In corso a Roma l’assemblea popolare per la costruzione di una lista alternativa al Pd e al centrosinistra per le prossime elezioni politiche
di Checchino Antonini
Appunti in dretta.
La diretta facebook è disponibile sulla pagina dell’ex
Opg. Alle 10 ci sono già alcune decine di persone al Teatro Italia per
un’assemblea convocata solo un’ora dopo. E’ l’appuntamento lanciato dal centro sociale napoletano Je so’ pazzo dopo l’eutanasia del Brancaccio
da parte degli autonominati garanti, Falcone e Montanari. Punto unico
all’ordine del giorno, la nascita di una lista davvero alternativa al Pd
e al centrosinistra, senza le ambiguità di un percorso guidato dagli
stessi settori politici che hanno smantellato le conquiste dei
lavoratori imponendo tutti i dictat del liberismo: austerità,
privatizzazioni, trappola del debito, guerra globale, repressione e un
sistema elettorale maggioritario.
«Alla fine un teatro ce lo siamo dovuto affittare per poter intervenire!», esordisce Viola
dell’ex Opg alludendo a quando lei stessa contestò Gotor, l’emissario
di D’Alema sul palco del Brancaccio. «Del Brancaccio – continua – non ci
piacevano certi compagni di viaggio». Viola parla della barbarie che
avanza, dello spostamento a destra ormai conclamato, di Minniti che si
presenta ai funerali di 26 donne migranti uccise dalle sue leggi. C’è
una Costituzione da applicare soprattutto quando dice che vanno rimossi
gli impedimenti sociali che sono alla base di disuguaglianze crescenti.
Ha un linguaggio semplice e diretto, Viola, e più volte viene interrotta
dagli applausi: «Facciamo le cose al rovescio», dice spesso esortando
il teatro a superare i politicismi, i tatticismi, “le addizioni”, le
chiama lei. «Dov’era il No facciamo il Sì!»: l’Internazionale di
Fortini, evoca il mutualismo, il controllo popolare, l’esperienza del
suo centro sociale nell’ascolto degli esclusi per «riprederci quel
popolo che ci hanno levato». I passaggi che suggerisce il suo intervento
prevedono una serie di assemblee popolari nei territorio prima di
tornare a Roma fra due-tre settimane con poche parole d’ordine, un
«programma minimo» capace di far breccia nel popolo.
Cosa sia il “popolo” lo spiegherà, dopo di lei, Manuela, 24 anni,
accento campano e pelle nera, nata a Santa Maria Capua Vetere nel ’93 ma
senza diritti di cittadinanza. Martedì, per l’ennesima volta, varcherà
la soglia di una questura per farsi prendere le impronte digitali e
richiedere il permesso di soggiornare nel paese in cui è nata. Bene, è
lei a ripulire la parola popolo da ogni ambiguità populista e
interclassista: «Sono le persone escluse, violate, sfruttate». Ossia,
spiega Eleonora Forenza, eurodeputata Prc-Altra Europa, è la maggioranza
della popolazione che il capitalismo divide in minoranze, mette in
competizione, condanna alla solitudine. Forenza, una delle prime a
essere contagiata dalla “pazza idea”, coglie la suggestione di una
esperienza che parte proprio dalla riappropriazione di un luogo, un
manicomio, in cui il capitalismo segrega persone condannate da esso
stesso a un destino di patologia e devianza. Forenza chiede una campagna
elettorale di cui non ci si debba vergognare, che sia chiaro che chi
sta col Pse è un avversario di classe e non un possibile alleato.
No Muos, No Tap, No Tav (anche se l’intervento di Nicoletta Dosio,
dalla ValSusa salta per motivi tecnici), Almaviva di Roma, autoconvocati
della scuola, rete alternativa al G7, rete per l’autorganizzazione
popolare, Bsa, Osservatorio Repressione, Napoli direzione opposta, un
operaio dell’Ast di Terni (certamente mi sto dimenticando qualcuno): la
lista degli interventi è soprattutto la fotografia delle movimentazioni
sociali e delle vertenze nei posti di lavoro.
A fare da filo conduttore sembra essere l’idea di una
riappropriazione collettiva della politica, della rappresentanza, delle
pratiche sociali. La fine dell’equivoco, il «paradosso clamoroso», lo
definisce Franco Turigliatto di Sinistra Anticapitalista, che chi ha
guidato «vent’anni di neoliberismo che hanno cambiato tutto», chi ha
bombardato, gestito l’austerità e distrutto l’unità di classe e tra le
generazioni, oggi voglia guidare la ricostruzione della sinistra.
Turigliatto riprende l’osservazione che già aveva fatto nell’intervista a Popoff, che saranno decisive le lotte, e da lì bisogna ripartire.
«Se ci sarà una lista di sinistra, sarà quella che esce da questa
sala!», mette in chiaro Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione in
fondo a un intervento in cui ha provato a spiegare che il suo partito,
più che mettere il cappello, è interessato a partecipare alla
ricostruzione di una sinistra popolare e di massa «che non sia quella
confiscata da quelli del governo Renzi, del governo Monti, del governo
Gentiloni.
«Basta con il meno peggio e con l’illusione di tirare per la
giacchetta governi amici», dice anche Sergio Cararo di Eurostop
annunciando che una decisione potrà arrivare dalla loro assemblea del 2
dicembre.
Molti interventi restano (colpevolmente) fuori da questi appunti per
cui si consiglia di riguardare la diretta per rendersi conto della
qualità dell’interlocuzione in corso e del clima realmente inedito che
si respira in sala.
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