essere declinato in molti modi, da quello strettamente economico, a quello sociale; dal grande tema dei migranti, anch’esso più che mai questione del nostro tempo, a quello della sfera dei desideri e delle aspettative di vita e di lavoro delle giovani generazioni. Non è un appello isolato. Il 18 giugno avremo l’occasione di mostrare che la sinistra se ancora non esiste in modo compiuto, non ha mai smesso di esserci. Non manchiamola.

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